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Articolo 21 - Editoriali
I furbetti dell??etere*
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di Carlo Rognoni

Si dice che chi tocca i fili, muore! E chi tocca la Tv? Basta leggere le reazioni furibonde alle dichiarazioni di Fausto Bertinotti su Rai e Mediaset, per capire che «la questione televisiva» sarà uno degli scogli più minacciosi sulla strada del nuovo governo.
Ma che cosa ha detto esattamente il segretario di Rifondazione? «Credo - ha detto - che debbano essere combattute le condizioni di monopolio, duopolio, oligopolio... anche con la legge». Fin qui, parola di liberale. C'è forse qualcuno del centro destra che si ripropone pubblicamente e senza vergogna di difendere monopoli, duopoli, oligopoli... e magari con una legge ad aziendam?
? quando Lucia Annunziata, da brava intervistatrice, gli ha chiesto se «questo significa che Mediaset dovrebbe essere dimagrita», che Bertinotti è caduto, per così dire, nella trappola. Ha risposto: «Direi di sì, ad occhio». Ad occhio? E quando l'Annunziata insiste: «Nella pubblicità e nelle reti?» la risposta è stata: «Direi in entrambi». Bertinotti - secondo me - è sulla parola «dimagrita» che ha sbagliato a non reagire. Noi del centro sinistra non vogliamo far dimagrire nessuno - avrebbe forse dovuto dire. Vogliamo, tuttavia, che le regole della concorrenza siano rispettate e pensiamo che più mercato voglia dire più soggetti imprenditoriali, più pluralismo.
? dunque la parola «dimagrita», assai poco politically correct, che ha scatenato l'inferno. ? diventata l'immagine da strumentalizzare, a cui attaccarsi per dimostrare quanto sono cattivi i comunisti.
Ma quanta ipocrisia! Siamo o no d'accordo che bisogna intervenire sulla legge Gasparri? E quali sono i punti che non stanno in piedi? Prima di tutto l'idea che il digitale terrestre potesse in due anni diventare il motore del pluralismo. Di anni ce ne vogliono molti di più. E comunque sono necessarie da subito regole che impediscano che dall'analogico al digitale resti in campo il duopolio. Poi che si potessero togliere di mezzo tutte le norme antitrust sulla pubblicità (oggi Mediaset ha il 65 per cento della pubblicità nazionale televisiva), inventando il Sic, il sistema integrato delle comunicazioni. ? un paniere così ampio da autorizzare l'ulteriore crescita proprio del ramo privato del duopolio. E infine la «privatizzazione a la Gasparri», talmente irrealistica che si è trasformata in un nulla di fatto, in una specie di farsa di cui non si sa se piangere o ridere.
Eppure, non appena si è parlato di televisione, non sono solo alcuni portavoce del centro destra che hanno alzato i toni, ma si sono sentite strane riflessioni da bar anche nel campo del centro sinistra. La più inquietante è la tesi di chi sostiene che bisogna vendere una rete Rai per poter creare più mercato. ? una tesi che aveva un senso qualche anno fa, prima della rivoluzione digitale. Oggi assomiglia tanto a una pigra ripetizione di cose sentite dire, una triste coazione a ripetere.
Lo scenario dentro il quale si muove la tv è profondamente cambiato grazie alla convergenza digitale. Non ha più senso parlare di reti, di canali, di programmi, di palinsesti. Bisogna ripartire da un concetto nuovo, dalla «capacità trasmissiva», cioè dalla quantità di bit al secondo che possono essere distribuiti via etere. ? allora la percentuale di questa capacità trasmissiva che va regolamentata - e non il numero delle reti - in modo da garantire che ce ne sia a disposizione per più soggetti imprenditoriali e non solo per i soliti noti.
Come si affronta la nuova realtà tecnologica, avendo l'idea di una politica industriale che aiuti il paese a crescere e non a dimagrire? Intervenendo, per esempio, sulla risorsa frequenze (oggi l'80 per cento delle frequenze nazionali sono controllate da Mediaset e Rai). Una separazione proprietaria fra chi fa i contenuti tv e fra chi questi contenuti li trasporta è di fatto una scelta moderna, europea. Va incentivata. Si creano così operatori di rete il cui massimo interesse è sfruttare al meglio le frequenze di cui dispongono per offrire al mercato la maggior quantità possibile di capacità trasmissiva. Tutte le compagnie telefoniche che ormai guardano alla tv come a un servizio in più da vendere dovrebbero essere interessate. Insomma la strada che la Rai aveva scelto vendendo a Crown Castle il 49 per cento di Raiway, la sua società degli impianti e delle torri, è una strada da ripercorrere.
E per la pubblicità? Vanno ripristinati tetti antitrust fin tanto che durerà l'analogico. Con il tutto digitale potrà bastare il controllo dell'Autorità ex post, per evitare che ci siano posizioni dominati che impediscono al mercato di crescere. Al fine di evitare di imporre subito tagli sconvolgenti, tuttavia, proprio per non penalizzare nessuno, neppure Mediaset, va comunque messa in campo una riduzione dei tetti pubblicitari consentiti per tappe temporali prefissate, per esempio ogni anno. E si potrebbe immaginare di consentire percentuali più alte a chi non è «verticalmente integrato», cioè non è contemporaneamente il controllore della distribuzione e il produttore di contenuti tv. Per portare il sistema radiotelevisivo a regime, per togliere di mezzo l'anomalia del duopolio, è bene mettersi in testa che ci vogliono almeno tutti gli anni di una legislatura. ? una materia troppo seria e importante per la crescita industriale del paese per lasciare che prevalgono improvvisazioni o scelte da apprendisti stregoni.

*tratto da l'Unità

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