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Articolo 21 - Editoriali
Rai: "Se hanno cacciato Biagi e Santoro figuratevi un precario"
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di Pino Finocchiaro*

*Giornalista professionista, precarioRai, socio fondatore di Articolo21, è iscritto all¹Odg dal 1978

"Se hanno cacciato Biagi e Santoro, figuratevi un precario". Non dimenticherò mai le parole rotte dai singhiozzi di Alfredo Pieroni, giornalista per cinquant'anni al Corriere della Sera, ad un assemblea di Articolo21 nell'era dell'opposizione a Berlusconi, Beluscones e Berlusconidi. Non posso dimenticarlo.  Non solo per aver vissuto quell'esperienza. Quelle parole sono state immortalate e trasmesse in tutto il mondo dai colleghi della Pbs, l'autorevole tv pubblica statunitense, nel documentario Citizen's Berlusconi. I colleghi della Pbs per rendere ancora più drammatico l'intervento di Pieroni hanno usato come controcampo il volto di un autentico precario Rai, non più giovane, corrucciato e perplesso. Quel volto è il mio. Come dimenticarlo? Quella stessa immagine è stata utilizzata da Sabina Guzzanti nel film "Viva Zapatero". Tutti i progressisti italiani sono corsi al cinema ed hanno visto le lacrime dell'anziano inviato del Corriere cui faceva da contrappunto il cruccio del non più giovane precario Rai. Come dimenticare?
Insomma, la vicenda dei precari Rai non riguarda solo i diritti dei giornalisti, programmisti, registi e tecnici coinvolti da lustri in questo mercato senza regole ma la libertà d'informazione di tutti i telespettatori del servizio pubblico radiotelevisivo.
Chi paga il canone ha il diritto di essere informato ma anche ³intrattenuto² da professionisti autenticamente liberi che godano di compensi e diritti contrattuali ³pieni². Oggi così non è.
La libertà economica e la certezza della carriera professionale sono elementi indispensabili se vogliamo sottrarre i professionisti della Rai al sottobosco delle marchette. Un giornalista professionista ha il diritto di ritirare la propria firma e la propria voce da un servizio se gli si impongono dei tagli che ne snaturano il contenuto.
Ma un precario che entri in conflitto per qualsivoglia motivo coi suoi capi sa già cosa l¹aspetta: pause più lunghe e contratti più brevi rispetto ai colleghi più ³obbedienti² che non solo lavoreranno di più e guadagneranno di più ma lo sorpasseranno agevolmente nel momento in cui verranno determinati i bacini d¹accesso alle assunzioni.
Il premier Prodi, il ministro Damiano, il presidente della Rai, Petruccioli, si sono occupati della vicenda quando a governare la Rai erano i Berluscones. Con Cesare Damiano, allora ministro ombra dei Ds al Lavoro, e con Petruccioli, allora presidente della commissione di Vigilanza ho avuto modo di esporre il mio pensiero, sempre in veste di rappresentante dei precari nel Comitato delle testate nazionali, sempre in pubblico, sempre in sedi politiche e istituzionali. Francamente, speravo che ponessero il problema dei precari Rai tra i più urgenti da risolvere con criteri chiari, trasparenti, universalmente verificabili ma così continua a non essere.
Il pallino dell¹assunzione viene spostato avanti e indietro, a destra e a sinistra, a secondo di chi ha la palla più grossa e meglio colorata ­ vanno forte l¹azzurro e il rosso, ma anche il bianco, il giallo e il nero ­ buona a spostare il pallino dove serve.
Perché, regole certe vorrebbero che se vieni escluso da un¹assunzione per una differenza di cento giorni da chi ti precede in lista, la tua assunzione venga posticipata di cento giorni. Invece possono passare cinque-sei anni senza che nulla accada e senza che l¹azienda si impegni neppure ad assumerti in futuro. Perché col gioco dei contratti più corti e delle pause più lunghe qualsiasi "caporale" può farti precipitare da primo dei non eletti a quarantesimo. Perché c¹è sempre qualcuno che ha la palla più azzurra, più gialla o più rossa della tua.
Il problema qui non sta nel cruccio infinito del candidato ma nella sua addomesticabilità. Risorsa che dovrebbe risultare particolarmente sgradita a chi paga il canone e vorrebbe essere informato senza altri filtri se non quelli della veridicità, della rilevanza e della decenza nel modo di porgere la notizia.
