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Articolo 21 - Editoriali
Il Delitto di Mezzâ??estate
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di Domenico Valter Rizzo

Il delitto si compie. A Telecolor Mario Ciancio completa lâ??azione intrapresa un mese fa con i primi due licenziamenti, quello del capo redattore Alfio Sciacca e del capo servizio Fabio Albanese e con lâ??allontanamento del direttore Nino Milazzo che, di fronte ai licenziamenti, ha scelto di non avallare le scellerate scelte della proprietĂ  se ne è andato. Oggi altre quattro lettere di licenziamento sono state spedite: riguardano il fiduciario di redazione Nicola Savoca, Katia Scapellato e il sottoscritto. Lâ??ultimo provvedimento riguarda Giuseppe La Venia, un nome a sorpresa in quanto il giornalista essendo assunto con contratto Frt, non doveva essere tra i licenziati, ma ha pagato la colpa di essersi schierato coerentemente a difesa dei colleghi licenziati. Si salva solo Michela Giuffrida la quale, avendo avallato le posizioni dellâ??Azienda, non solo ha mantenuto il posto di lavoro, ma è stata promossa direttore.

Una vicenda sporca quella di Telecolor che si consuma, vigliaccamente,  in pieno Ferragosto, nel patetico tentativo dei Ciancio di farla passare sotto silenzio.

I sei licenziamenti, che si aggiungono allâ??esodo volontario di quattro redattori, di fatto riducono a zero il potenziale giornalistico di quella che è stata la piĂš importante rete televisiva regionale in Sicilia. Telecolor paga oggi il suo essere sempre stata fuori dal coro, producendo unâ??informazione obiettiva, coerente e non asservita ai poteri forti che governano Catania. A Telecolor è cresciuta una generazione di giornalisti che non ha frequentato le â??scuole giusteâ?, che non è stata educata alla scuola del servilismo e  del silenzio. Nessuno dei giornalisti cacciati infatti era stato al servizio di Mario Ciancio prima che questi comprasse Telecolor. Un indipendenza che non poteva esser tollerata da chi ha imposto sino ad oggi un assoluto controllo sullâ??informazione catanese.

La vertenza di Telecolor ha avuto sin dallâ??inizio un unico obiettivo: lâ??eliminazione di un gruppo di giornalisti scomodi. Le ragioni economiche sono apparse subito palesemente pretestuose. Lâ??azienda, grazie alla vendita delle frequenze di Video Tre, ha infatti un forte attivo. Nonostante ciò, nel corso di una lunga trattativa la Redazione ha avanzato una serie di proposte per risanare uno sbilancio nel conto di esercizio che  va comunque addebitato al menagement. La redazione ha accolto la richiesta di eliminare il lavoro nel festivi e nelle domeniche, ha accolto persino la richiesta di due mesi di aspettativa allâ??anno non retribuita per ciascun giornalista. Ma neppure questo è bastato. Mario Ciancio e la figli Angela, alla vigilia dellâ??ultimo incontro in prefettura hanno presentata una sorta di decalogo organizzativo che imponeva ai giornalisti â?? oltre ad una serie di misure palesemente vessatorie â?? anche una sorta di Redazione parallela controllata direttamente dallâ??editore. Un decalogo che è stato ovviamente respinto dalla delegazione sindacale e dal direttore Milazzo. Una veritĂ  che lâ??Azienda ha cercato vigliaccamente di nascondere,  sciorinando numeri su numeri. Un veritĂ  che è stata certificata dal Prefetto di Catania, Anna Maria Cancelieri Peluso e poi dal sottosegretario alle telecomunicazioni Giorgio Calò che, rispondendo a Montecitorio ad unâ??interpellanza  firmata da Giovanni Burtone, Beppe Giulietti e da altri 40 deputati dellâ??Ulivo, ha ribadito ufficialmente davanti al Parlamento della Repubblica che lâ??accordo  economico sulla vertenza era  praticamente giĂ  fatto e che la rottura è avvenuta per la pervicace volontĂ  dei Ciancio di imporre ai giornalisti delle misure che erano lesive della loro libertĂ . Questa è la storia, la veritĂ  che nessuna menzogna â?? anche se ripetuta sette volte â?? potrĂ  cambiare.

La fine di Telecolor apre però interrogativi  assai vasti e chiama la politica e la societĂ  civile ad una precisa assunzione di responsabilitĂ .

Telecolor non era una televisione rivoluzionaria, nonostante i pashdarn del centro destra durante la campagna elettorale per le ultime comunali a Catania lâ?? abbiano etichettata come â??Telekabulâ?. Telecolor ha semplicemente fatto unâ??informazione normale, dicendo pane al pane e vino al vino. Lo smantellamento, anzi lâ??annientamento, 
della sua redazione, condotto con scientifica lucidità, mostra che nella città di Mario Ciancio neppure questo è possibile.

A Catania  si sta aprendo una nuova straordinaria stagione di affari. Il piano regolatore Ă¨ appena approdato in Consiglio comunale e attorno ad esso ruotano centinaia di milioni di euro. E poi tanti, tanti altri affari, nei quali anche la famiglia
  Ciancio ha piĂš di un interesse, come li ha nel grande scempio urbanistico di Piazza Europa, dove sta realizzando in societĂ  con altri, centinaia di garage sotterranei e un centro commerciale in quella che era la grande ed elegantissima terrazza sul mare della cittĂ . Un mondo che ha un grande bisogno di silenzio. Un silenzio che non rientrava nella linea editoriale di Telecolor e nella storia personale dei suoi giornalisti.

La politica adesso ha - come dicevo prima - una grande responsabilitĂ  quella di denunciare e intervenire per risolvere lâ??anomalia del â??Caso Cataniaâ?. In questa cittĂ  il monopolio assoluto dellâ??informazione fa si che persino che un grande giornale come La Repubblica non solo non apra una redazione, ma non vi distribuisca le copie dellâ??edizione siciliana. Oggi con lo smantellamento di Telecolor la misura è colma e nessuno può piĂš far finta di niente. La politica in questa cittĂ  è ormai a sovranitĂ  limitata. Deve infatti sottostare ad un monopolio selvaggio che può letteralmente cancellare, a suo piacimento, unâ??esponente o forza politica se non compiacenti nei confronti degli interessi di chi controlla totalmente i media. Lo stesso vale per il mondo dellâ??economia. Lâ??imprenditoria sana, che pure è grande parte, non può piĂš restare a guardare. Occorre uno sforzo, ma soprattutto occorre coraggio. Il coraggio che i giornalisti di Telecolor hanno avuto sfidando il potere di Mario Ciancio. Una sfida consapevole del rischio tremendo che si affrontava e dei prezzi che si sarebbero dovuti pagare. Una sfida per difendere la propria dignitĂ  e la propria libertĂ . Ma anche la democrazia e la libertĂ  dellâ??intera cittĂ  di Catania.

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