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Articolo 21 - Editoriali
Rai: e se arrivasse un commissario?
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di Mario Lavalle

Anche alla Rai le elezioni hanno provocato un improvviso e spiazzante "effetto obsolescenza".

Adesso - ma solo adesso - appare inconcepibile che , soltanto nove mesi fa ,un Governo, un Ministro del Tesoro, un Consiglio di amministrazione ( sia pure con l'opposizione di una  parte dei rappresentanti della sinistra) abbiano potuto soltanto immaginare di imporre alla Rai un Direttore generale "manifestamente incompatibile". Eppure  per accorgersi - dopo le elezioni - che il re era nudo , c'è voluta l'Authority : mentre , dopo le scarse polemiche seguite alla elezione di Meocci , nell'azienda ciascuno aveva ripreso la cura dei propri interessi ( una nomina, una trasmissione,un contratto, un "riequilibrio" ) trascurando il fatto che quella illegittimità minava alla base  ogni atto formale, esponeva la Rai a devastanti conseguenze economiche ( puntualmente arrivate) , apriva la strada a un contenzioso infinito da parte degli interessi che si ritenessero non tutelati .

Ora il Consiglio di amministrazione della Rai  ( che pure con quella nomina ha in comune le radici "politiche") cerca come può di arginare i danni conseguenti alla pronuncia dell'Authority , dichiarando, non si sa con quale fondamento, che gli atti compiuti o proposti dal DG mantengono la loro validità , ipotizzando  di procedere alla nomina di un " Dg  vicario ", ricorrendo al Tar (!) contro la  decisione di un Autorità costituzionalmente insindacabile.

Si può pensare che questi confusi propositi nascano dalla sorpresa e dalla fretta conseguenti alla pronuncia dell'Agcom. Ma essi denotano anche una difficoltà politica del Consiglio di amministrazione di comprendere in pieno la portata - formale e sostanziale - di una situazione di illegittimità  nella quale la Rai, nella sua lunga e contrastata storia , non si era mai trovata.

Prendiamo l'esempio degli atti direttamente compiuti dal Direttore generale o approvati dal Consiglio su sua proposta.Il Direttore generale della Rai  è definito dalla Legge come un ruolo che gode di   poteri e  responsabilità autonomi ed esclusivi  , che non possono essere delegati o surrogati . Essendo suo - e insostituibile ( e sempre rivendicato) - il potere di proposta in materia di contratti, nomine , assegnazione di risorse , ristrutturazioni , il Consiglio su quelle materie , in assenza di proposte, non può deliberare .E dunque essendo "illegittimo" (e quindi inesistente ) il Dg che in questi mesi ha avanzato le proposte, gli atti compiuti sono perlomeno non validi : necessitano dunque di una ratifica ( e di una condivisione ) da parte di un nuovo Direttore generale e successivamente di una nuova approvazione da parte del Consiglio.

Stupisce che non ci si renda conto di una tale ovvietà : come stupisce che si pensi di poter procedere alla nomina di un vicedirettore generale o di un "vicario", che non sono previsti dalla legge e che per essere nominati hanno dunque bisogno di essere proposti da un Direttore generale che non c'è. E' vero che   i Consiglieri non hanno l'obbligo di essere esperti in diritto amministrativo : ma quest'obbligo invece spetterebbe a un "ufficio legale" che in questi anni si è invece distinto per la spregiudicatezza e l'opportunismo con cui ha formulato nell' interesse della sua parte politica le interpretazioni di propria competenza.

Dunque la situazione non può essere sanata - a parte la rivalsa contro chi risulterà responsabile dei danni economici e sostanziali che sono stati arrecati all'Azienda- se non con atti rispondenti alla Legge. Fra essi il primo e più evidente è la nomina di un nuovo Direttore generale.

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Ma qui il problema dell'obsolescenza di uomini e procedure si allarga alle caratteristiche professionali e politiche del nuovo vertice che è necessario e si vorrebbe dunque dare all'Azienda.

Partiamo dai primi nomi che i giornali avanzano come possibili candidati alla Direzione generale. Si tratta , per lo più , di persone rispettabili, con un buon curriculum professionale. Ma la loro formazione , e spesso , la loro affermazione , rimanda addirittura ai tempi della prima repubblica . Essi rappresentano  una sintesi di corporativismo aziendale, affiliazione politica, esposizione passiva alla concorrenza commerciale , del tutto congrui con la sopravvivenza dell' inestinguibile ( e per alcuni aspetti meritorio ) " partito Rai " : ma sono del tutto inadeguati ed estranei alla profondità e alla radicalità degli interventi in materia di  organizzazione societaria e operativa , di innovazione culturale,  di iniziativa strategica indispensabili per adeguare il servizio pubblico alle nuove necessità e alle aspettative del Paese..

