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Articolo 21 - Editoriali
Il coraggio di un no
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di Bruna Iacopino

â??Noi, piloti dell'Air Forces che siamo stati cresciuti sui valori del sionismo, del sacrificio e con il contributo dato allo stato d'Israele abbiamo sempre prestato il nostro servizio in prima linea, non vogliamo più portare avanti alcuna missione, né piccola né grande, per difendere e rafforzare lo stato d'Israele.

Noi, veterani e piloti attivi che abbiamo servito e continuiamo a servire e ancora serviremo lo stato d'Israele per lunghe settimane ogni anno, ci opponiamo a eseguire ordini di attacco che sono illegali e immorali come quelli che lo Stato di Israele sta conducendo nei territori palestinesi.

Noi che siamo stati cresciuti per amare lo Stato d'Israele e contribuire all'impresa sionista, rifiutiamo di prendere parte agli attacchi dell'Air Force sui centri della popolazione civile.

Noi, che sentiamo l'esercito israeliano e l'Air Force come parte inalienabile di noi stessi, ci rifiutiamo di continuare a infliggere sofferenze ai civili innocenti. Queste azioni sono illegali e immorali, e sono il diretto risultato dell'occupazione in atto che sta corrompendo tutta la società israeliana. Il perpetrarsi dell'occupazione minerà fatalmente la sicurezza dello Stato di Israele e la sua forza morale.

Noi che prestiamo servizio come piloti attivi - combattenti, dirigenti e istruttori della prossima generazione di piloti - da questo momento dichiariamo che continueremo a servire l'Esercito israeliano e l'Air Force solo per le missioni in difesa dello stato israelianoâ?.

Firmato:
Brigadiere Generale Yiftah Spector, Colonnello Yigal Shohat, Colonnello Ran, Tenente Colonnello Yoel Piterberg, Tenente Colonnellol David Yisraeli, Tenente Colonnello Adam Netzer, Tenente Colonnello Avner Ra'anan, Tenente Colonnello Gideon Shaham, Maggiore Haggai Tamir, Maggiore Amir Massad, Maggiore Gideon Dror, Maggiore David Marcus, Maggiore Professor Motti Peri, Maggiore Yotam, Maggiore Zeev Reshef, Maggiore Reuven, Capitano Assaf, Capitano Tomer, Capitano Ron, Capitano Yonatan, Capitano Allon, Capitano Amnon.

Questo appello venne reso ufficiale da 27 piloti israeliani nel settembre del 2003.

Il 2003: lâ??anno della Road map, anno in cui prende sempre più corpo lâ??enorme muro di sicurezza voluto dallo stato israeliano e si intensificano le pressioni sui territori, cresce il malcontento tra i palestinesi, infiamma la seconda intifada.
I 27 firmatari fanno parte di quella schiera di israeliani che vengono catalogati come Refusenik, ovvero coloro che si rifiutano di adempiere gli incarichi militari loro assegnati. Quei militari si rifiutavano di perseguire la strategia degli omicidi mirati che troppo spesso coinvolgeva vittime innocenti.
Tale presa di posizione era stata anticipata, il 25 gennaio 2002, da un documento firmato da 52 riservisti dellâ??esercito, che non vollero prestare servizio nei territori occupati e spiegarono così il loro no: "Abbiamo visto con i nostri occhi il sangue versato da entrambe le parti. Il prezzo dell'occupazione nei Territori è la perdita del carattere umano dell'esercito dello Stato ebraico e la corruzione della società israeliana. Non siamo più disposti a dominare un altro popolo, a espellere, affamare, umiliare i palestinesi". Alla protesta di questi uomini, e alle loro affermazioni fa eco la frase di un altro giovane militare israeliano, addetto ai chek-point nei territori... "La vera lotta è quella di conservare ogni giorno un'anima", dichiara durante un'intervista. Ragazzi e ragazze abituati a convivere con la guerra, con l'odio, con la violenza e che accettano consapevolmente, o, il più delle volte in maniera meccanica, uno stato di cose che sembra ormai inevitabile:questi sono i soldati di Israele.

Inizialmente i refusenik erano davvero pochi. In seguito, proprio durante la prima guerra in Libano, nel 1982,  prese il via Yesh Gvul ("C'è un limite!"), un movimento pacifista che raggruppa i refusenik e contesta la politica di occupazione forzata messa in atto da Israele. Nel 2004, i refusenik erano 1.327, oggi, probabilmente, ce nâ??è qualcuno in piùâ?¦

Qualche giorno fa, due piloti israeliani hanno mancato deliberatamente il bersaglio, rifutandosi di colpire vittime innocenti. Altre voci pacifiste si sono fatte sentire ieri, durante una manifestazione davanti alla base dell'aeronautica Ramat David;la polizia israeliana ha fermato undici pacifisti che stavano manifestando senza autorizzazione. Il gruppo, in totale, era composto da circa 50 persone che accusavano il governo e lâ??esercito israeliano di "crimini di guerra" commessi in Libano.
A questa manifestazione si aggiungono i moti di protesta che si sono registrati in diverse città: Londra, Jakarta, Casablanca, Bruxelles, fino ad arrivare a Baghdad, dove, sunniti e sciiti hanno sfilato insieme.
E gli altri, le altre città, quelle che si erano infiammate per la guerra in Iraq, che avevano visto fiumi di persone protestare compatte e chiedere, a gran voce, la pace, che fine hanno fatto? Possibile che la disillusione, o meglio la frustrazione per la tragedia irachena mai fermata siano arrivate ad un punto tale da impedirci di protestare e affiancare così i refusenik, che rischiano non solo la delusione, ma il ben più temibile tribunale militare?
La società civile può fare ancora molto, ha questa capacità, ma deve anche metterla in pratica. Non possono essere 50 civili israeliani a gridare il loro no alla guerra, le loro voci, da sole non potranno mai bastare se non vengono adeguatamente supportate da unâ??opinione pubblica internazionale che sappia esercitare adeguate pressioni sui rispettivi governi.

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