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Articolo 21 - Editoriali
Lâ??eredità di Nasrallah
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di Vincenzo Maddaloni*

Pochi sanno che il 25 giugno del 1975, quattro anni prima dellâ?? arrivo a Teheran di Khomeini, era stato firmato un accordo a Sidone nel quale si riconosceva al futuro capo della rivoluzione iraniana la leadership su tutti gli sciiti del mondo e sui movimenti islamici di liberazione. Fra i firmatari câ??era Mussa Sadr, ayatollah nato nella città di Qom (Iran) che operava nel Libano, e che negli anni Sessanta e Settanta partendo da Tiro guidò lâ??ascesa politica e sociale degli sciiti, (la maggioranza della popolazione libanese), che i cristiani e i musulmani sunniti avevano tenuto ai margini del potere. Lâ??ayatollah Mussa Sadr, fondatore del movimento religioso-riformista Amal, scomparirà a Tripoli di Libia nel 1978, assassinato, secondo i sospetti più diffusi, dai sicari del colonnello Gheddafi.  Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah ne è diventato per molti versi lâ??erede anche se con il suo  â?? partito di Dioâ? ha soppiantato il carisma riformatore di Musa Sadr con unâ??organizzazione militare, Hezbollah appunto, protagonista principale delle tragedia libanese. Sicché  anche se la guerra dovesse finire domani, se non si arriverà a una pace firmata con in beneplacito dellâ??Iran, ci saranno conseguenze ancora per anni.

Infatti, la strage dei bambini a Cana, massacrati dalle bombe israeliane è diventato lâ??esempio più agghiacciante della grave e continua violazione delle più elementari regole sulla condotta di una guerra che ha assunto le proporzioni di un conflitto allâ??ultimo sangue. Di qui il desiderio di vendetta che ora dilaga nelle società arabe. In più câ??è anche quella macchia di sangue innocente che sullâ??immagine di Israele risalta vistosa non soltanto per gli occhi dei musulmani. Difficilmente potrà essere cancellata, in Europa soprattutto. Una certezza che il primo ministro libanese Fuad Siniora ha colto al balzo. Infatti, dopo aver condannato il massacro e incitato i libanesi a rimanere uniti egli ha ringraziato - per la prima volta ufficialmente â??  Sayyed Hassan Nasrallah per quello che sta facendo. Non a caso ha calcato la voce su Sayyed che significa  â??la vittoria di Dioâ?, lâ??appellativo religioso con cui lâ??acclamano solo i suoi seguaci.  Eâ?? un ringraziamento che ufficializzando la guerriglia nel Paese nel quale si raccoglie la sola società democratica del mondo arabo sottopone agli occhi del mondo gli effetti di quel sogno di â??Nuovo Medio Orienteâ? (di cui parlano George Bush e la sua inviata Condoleeza Rice) che si propone di instaurare dei nuovi rapporti di forza in tutta la regione a vantaggio degli Stati Uniti e, in subordine, di Israele.

Dopotutto come ha rivelato il premio Pulitzer Thomas Friedman, né Bush né la Rice possono ora controbattere perché â?? hanno lâ??autorità morale andata in frantumi per la loro performance in Iraq. Il mondo detesta George Bush più di qualsiasi altro presidente statunitense io ricordi da quando sono nato. Bush è radioattivo, ed è così invischiato nella sua stessa bolla ideologica da essere incapace di concepire o predisporre strategie alternativeâ?. Infatti, i fondamenti teorici del progetto americano che hanno portato alla guerra allâ??Iraq sono il risultato del lavoro intellettuale e politico di un piccolo nucleo di neoconservatori, a iniziare da Norman Podhoretz, Richard Pearle, David Frum, Bernard Lewis, Fuad Ajami e dal â??predilettoâ?? del presidente George W. Bush, lâ??ex dissidente sovietico e politico israeliano di destra Natan Sharansky. Sono uomini accomunati dalla stessa visione del mondo musulmano, descritto come un universo in decadenza continua, dovuta ai difetti culturali, psicologici e religiosi delle società islamiche. Questa caratteristica â??geneticaâ?? spiegherebbe, secondo costoro, lâ??ondata di violenza terrorista sempre più virulenta cui assistiamo e si frapporrebbe come ostacolo ad una democratizzazione concepita come lâ??unico rimedio possibile a tutti questi mali. Di fronte alla quale lâ??America, secondo i neocon, non può aspettare, ma deve agire per modificare il corso della storia nel mondo arabo-islamico, ricorrendo anche alla forza, e se necessario  con lâ??aiuto di Israele, come infatti sta accadendo. Non a caso la Guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, ha chiamato  i musulmani alla resistenza contro "il lupo selvaggio del sionismo e le aggressioni del grande Satana" americano, e ha promesso loro un "pugno distruttore", in un messaggio al mondo islamico.
 

Dopo la strage di Cana e la ripresa dei raid aerei degli israeliani una cosa appare evidente: non si potrà arrivare alla pace senza discutere almeno con uno dei veri belligeranti, la Siria e lâ??Iran. E se si tiene a mente il protagonismo sciita-iraniano nel Libano degli ultimi trentâ??anni ben si capisce che con i bombardamenti israeliani incoraggiati dagli americani si va solo verso una nuova guerra mondiale. 

* da LEft n°30 del 4/11 agosto 2006

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