Guardiamo allora alla capacità di  iniziativa strategica : appare assai fondata e grave  la denuncia che in questi giorni va facendo  l'Autorità per le comunicazioni sulla inadeguatezza con la quale la Rai ha affrontato la questione dei " nuovi media " ( digitale terrestre, adsl, satellite, Dvb-h) , lasciando così larghi e inaspettati spazi alle iniziative dei soggetti privati ( Mediaset, Telecom , Sky) e compromettendo per alcuni aspetti lo stesso interesse  nazionale per un equilibrato ma incisivo sviluppo dei nuovi mercati.

Si potranno enunciare, per giustificare  questa situazione, interessi politici e com plicità oscure. Ma non si possono dimenticare i pesanti interventi di natura organizzativa e finanziaria attraverso i quali i precedenti Consigli di amministrazione hanno privato la Rai di ogni autonoma capacità di progettare  iniziative strategiche, di stipulare  alleanze societarie, di  realizzare investimenti innovativi. Ma si deve anche constatare che su questi temi L'attuale Consiglio non è andato oltre la predisposizione di generici e inconsistenti studi preliminari.
 
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La nuova maggioranza parlamentare e il Governo che tra qualche giorno essa esprimerà si trovano così di fronte a una molteplicità di problemi ed esigenze non sempre convergenti ed iscritti entro orizzonti temporali diversi.

Da un lato , la necessità di regolarizzare la gestione aziendale e di far procedere la Rai nel suo regolare servizio ai cittadini spinge per la immediata nomina di un nuovo Direttore generale: soluzione invocata da tutte le forze interne aziendali proprio perchè garante, oltre che di regolarità , di continuità con la linea di prudente unanimismo adottata nell'ultimo anno dalla gestione Petruccioli - Meocci.

Da un altro lato, però , la scelta - da parte dell' attuale Consiglio e sotto la pressione dell'urgenza- di un Direttore generale di derivazione interna , non costituirebbe certo un incoraggiante indizio di una forte volontà di rinnovamento. Si verrebbe anzi a confermare , nella composizione del vertice Rai , quel connubio tra forze  politiche esterne e  tecnostruttura interna che ha spesso condannato l'Azienda all'isolamento imprenditoriale e manageriale , frenando ogni proposito di serio  rinnovamento strategico, industriale e culturale.( Fanno eccezione , e non è un caso , la fase dei " professori "nel '92/94 e quella della "Moratti" nel '94/96.)

Per dotare la Rai di un incisivo  piano strategico di innovazione e sviluppo e delle risorse economico - finanziarie e manageriali necessarie a realizzarlo sembrerebbe  invece necessaria la definizione di un unico e unitario  tempo " tecnico - politico" ( potrebbero essere alcuni mesi) nel quale :

-  concordare nell'ambito della maggioranza le modifiche da apportare immediatamente alla struttura del sistema delle comunicazioni e il ruolo che in essa si intende affidare alla Rai;

-  definire  piano industriale ,  progetto culturale ,struttura del finanziamento, politica delle alleanze ,assetto societario e organizzativo del nuovo servizio pubblico;

-  scegliere un management che condivida ispirazione e organizzazione della nuova Rai, che costituisca, almeno nei gangli vitali , una sicura garanzia di efficienza e rinnovamento , che , per formazione ed esperienza , sappia aprirsi e collaborare con il mondo industriale, finanziario e internazionale .

Non c'è dubbio che un simile compito potrebbe anche essere affidato all' attuale Consiglio di amministrazione che , stretto concordemente attorno a una forte figura di Direttore generale , sapesse assumersi il ruolo ( prezioso, ma transitorio ) di " levatrice" della nuova azienda.Ma è legittimo dubitare che  questo Consiglio , nel quale sono tuttora prevalenti i rappresentanti di una destra rancorosa e vendicativa , possa compiere un così profondo rinnovamento della sua natura  ( per sua stessa ammissione )"lottizzata".

In questo caso c'è da chiedersi se non sarebbe più opportuna, anche tenendo conto delle precarie condizioni   societarie  e gestionali nella quale la Rai si trova dopo cinque anni di governo del centro- destra, la scelta ( concordata possibilmente anche con l'opposizione ) di una nuova e forte figura di manager-commissario alla quale affidare ,per  l'immediato e con precise scadenze , i compiti di rilegittimazione formale della gestione, di progettazione e proposta dei nuovi disegni strategici, culturali, industriali e organizzativi: e attorno al quale creare poi , tra qualche mese , l'indispensabile e prezioso complemento di un efficiente management e di un "board" di indirizzo, di rappresentanza e di controllo.

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