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Articolo 21 - Editoriali
Basta con le censure, liberiamo la Rai
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di Giuseppe Giulietti*

da il manifesto

E` davvero penoso che, anche dopo il risultato elettorale, si sia costretti a scrivere delle censure e delle epurazioni ancora in atto a viale Mazzini e dintorni. Nella sua lettera, pubblicata ieri, di risposta all'articolo di Norma Rangeri, l'ex direttore generale della Rai, Agostino Saccà, respinge ogni accusa sia in merito alla mancata trasmissione dedicata ai giudici Falcone e Borsellino, sia alle modalità di esecuzione di quell'editto bulgaro stilato da Berlusconi, all'origine della cacciata di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi. Saccà dimentica di esplicitare i mandanti politici e gli esecutori aziendali.

Chi ha inventato la vergognosa «balla della par condicio?» Chi ha disonorato con il suo comportamento l'azienda pubblica? Quanto all'editto bulgaro non c'e argomentazione che possa annullare il collegamento temporale e politico tra la scomunica berlusconiana: («hanno fatto un uso criminoso della tv... non dovranno più tornare fino a quando non si saranno ravveduti...»), e l'esecuzione dell'ordine. Da quel momento i tre sono spariti, i loro programmi soppressi.

Trovo tristissimo che i diversi gruppi dirigenti abbiano affidato ogni decisione al risultato elettorale. Questa discussione, tuttavia, può consentirci di dare uno sguardo al futuro, per evitare, anche da parte nostra, la ripetizione di vecchi errori.
Tante cittadine e cittadini, e non solo di sinistra, ci giudicheranno anche per la capacità di rompere con vizi e schemi consolidati. La Rai di domani, anzi di oggi, perché non c'è tempo da perdere!, dovrà essere percepita come l'impresa più libera, più coraggiosa, più sobria. Chi sta a casa non ci apprezzerà per la eventuale nomina di un manipolo di fedelissimi amici, ma per la qualità di quanto si vedrà sugli schermi o si ascolterà dalla radio.
In questi ultimi anni, e non solo durante la stagione berlusconiana, la Rai ha finito per assomigliare, sempre più, a Mediaset. Le modalità di composizione del palinsesto, il marketing, i linguaggi, l'agenda dei temi e persino i gruppi dirigenti sono diventati sempre più uguali.

Dalla tv pubblica sono spariti, sia pure con le consuete e dovute eccezioni, grandi questioni (guerra e pace, lavoro, precariato), ma anche i nuovi linguaggi (cinema, musica, teatro, comicità, audiovisivo. La ricerca e il coraggio dell'investigazione giornalistica sono diventati degli autentici disvalori politici e professionali. Il berlusconismo ha messo radici ovunque.
E' un duopolio a una testa, una sorta di novello mostro del pensiero semi-unificato e condizionato unicamente dalla ricerca dell'ascolto e del denaro. Il nuovo governo e il nuovo gruppo dirigente della Rai ci dovrebbero stupire con effetti speciali, individuando un direttore generale bravo, competente, libero, dotato di una forte sensibilità per il prodotto e per i diritti dei cittadini. Impossibile? No, possibilissimo! Lo ha fatto Zapatero nella vicina Spagna, affidando la tv pubblica a una straordinaria signora, studiosa di etica e di comunicazione. Adesso stanno lavorando a una legge che allontani il governo e i partiti dal controllo dei media pubblici.

Questa medesima proposta, in Italia, è stata rilanciata da Tana De Zulueta in un progetto di legge di iniziativa popolare che ha raccolto migliaia di firme. Perché in Italia non si potrebbe importare il modello spagnolo e finalmente sganciare il servizio pubblico dalle catene che lo soffocano? Dove sono i liberali, di destra e di sinistra? E' arrivato il momento di esserlo nelle scelte concrete.
La liberazione della Rai dai lotti e dai feudi, l'avvio di una radicale autoriforma, la nomina di un direttore generale adeguato a questo coraggioso progetto potrebbero essere uno straordinario biglietto da visita per Prodi e per tutta l'Unione.

* deputato Ds
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