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Articolo 21 - Editoriali
La morte di Angelo Frammartino, un martire laico
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di Guglielmo Epifani

La morte di Angelo Frammartino ci addolora e ci angoscia. Ci addolora come ogni morte di un giovane tanto più quando viene ucciso, come probabilmente è accaduto questa volta, da un altro giovane. Ma c´è in questa morte un paradosso tragico che ci appare oggi insostenibile: Angelo è stato colpito nel nome di una logica di violenza e di fanatismo contro cui egli lottava con il suo lavoro quotidiano di volontario, di pacifista, in aiuto ai bambini palestinesi, cercando di tener viva la fiamma della speranza in un momento drammatico per tutto il Medio Oriente.

Il nostro senso di angoscia, oggi che piangiamo la vita spezzata di un giovane compagno, è legato a un sentimento di impotenza che ci appare insormontabile.

In fondo, a prima vista, questa tragedia potrebbe apparire come la vittoria della violenza sulla non violenza, della morte contro il senso della vita. Questi sono i nostri primi sentimenti, le nostre riflessioni sull´assurdità di quanto è accaduto a un giovane di pace, nella condivisione del dolore della sua famiglia e di tutta la comunità di persone e di idee che vivono nell´Arci, nel Progetto Sviluppo, nella Cgil.

Ma anche in questo momento drammatico, si fa strada come sempre la nostra profonda convinzione che solo il ritorno in campo della politica, dei grandi organismi internazionali, della mediazione accettata consapevolmente, del valore di un onesto compromesso, possono provare a risolvere problemi e a sanare situazioni incancrenitesi per decenni. Coltiviamo anche oggi la coscienza, assolutamente fondata guardando alla storia degli ultimi trent´anni, che l´uso della forza non riesce a risolvere in maniera permanente conflitti così complessi, che attraversano Stati e popoli del Medio Oriente. E siamo sempre convinti che l´uso della violenza e della forza può forse dare l´idea di una vittoria effimera ma suscita in realtà nuovi risentimenti, odi e barriere. Solo il ruolo della mediazione, dell´ascolto delle ragioni dell´altro, possono alla lunga mettere fine a questa drammatica, interminabile vicenda che divide Stati e popoli e alimenta fondamentalismi inaccettabili. E ci auguriamo che il governo italiano assuma ancora di più un ruolo coerente di mediazione, di intervento pacifico in questa area del mondo così martoriata.

Se si ragiona in questo modo allora anche la scomparsa di Angelo, così angosciante e dolorosa, può essere vista come il sacrificio di un martire laico, cioè come un atto di fede, non solo ingenuo o apparentemente sprovveduto, nei valori della convivenza, della pace, della non violenza. Il fatto che il protagonista di questa tragedia sia un giovane italiano, che insieme a tanti altri giovani, lavorava per questi valori a Gerusalemme, città di pace per eccellenza, diventa un atto di fiducia nella possibilità e nella necessità del cambiamento. In qualche misura la nostra angoscia, il nostro dolore si accompagnano alla speranza, alla fiducia e alla possibilità che le cose cambino.

In queste ore drammatiche, questo è il messaggio più profondo che la Cgil esprime e che si concretizza, anche oggi, nelle nostre iniziative di solidarietà in quel martoriato angolo del mondo, dove la forza e la violenza sostituiscono la logica del diritto e del rispetto delle persone. Crediamo che questo sia il modo migliore per rendere omaggio ad Angelo, per tenere in vita il suo esempio, il suo impegno per la pace e la convivenza tra i popoli.

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