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Articolo 21 - Editoriali
Medioriente, occorre altro. Lettera al Corriere della Sera
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di Daniele Capezzone*

Caro Direttore,

mi auguro che, nel succedersi di notizie drammatiche in tutti questi giorni, non passi inosservata una lunga corrispondenza del 14 agosto scorso, da Teheran, dell??agenzia Ansa.
Nell??ultima settimana, la polizia iraniana ha avviato operazioni volte al sequestro di massa delle antenne televisive paraboliche. Per la verità, la normativa iraniana vieta di ricevere programmi stranieri (considerati ??decadenti?) sin dal 1994, ma nell??ultimo periodo, sotto la dittatura di Ahmadinejad, è iniziata una vera e propria guerra sistematica contro ??l??invasione culturale occidentale?. E così ¬, dopo le operazioni di ??jamming? (cioè¨ la trasmissione di segnali di disturbo per impedire una buona ricezione), si è passati direttamente alla rimozione delle parabole sui tetti; e ci si preparerebbe, secondo quanto si apprende, anche al sequestro dei ricevitori nelle case private.
Particolarmente significativo è quanto ha dichiarato il Procuratore generale di Teheran, Said Mortasavi (già  tristemente noto per aver criminalizzato, processato e incarcerato giornalisti, e chiuso dozzine di pubblicazioni riformiste), il quale -ci informa ancora l??Ansa- ha spiegato che il sequestro è partito dalle apparecchiature ??installate in modo appariscente?, cioè da coloro -si presume- che vorrebbero cambiare la mentalità  del paese?.
A mio avviso, in questo episodio, c'è davvero molto su cui riflettere per l??Occidente democratico. Per carità , nessuno è  così illuso da ritenere che si possa definitivamente mettere in archivio la carta militare tradizionale. Anche un sincero nonviolento (non certo il pacifista, storicamente schierato -non solo nel 1938 a Monaco, purtroppo- a difesa dello status quo, e quindi spesso complice, di fatto, di dittature e tirannie) non rifiuta sempre e comunque, in modo pregiudiziale, l??uso delle armi: ne conosce, in taluni casi, l??inevitabilità , e -più in generale- sa bene che un nuovo ordine internazionale basato sul diritto non può prescindere da un uso regolato della forza, e, in primo luogo, quindi, dallì??esistenza di un efficace strumento di polizia internazionale, come ha spesso acutamente sottolineato Adriano Sofri.
Ma, dinanzi al dramma di centinaia di milioni di donne e di uomini ingannati dai loro regimi, o incoraggiati ad uccidere ed essere uccisi da imam e ayatollah, occorre altro. Contro l??incubo riuscito dei kamikaze, di figli allevati dai padri e dalle madri nell??orizzonte della morte propria ed altrui, occorrono strumenti nuovi: bisogna sradicare dai loro cuori e dalle loro menti quel che gli è stato instillato per tutta la vita. Lo ha capito bene Ahmadinejad, come del resto gli imam fondamentalisti iraniani, che, nelle infuocate prediche del venerdì, invitano sempre più spesso i fedeli a diffidare delle radio e delle tv satellitari, ??strumenti del demonio occidentale che vuole corromperli?. Dal loro punto di vista di avvelenatori di coscienze, hanno perfettamente ragione: sono consapevoli di trovarsi di fronte al loro nemico più
temibile, tanto quanto lo fu, sessant??anni fa, la voce di Radio Londra, la voce della libertà , per i regimi nazifascisti.
Lo ripeto: nessuno ritiene che questa carta, da sola, possa essere risolutiva. Ma, nell??ambito di una strategia di promozione della democrazia, si tratta di un??attività  indispensabile. Finora, l'esperienza più significativa è stata quella di ??Voice of America?, troppo spesso condizionata, però, dal fatto di essere soprattutto vissuta come ??megafono politico? dell??Occidente. Ora, invece, non dobbiamo tanto essere noi a parlare, quanto piuttosto esser capaci di costruire
strumenti (ovviamente, in lingua araba) perchè i democratici e i dissidenti locali possano avere voce, con un riuscito mix tra questi loro interventi e la valanga di libertà , di ??contaminazione positiva?, rappresentata dalla musica, dal cinema e dalla televisione occidentale. Madonna e gli U2, Tom Cruise e Nicole Kidman possono essere i nostri migliori alleati, rispetto a una popolazione (penso ancora all??Iran) che, al 60%, ha meno di quarant???anni.
Saremo capaci di elaborare una strategia globale? Saremo in grado di prevedere apposite e più consistenti voci nei bilanci delle Difese nazionali? Il rapporto tra i costi e i benefici di una simile operazione si rivelerebbe, con ogni probabilità , tanto positivo da risultare privo di paragoni rispetto a qualunque altra iniziativa.
Certo, nessuna illusione. La minaccia terroristica è qualcosa con cui dovremo misurarci, ancora, per decenni. Ed è bene avere il coraggio e l'onesta intellettuale di dire ai cittadini che occorrerà  attendersi rischi grandi, inediti, fino al vero e proprio incubo delle armi chimiche e batteriologiche. Enormi sono i compiti affidati all??intelligence; si dovrà , di tanto in tanto, ricorrere anche alla polizia internazionale, con tutti i rischi del caso. Ma la strada maestra, quella di maggior respiro strategico, resta la politica: e, accanto ad iniziative capaci di avere e dare ??visione?, prospettiva e speranza (penso alla proposta ??Israele nell??Unione Europea? o al ??Primo Satyagraha mondiale? lanciato da Marco Pannella e dal Partito Radicale Transnazionale per la pace, la democrazia e la libertà, a partire dal Medio Oriente), anche un uso intelligente della comunicazione di massa, delle ??bombe dell??informazione?, o -come i radicali ripetono- delle ??armi di attrazione di massa?, rappresenterebbe una risorsa di inestimabile valore.

* (segretario di Radicali italiani, presidente della Commissione attività produttive della Camera)

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