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Articolo 21 - Editoriali
Nel Far West radiotelevisivo molta polvere e poche idee
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di Diego Cugia

Quella degli autori è una categoria molto anomala, in primo luogo perché non è o non riesce ad essere una categoria, ma questo è un altro dolente discorso; in secondo luogo perché noi autori siamo persone disturbate, e le due cose vanno insieme; inoltre l??autore vero è a sua volta ??disturbante?, perché la creatività e l??originalità provocano inevitabilmente una scossa, una piccola rivoluzione, un??azione di disturbo. Una vera idea è sempre imbizzarrita. Se non si parte da questi cenni sulla personalità di un autore, se non si è in grado di distinguere tra banalità e creatività, ma soprattutto se l??impresario, il dirigente televisivo, la struttura produttiva, non sono capaci di ??accoglienza?, né di reggere la tensione provocata da un creativo, ma (come spesso accade) si prodigano a ??normalizzare? la diversità, a spurgarla di qualunque aspetto possa sembrare ??un??idea?, si arriva al capolinea attuale: sull??autobus si accalcano i mediocri (sia produttori che autori) e al capolinea scendono le idee.
Nella mia piccola esperienza di autore ho sentito spesso ripetere: ??Questo non è da Rai 1?, oppure ??Questo non rientra nella linea editoriale della rete?, oppure ??Questo il pubblico non lo capirebbe.? ? sorprendente, tuttavia, che qualora si riesca a sfondare a cornate questa mentalità da caproni, il pubblico si dimostra sempre reattivo, pronto a recepire le emozioni culturali più genuine ed intense, penso al Paolini del Vajont, all??Arbore di ??Quelli della notte?, al Benigni che legge Dante, e alle tante scommesse vinte da celebri colleghi che hanno ostinatamente creduto nelle loro idee, e ai dirigenti che invece di normalizzarli, o di mettere il silenziatore alla comunicazione ??disturbante?, hanno lasciato che dai teleschermi o dai microfoni filtrasse almeno un poco d??inquietudine, d??ironia non d??accatto, di denuncia sociale, di demistificazione, d??intelligenza, di poesia, di satira, di musica non da playlist, in una parola: di creatività.
Io non so se sia meglio suddividere le stanze dei bottoni della Rai per generi d??intrattenimento o per fortini non comunicanti. Credo che si sia smarrito il dovere più alto, quello di servire il pubblico con tutta la forza che hai, quindi di avere in testa sempre, notte e giorno, ??il programma? (che sia fiction, o varietà, o intrattenimento quotidiano) mentre ??i programmi? servono spesso a una quantità di altri interessi e giochi snaturati, o semplicemente a strappare un bonus di audience; i programmi sono al servizio, ma dovrei dire al guinzaglio, degli interessi pubblicitari, che vanno salvaguardati e rispettati (sono loro i nostri finanziatori) ma mai subordinati allo sforzo più alto: comunicare conoscenza. Credo non si debba mai smettere di sentirsi addosso il peso della responsabilità di attraversare le menti di milioni di persone; un autore vero cerca di far nascere un fiore, un cattivo autore (o produttore) di sradicarlo. E purtroppo viviamo un periodo di pensieri piallati. O pilotati.
Penso invece che le categorie destra e sinistra siano sfinite. C??è bisogno di persone sensibili, intelligenti, libere e dedite al prodotto. Occorre restituire il potere alle idee e a chi è in grado di riconoscerle e di organizzarle. Possono sembrare banalità, lo capisco, ma nella radiotelevisione italiana c??è necessità di un rinascimento, e spetta alla politica (visto che è dentro il mondo radiotelevisivo con le mani e con i piedi) il dovere di dare l??input, di favorire una rinascita del pensare programmi radiotelevisivi, e se possibile, dopo, di fare un passo indietro.
Non credo alle serre creative, così come ho sempre nutrito qualche dubbio per le scuole che insegnano a diventare sceneggiatori o battutisti. Però credo che nella squadra di ogni nuovo programma debbano essere partecipi almeno un paio di aspiranti autori, perché le idee non nascono quasi mai per ispirazione, le idee nascono a calci, sul campo. ? quasi impossibile progettare format da fuori, sulla carta, che poi vengano accettati e accolti. Ma i mandarinati esistono eccome, e questo è ingiusto, selvaggio, e non favorisce il ricambio. Infine, tutti sono convinti di essere autori, e lo vediamo ogni giorno in TV. Purtroppo o per fortuna non è così, considero l??essere autore una dolce condanna, ed essere produttore una ben pagata tragedia. Perché un autore è un uomo capace di sparare cazzate per dodici ore, e una struttura produttiva accogliente è quella capace di reggerle e di ascoltarle, perché alla tredicesima ora sa che arriverà l??idea giusta, quella nuova. Il produttore deve riconoscerla, l??autore non è detto che ci riesca subito. E devono saltarci in groppa insieme. Che il cavallo abbia il manto azzurro o il manto rosso è relativo. Purché sia un purosangue. A noi è rimasto il Far West. E la polvere. Non vorrei fare come Chance il giardiniere, il Peter Sellers di ??Oltre il giardino?, ma credo di non sbagliare se penso che bisogna rinverdire i pascoli e curare le selezioni. Non basta scrivere un buon copione, è necessario saperlo leggere, ed entrambe le attività (compresi i copioni) si sono pressocché estinte. La Rai ha volato alto, ora è in caduta libera. ? il risultato naturale provocato da anni di imbarbarimento, di raccomandazioni, di lotizzazioni. Non credo ci sia molto altro da aggiungere. Si deve solo amarla, come si amano i deserti, e ricominciare a creare delle oasi dove le idee possano circolare liberamente, e il pubblico a risvegliarsi e a chiedere rispetto.

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