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Editoria: la situazione è drammatica. Occorre una svolta nelle politiche pubbliche per l’informazione
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di Mediacoop

Editoria: la situazione è drammatica. Occorre una svolta nelle politiche pubbliche per l’informazione

Il Sottosegretario Bonaiuti,  all’atto dell’insediamento del Governo per aiutare il settore editoriale ad uscire  dalla drammatica crisi che sta attraversando annunciò la presentazione - entro sei mesi - di un DDL di riforma. Sono trascorsi più di due anni e quell’annuncio è rimasto tutt’ora lettera morta. Al contrario, durante questo periodo  il Governo è intervenuto  pesantemente, riducendo drasticamente le risorse a sostegno dell’editoria ed adottando provvedimenti, al di fuori di ogni disegno razionale e prevalentemente per delega, che hanno peggiorato la situazione in un settore così vitale per lo spessore e la qualità della democrazia.
A partire dal 2010, ha soppresso il carattere di diritto soggettivo dei contributi all’editoria. Rendendo  incerti dimensione e tempi della loro erogazione ha impedito la possibilità di appostare i contributi nei bilanci aziendali, chiuderli e certificarli ed ha determinato  difficoltà - per molti insuperabili - nei rapporti con il modo bancario, ha messo a rischio  la chiusura  92 testate e la perdita di oltre 4000 posti di lavoro tra giornalisti e poligrafici.
Con un decreto interministeriale del 31 marzo u. s. ha soppresso, a partire dal 1 aprile, le tariffe postali agevolate. Un altro duro colpo all’editoria con un provvedimento grave e di dubbia legittimità che ha cambiato, dall’oggi al domani, le regole in corso, senza alcun preavviso e senza tener conto dei rapporti contrattuali  esistenti sui quali si è agito retroattivamente.
Con il Milleproroghe , a partire dal 2009, ha soppresso i contributi, erogati dalla Presidenza del Consiglio, all’emittenza locale e ridotti del 50% quelli destinati ai giornali editi e diffusi all’estero ad ai giornali delle associazioni dei consumatori. Con un tratto di penna sono state messe a repentaglio centinaia di tali emittenti  e creato difficoltà, per alcuni esiziali, per tali quotidiani e periodici.
Con il recepimento della direttiva “TV senza frontiere”, accanto al “Product Placement” ha introdotto pesanti misure sulla TV via internet (che non hanno eguali in tutto l’occidente), il ridimensionamento degli spot sulle TV a pagamento, i limiti di affollamento pubblicitario ed un colpo durissimo ai produttori di contenuti.
Soltanto l’intervento del Parlamento ha evitato la soppressione del sistema autorizzatorio  dei punti vendita - esclusivi e non - della carta stampa, che avrebbe reso oltremodo difficile, se non impossibile la reperibilità di tutte le testate, soprattutto di quelle meno vendute ma non per questo di minor rilievo dal punto di vista del pluralismo e della cultura.
La situazione è dunque peggiorata. Si era messo mano al sistema distributivo di giornali e periodici senza governarne le conseguenze  su tutta la filiera. Si è intervenuti sulla TV via internet senza riordinare il sistema radiotelevisivo e senza affrontare la riforma della Rai. Si è affrontato il nodo dei contributi pubblici senza garantire la riforma dell’editoria. Si è introdotto il product placement  e limitato gli spot delle TV a pagamento senza affrontare il problema delle situazioni dominanti e dello squilibrio dei flussi pubblicitari a danno della carta stampata.
FNSI, Mediacoop, Articolo21 ed il Comitato per la libertà di informazione e per il pluralismo chiedono al Governo il ripristino del diritto soggettivo, la conferma dei contributi per il giornali all’estero e per l’emittenza locale, l’adeguamento del Fondo editoria per coprire il fabbisogno necessario. Tutto ciò nelle more  della approvazione di una legge di riforma della quale sollecitano la più rapida presentazione. Sono le stesse richieste avanzate, in modo bipartisan e più volte, con ordini del giorno di Camera e Senato  e da ultimo con l’appello rivolto al Governo da 360 Deputati il 18 febbraio u. s.
Sono passati più di sette mesi ed il Governo non  ha  ancora dato alcun riscontro alle richieste  del Senato e della Camera. Eppure è urgente intervenire per evitare la decimazione del settore. Occorre fare tutto il possibile per scongiurare un durissimo colpo al pluralismo con la chiusura di oltre 90 testate ed alla occupazione con la perdita di oltre 4000 posti di lavoro. Così come occorre  provvedere alla presentazione di un DDL di riforma dell’editoria capace di elevarne qualità e cultura, aiutarne le aziende  a superare la loro più difficile crisi dal dopoguerra, difenderne ed allargarne il pluralismo.
La crisi economica che il Paese sta attraversando impone uno sforzo pesante per riportare in equilibrio i conti pubblici e per rilanciare lo sviluppo. Tutti dobbiamo farcene carico. E tuttavia non si può dimenticare che il settore editoriale è stato penalizzato a tal punto da portarne gran parte alla chiusura. Per il fondo editoria, per il 2010, in finanziaria sono previsti soltanto 195 milioni rispetto ai 414 del consuntivo 2008. Meno della metà. Se consideriamo poi che gran parte  dello stanziamento sarà utilizzata per coprire il debito storico con Poste ed altre spese, come quelle per la convenzione Rai, per i contributi diretti  resta ben poco.
Per reperire le risorse necessarie senza gravare ulteriormente sui conti pubblici, chiediamo che nella prossima legge finanziaria vengano appostati  i 70 milioni di cui all’art. 56 comma 2 della legge n.99 del 2009; si equipari l’IVA sui prodotti collaterali non editoriali (gadget, bamboline ecc.) venduti in edicola, a quella prevista per i medesimi prodotti nella rete commerciale ordinaria, si riconduca alle finalità originarie il fondo Editoria.


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