di Federico Orlando
Sulla ??Mala Costituzione? andremo a votare il 25-26 giugno ed è una necessità patriottica che dalle urne referendarie esca un netto ??No?, che gli italiani boccino questa bomba a scoppio ritardato del berlusconismo che il costituzionalista Alessandro Pace ha definito la ??Costituzione incostituzionale? e il politologo Giovanni Sartori la ??Mala Costituzione? .
Quasi un milione di firme sono state raccolte dal comitato promotore del ??No?, il no alla grande porcata (la piccola porcata consequenziale è stata la riforma elettorale) del ministro Calderoli. La doppia trappola ha già funzionato in parte: la legge elettorale, coi suoi premi di maggioranza regionali, ha raggiunto lo scopo di rendere difficile governare al presunto vincitore delle elezioni (appunto Prodi). La Mala Costituzione è stata concepita invece nella prospettiva di un lungo epocale governo del cavaliere: per dare al premier un potere senza limiti. Ma a Palazzo Chigi per pochi voti è andato un altro, che di quel potere senza limiti non vuol sentir parlare. E s??è impegnato perché gli elettori respingano la Mala Costituzione e conservino quella che abbiamo e che andrà subito adeguata alle novità del terzo millennio. Vediamo un po?? le due cose.
La Mala Costituzione va bocciata soprattutto per due pericoli mortali che riserva al paese e alla democrazia: la concentrazione del potere, come si diceva, nella mani di uno solo, e la devastazione economico-finanziaria dell??Italia attraverso la devolution. Ricordava Sartori in un incontro di qualche giorno fa presso l??editore del suo libro, Laterza: il paese finirebbe in mano a un caudillo, col potere di sciogliere il parlamento se osa sfiduciarlo, licenziare i suoi ministri ad libitum, non doversi confrontare più con un capo dello Stato che lo ??moderi? e lo mantenga nei binari della legalità. Quanto alla devolution, il trasferimento alle regioni della competenza primaria per la sanità, la scuola e l??ordine pubblico equivarrebbe (a parte la disuguaglianza clientelare dei cittadini dell??una e dell??altra regione) a una duplicazione delle spese, poiché mai lo Stato potrebbe rinunciare a tutte le sue competenze. Significherebbe la penalizzazione delle aree deboli, con l??abolizione o la riduzione dei trasferimenti statali, e quindi ?? per dirla in soldoni, così ci capiamo meglio ?? un colpo al cuore dell??industria del Nord e del commercio, per la riduzione del potere d??acquisto del mercato meridionale.
Ma, detto ??No? a questa Mala Costituzione il 25 giugno, bisognerà che il ministro delle riforme preparai subito e il governo trasmetta alle commissioni affari costituzionali della Camera e del Senato, una proposta organica di aggiornamento della Carta costituzionale, risistemando anche il Titolo V sul federalismo, frutto della frettolosa riforma del centrosinistra. Come ha scritto Violante (sarà lui il ministro delle riforme?) nel suo bel libro ??Lettera ai giovani sulla Costituzione?, dovremo fare: un parlamento (ridotto nel numero dei parlamentari e con funzioni diverse fra Camera e Senato) che non sia più il Sommo Legislatore, come lo volle la rivoluzione francese, ma torni controllore della attività del governo; un governo che recuperi buona parte del potere legislativo; un presidente del Consiglio con veri poteri di primo ministro e in equilibrio con un capo dello Stato che resti primo garante delle regole; una maggioranza che governi fin quando è tale e ritorni al paese quando va in crisi. Ha ragione insomma Follini quando dice che il ??No? del 25 giugno (ci sarà anche il suo no) deve preludere non a un ritorno puro e semplice alla nostra Bibbia civile, come Ciampi giustamente chiama la Costituzione del 1948, ma a un dialogo tra maggioranza e opposizione: che non si ebbe né con la riforma del Titolo V né con la Mala Riforma di Berlusconi e Calderoli.
E?? compito di tutti noi ?? e Articolo 21 lo farà senza risparmio di energie - ricordare agli elettori che il 25 giugno chi va al mare tradisce se stesso e il paese, e ai politici che, dopo il No del referendum, non potranno permettersi di tradire a loro volta gli elettori.