di Montesquieu
Le funzioni di garanzia come le mezze stagioni. Troppo miti, troppo equilibrate per sopravvivere: le une alle stagioni forti, lâ??autunno e lâ??inverno, il caldo e il freddo, le altre allâ??assalto dei capi partito, che hanno preso lâ??abitudine di occuparle direttamente. Come un ring senza arbitro: questo rischia di diventare la politica italiana, o, forse, questo è diventata. Talvolta il disegno non riesce, come è stato per lâ??istituzione più alta, e si guadagnano sette anni di ortodossia costituzionale.Ma è un caso.
Nessun giudizio sulle persone, ovviamente, né alcun pregiudizio circa la interpretazione che daranno del proprio rispettivo ruolo: ma, certo, la coscienza di una legislatura, quella appena conclusa, declinante dal punto di vista istituzionale, non appare prevalente nella nuova maggioranza. Non era questa la risposta che si aspettava chi ha sofferto cinque anni di presidenze di assemblea garanti di una sola parte. Lâ??una, quella del Senato, in modo seriale, lâ??altra con alti e bassi, ma con punte, ad esempio nel disegnare lâ??iter della riforma elettorale, da radiazione istituzionale.
Si vedranno allâ??opera i successori: ma la partita vera è quella di avere portato al livello più alto lâ??occupazione, da parte delle oligarchie politiche, di funzioni che la costituzione ha voluto caratterizzate da rispetto sacerdotale dei diritti degli uni e degli altri.
Non vale ricercare, nelle presidenze della prima repubblica, esempi di leader di partito al vertice delle Camere. Lâ??esigenza estrema di funzioni autenticamente di garanzia è esplosa dopo il 1994, quando alla convivenza sostanzialmente pacifica, dentro i due rami del parlamento si è sostituita una feroce contrapposizione tra i due schieramenti. E quando, al dominio del parlamento sul governo, si è sostituita una situazione opposta, la prevaricazione dellâ??esecutivo sul Parlamento. Almeno questo, i nuovi presidenti delle Camere, cerchino di non permetterlo.
Proprio sullâ??uscio di Palazzo Chigi, il presidente uscente ha finalmente detto una cosa sensata sotto il profilo istituzionale, riferendosi alla nomina dei senatori a vita. Una maggioranza determinata da scelte, stratificate nel tempo, estranee alla logica elettorale, non rappresenta una situazione corretta dal punto di vista della sostanza costituzionale. Sicuramente, il primo a convenirne sarà il nuovo inquilino del Quirinale.