di Antonio Padellaro
da L'UnitĂ
In questi giorni accade che numerosi lettori (ed elettori) del centrosinistra chiamino lâ??UnitĂ , o scrivano al giornale per esternare un giudizio cosĂŹ riassumibile: cominciamo male. Il verbo si riferisce a quello che dovrebbe essere lâ??avvio di una nuova stagione politica dopo la vittoria dellâ??Unione e la sconfitta di Berlusconi. Lâ??avverbio definisce uno stato dâ??animo, chiamiamolo di forte perplessitĂ davanti a come questo inizio si manifesta. La questione delle presidenze delle Camere, con Prodi costretto a scegliere tra Dâ??Alema e Bertinotti per il piĂš alto scranno di Montecitorio; con la Margherita inflessibile su Marini a palazzo Madama; con Mastella che fa le bizze, e cosĂŹ via. Non crediamo neppure che la rinuncia del presidente dei Ds, un gesto che gli fa onore perchĂŠ antepone la tenuta dellâ??Unione alle aspirazioni personali, cambierĂ lâ??umore dei tanti lettori-elettori. Apprezzeranno, ma non potranno non osservare anche lâ??altra faccia della medaglia, quella dellâ??aut aut attribuito al leader di Rifondazione nellâ??ultimo colloquio con Prodi: o cosĂŹ o appoggio esterno. PerchĂŠ, si chiederanno, il senso di responsabilitĂ , lo spirito di sacrificio, la lealtĂ nei confronti della coalizione che Prodi riconosce a Dâ??Alema e ai Ds deve essere a senso unico? PerchĂŠ queste incomprensioni, e questi comportamenti, da parte di chi fino a ieri marciava unito e compatto per salvare lâ??Italia e che ora sceglie la linea del fatti piĂš in lĂ perchĂŠ ci sono io?
Senza drammi, noi pensiamo che un giornale, e questo giornale in particolare, davanti al sorgere di un sentimento critico che tocca questa o quella parte di uno schieramento politico sul quale si ripongono tante speranze debba porsi, e debba porre alcune domande. Prima di tutto: si tratta di rilievi realmente fondati? E quanto condivisibili?
Probabilmente, lo stato dâ??animo di chi telefona o scrive per lamentarsi risente in negativo di tutte le ansie, di tutte le complicazioni, di tutte le trappole che il popolo dellâ??Unione ha incontrato sul suo cammino prima di poter pronunciare la parola vittoria.
Un grido che si è come strozzato in gola la notte del 10 aprile quando tutti stavamo per essere risucchiati nellâ??incubo peggiore e siamo rimasti aggrappati alla zattera di quei 24mila voti, apparsi per giorni e giorni, sotto il fuoco della destra, troppo pochi e vacillanti per riuscire a festeggiarli davvero. Certamente, poi, dovendosi scegliere le personalitĂ di garanzia al vertice delle istituzioni non appare serio liquidare la ricerca di un legittimo equilibrio tra le forze principali della coalizione come se si trattasse della solita spartizione. E forse, si dirĂ anche, il rebus degli incarichi, per la cui soluzione il premier in pectore ha chiesto ancora due giorni di tempo, non è in fondo il consueto problema legato alle umane ambizioni e affrontato da tutti i suoi predecessori in sessantâ??anni di democrazia?
Ma è proprio qui che va tracciata una riga netta e invalicabile tra ieri e oggi, poichĂŠ tutto o quasi tutto può essere spiegato nella tensione di queste ore tranne una normalitĂ che non esiste. Non stiamo vivendo in un qualunque passaggio di potere da prima repubblica, quando il cursus honorum era scandito dai codicilli del manuale Cencelli. E non siamo neppure in un clima da seconda repubblica, arroventato, di forte contrapposizione ma pur sempre mantenuto nei limiti della legalitĂ repubblicana. Insomma, come si fa a non vedere la condizione di emergenza politica, economica e morale in cui versa lâ??Italia? Dovâ??è la normalitĂ in un Paese squassato da cinque anni di autocrazia padronale, con i conti per aria, ridotto alla crescita zero? E cosa câ??è di regolare con un premier sconfitto che insiste a non riconoscere il successo dellâ??avversario e cerca anzi di avvelenare la vita civile della nazione spargendo tra i suoi elettori la calunnia del voto truccato e quindi di una sorta di golpe ordito dalla sinistra per conquistare il potere? E dove e quando mai potrĂ esserci un ordinato confronto parlamentare se, sempre lâ??ex premier, da vero caimano, minaccia di mettere in campo tutti gli espedienti possibili per paralizzare lâ??attivitĂ parlamentare del nuovo esecutivo?
Con un Paese da risollevare, un margine ristretto al Senato e unâ??opposizione seduta sulla riva, pronta a creare le condizioni per una immediata rivincita elettorale, come si fa a non rendersi conto di quanto sarĂ difficile la navigazione che attende Prodi e i ministri dellâ??Unione? Si può affrontare questo equilibrio delicatissimo tirando di qua e di lĂ rischiando di strappare tutto? Ed è giusto rischiare di mettere in crisi lâ??unica, vera speranza che ha lâ??Italia di andare avanti, e di non tornare nelle braccia di Berlusconi, per avere Montecitorio o il ministero della Difesa? E quei 19 milioni di elettori che per lâ??Unione hanno dato lâ??anima non meritano una maggioranza dove ciascuno sia capace di rinunciare a qualcosa per il bene di tutti? SarĂ retorica ma è lâ??unico modo per farcela. Questo diciamo, senza polemica alcuna, allâ??onorevole Bertinotti che stimiamo. Convinti che giorni migliori arriveranno.
apadellaro@unita.it