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Articolo 21 - Editoriali
Sarà il motore silenzioso della politica
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di Federico Orlando

Il programma del presidente è la Costituzione, ma gli istituti della Costituzione, diversamente dai suoi princìpi, non sono le Reali Tombe del Pantheon, vigilate dalla guardia dâ??onore.
E sapevamo, già prima dâ??ascoltare il suo messaggio al parlamento e al paese, che il â??programmaâ? di Giorgio Napolitano ci avrebbe richiamato alla memoria quello del terzo presidente, Giovanni Gronchi, 1955, quando disse che missione del capo dello stato non è solo far rispettare la Costituzione ma «promuoverne lâ??attuazione». Nei cinquantunâ??anni trascorsi, la Costituzione è stata attuata e, al tempo stesso, logorata dal tempo. Non nei suoi principi altissimi, che sono il basamento della nostra convivenza di popolo, ma in alcuni suoi istituti. I tentativi di riformarli sono in parte naufragati (bicamerali) in parte malrealizzati (titolo V) in parte sotto giudizio popolare (imminente referendum sullo stravolgimento che ha trasformato la Costituzione degli italiani nella costituzione incostituzionale di Lorenzago). Ma per quanto faticoso e non condiviso sia stato il cammino delle riforme, esso andrà ripreso dopo il referendum: sia che questo bocci la costituzione di Lorenzago sia che lâ??approvi. Nel qual caso spetterà alla maggioranza di centrosinistra farsi promotrice di incontri con lâ??opposizione, per riportare il fiume in argini rinnovati ma costruiti su quelli della democrazia parlamentare, col nuovo cemento del bipolarismo e della governabilità.
Per quanto scontato, è stato proprio questo tratto iniziale del messaggio di Napolitano il più gradevole e innovatore.
Lo stile e il contenuto vi si sono fusi mirabilmente. Il presidente è entrato nelle cose, immediato e sincero, senza ombra di politicismo, allusione strategica, furberia, accademia. A chi fi- no a ieri non lo conosceva, ma sentiva dire che sta in politica da una vita, Napolitano devâ??essere apparso lâ??uomo di un altro pianeta, un marziano a Roma, capace di ridare significato, come già Ciampi, allâ??espressione â??riserva della repubblicaâ?, a cui spesso ci siamo attaccati come a una reliquia taumaturgica.
Ne è disceso un discorso politico nel senso più alto, con la P maiuscola se in italiano gli aggettivi potessero avere la maiuscola. Non discorso del capo della maggioranza che lo ha eletto, quale Napolitano ha dichiarato che non sarà mai; e neppure del suggeritore occulto del governo a cui compete formulare il programma e provare a realizzarlo. Ma certamente Napolitano sarà lâ??ispiratore imparziale della maggioranza e dellâ??opposizione, affinché cerchino di superare la cultura dello scontro «dal quale entrambi gli schieramenti sono emersi largamente rappresentativi» del paese.
Il bipolarismo non può essere scontro perpetuo. Maggioranza e opposizione, centrosinistra e centrodestra debbono sapere che «tornare indietro non si può», non esiste unâ??uscita di sicurezza verso la proporzionale più o meno â??puraâ?, per cercarvi un modus vivendi, magari unâ??altra degenerazione â??parlamentaristaâ?, che i padri costituenti avevano temuto.
Câ??è, davanti agli italiani, soltanto la via della maturazione del bipolarismo, che porti anche noi, come già le altre democrazie, a superare lâ??incomunicabilità. Anche per noi â?? dice con fermezza Napolitano â?? è venuto il tempo della maturità per la democrazia dellâ??alternanza e per il reciproco riconoscersi degli schieramenti.
Non sappiamo come i destinatari di questa lezione-esortazione, che sono a destra e a sinistra, lâ??accoglieranno. In aula, le facce non erano tutte di persone disposte a meditarla. Il rancore di chi ha perso il â??potereâ? è pari allâ??incertezza di chi è chiamato dagli elettori a governare. Napolitano ha richiamato le forze politiche alla loro esclusiva responsabilità di superare la cultura dello scontro. Ma ha anche indicato, attraverso i contenuti della Costituzione, un programma di cose che richiederebbero più di una legislatura e una maggioranza e unâ??opposizione convertite alla normalità. Spetta ad esse realizzare in parlamento il diritto al lavoro per tutti, così come fuori del parlamento spetta tanto ai sindacati quanto agli imprenditori. Spetta ai politici impegnati a Roma, ma anche a quelli impegnati a Strasburgo, integrare i diritti di tutti gli italiani (compresi i nostri emigrati allâ??estero e gli immigrati in Italia): integrare cioè i diritti contenuti nella Costituzione con quelli enunciati dalla Carta europea, facendo avanzare quel processo che iniziammo cinquantâ??anni fa. La gerontocrazia, come si vede, sarà anche un limite, ma ha la capacità di abbracciare mezzo secolo e più di storia per farne una realtà vivente.
In questo mezzo secolo, ciascuno di noi ha vissuto vite esteriormente diverse, secondo le vocazioni dellâ??età e la logica del tempo. Senza infingimenti, Napolitano è stato comunista fino in fondo così come altri sono stati democrisiani, socialisti, liberali e perfino neofascisti. Ma la storia cambia. Cambiano gli imperi, anzi si dissolvono, crollano i muri insieme alle ideologie, nascono imperi e nazioni e ideologie nuove, ponendo problemi nuovi anche ad uomini protagonisti di esperienze esaurite. La grandezza delle Costituzioni democratiche che durano tempi lunghissimi, anche quando nascono come quella americana da liberi proprietari di schiavi, sta nel consentire a chi ne vive i valori profondi di rimuovere le proprie scelte, e adeguare queste alle condizioni nuove. Noi italiani non abbiamo avuto bisogno di una guerra di secessione, come quella americana, per liberarci dai pesi che la Costituzione originaria conteneva: la storia ci consente di adeguarla per via riformista, e il presidente della repubblica rappresenta lâ??â??unità nazionaleâ? (non solo la nazione) e la garantisce. La garantisce facendo in modo che i cittadini si riconoscano in quellâ??unità, come ha saputo fare Ciampi, e spingendo così silenziosamente governo e opposizione a fare altrettanto.
Da oggi il governo nascente sa di avere al Quirinale un presidente che non derogherà dalle regole repubblicane, non terremoterà le istituzioni, non farà supplenze istituzionali, cioè confusione di poteri. Il governo potrà dunque offrire al parlamento un programma di vaste riforme, col consenso morale del capo dello stato. Lâ??opposizione sa a sua volta di poter contare su un potere imparziale, che riconosce in partenza non solo il ruolo costituzionale dellâ??opposizione ma il suo peso politico e anche la storia della sua quinquennale gestione del governo: non per esaltarla o denigrarla, che non è compito suo, ma per ricordare alla maggioranza e al suo governo che non siamo al primo giorno della storia, che quello che noi facciamo è anche consequentia rerum fatte da altri.
Ora i partiti non hanno più scuse: quelli dellâ??opposizione non possono inseguire le allucinazioni di una revisione dei risultati elettorali, quelli della maggioranza non possono infastidire i cittadini con giochi di bottega e ambizioni personali. Ripetiamo con Napolitano: indietro, ai giochi della proporzionale, non si torna, né di qua né di là. Ã? tempo di mettersi a lavorare per la gente.
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