di Marco Giudici*
lettera al Corriere della Sera
Caro Direttore,
la nota di Massimo Mucchetti â??Vive di pubblicitĂ e ha numeri poco chiari: è la tv di qualitĂ â? (Corriere del 13 agosto) arricchisce il dibattito sulla Rai di tre elementi di giudizio, uno implicito e due espliciti, che mi pare importante sottolineare dal mio punto di osservazione, operando da sette anni in una societĂ di contenuti televisivi innovativi e unica finora ad aver sperimentato, sia pure ai minimi termini, lâ??ingresso di un socio privato.
Innanzitutto il dato implicito: Mucchetti, un tempo strenuo assertore dellâ??opportunitĂ della messa sul mercato della Rai o di parti di essa, lascia per la prima volta sullo sfondo il tema della privatizzazione, prendendo atto della proposta di tripartizione del ministro Gentiloni, senza rilanciare. In realtĂ , i primi a essere spaventati dai passi societari necessari a entrare in possesso di un network sono i probabili acquirenti, gli stessi grandi editori italiani. Non lo si dice, ma lo si pensa con realismo.
Secondo giudizio, stavolta esplicito: pubblico può essere bello, â??una tv a proprietĂ pubblica può anche portare un segno di contraddizioneâ? nel mercato europeo, ma a condizione che lâ??azionista faccia con competenza e rigore il suo mestiere, e si smettano le difese ideologiche, o le false semplificazioni (la qualitĂ non è unâ??esclusiva, nemmeno teorica, del servizio pubblico).
Terzo giudizio, collegato al precedente: non si può, scrive Mucchetti, â??fare la frittata senza rompere le uovaâ?. Ecco unâ??espressione assai efficace per descrivere lo stato delle cose, in attesa di scelte di discontinuitĂ che inaugurino una vera navigazione in mare aperto, lontana da vassallaggi non solo politici, e vicina alla competizione sul prodotto. PerchĂŠ lo spettatore vede pur sempre programmi, non frequenze.
*Marco Giudici
Direttore RaiSat Extra