Più che il precario, della sua precarietà dovrebbe preoccuparsi il telespettatore.
I rimedi sono semplici. Eliminare il pallino e gli steccati mobili con precise tappe di carriera che culminino nell¹assunzione a 1.095 giorni (365 per tre).
Oltre i tre anni non si dovrebbe andare. Perché è il limite oltre il quale Marco Biagi avrebbe voluto si convertissero i contratti a td in tempi indeterminati. Perché è il limite oltre il quale la Bbc ha deciso da tempo di non andare. Quale miglior esempio nel mondo di servizio pubblico radiotelevisivo? Alla Bbc hanno  semplicemente considerato che il servizio pubblico ha l¹obbligo della qualità. E la qualità non si raggiunge con scelte da tv low cost. Perché la qualità costa. Costano le inchieste, costano gli approfondimenti, costano le interviste e i collegamenti sul posto.
Lo sa bene Alfredo Pieroni tra le lacrime. E' sua l'inchiesta che nel dopoguerra rivelò la tragica vicenda del figlio segreto di Mussolini. Una verità scomoda che risvegliava responsabilità di persone passate armi e bagagli dalla dittatura alla democrazia. Le inchieste costano, impegnano e possono essere completate solo da uomini liberi con un futuro certo e un presente solido.
Sono esempi che non sentiamo mai fare da chi ha adottato una politica del terrore nei confronti dei precari Rai. Preferiscono sottolineare che la Bbc ridurrà di un terzo i propri dipendenti. Ma omettono di ricordare che anche così i dipendenti della tv britannica saranno il doppio di quella italiana. Omettono di dire che la Bbc, dopo aver chiuso sistematicamente e senza pallini, la partita con i precari assumendoli al terzo anno di anzianità, si prepara ad assumere migliaia di nuovi giornalisti, soprattutto di etnie e religioni ben presenti nel Regno Unito ma poco o per nulla rappresentati nelle redazioni. Un problema che prima o poi dovrà porsi anche la Rai.
Perché stabilizzare il precariato vorrà dire aprirsi alle risorse esterne, indispensabili per migliorare la qualità del servizio pubblico.
Vorrà dire badare al curriculum dei candidati. Oggi, un cronista con trent¹anni di mestiere alle spalle con la politica delle pause lunghe e dei contatti brevi ha la quasi certezza di essere puntualmente superato nelle assunzioni da chi non era ancora nato, o aveva appena iniziato le elementari, nel momento in cui iniziava il suo percorso professionale. Ragione di cruccio per il professionista. Ma soprattutto motivo di indignazione per chi paga il canone.
Qualcuno dirà e l¹Ordine? E l¹Fnsi? E l¹Usigrai?
L¹Ordine si è smarrito tra Cedri e Betulle. Non riesce ad adottare neppure una moratoria per le scuole di giornalismo che ogni anno sfornano centinaia di inoccupati che sÅ?affiancano alle migliaia di professionisti disoccupati già esistenti. Moratoria di almeno due anni, non per chiuderle ma per riservarle alla formazione di chi nell¹Ordine c¹è già: pubblicisti professionali, praticanti che non hanno potuto concludere il praticantato, professionisti disoccupati da riqualificare.
L¹Fnsi deve badare al contratto che non si riesce a chiudere. Lo spauracchio agitato dall'avversario è proprio l'ampliamento del precariato nelle redazioni.
L¹Usigrai è impegnata nelle manovre di successione  al vertice. Guarda caso, per l¹Usigrai non possono votare quelle migliaia di giornalisti professionisti che pure  lavorano in Rai ma sono nel limbo di fascia B e C nelle testate oppure fanno gli inviati o i capiredattori di fatto nei programmi di rete  dove vengono pagati con il contratto dello spettacolo. Il precario non vota, quindi può attendere.
Smarrite tra olezzi di alberi  e cespugli, le istituzioni che avrebbero dovuto salvaguardare i diritti di queste migliaia di professionisti nel limbo, lasciano che ad occuparsi del loro cruccio personale siano le anticamere del potere o i giudici del lavoro. Perché mai una trasmissione come la Vita in Diretta non deve avere una redazione giornalistica coordinata da un direttore responsabile e da un caporedattore così come viene imposto per legge a Chi o Novella tre-quattromila che sia? Eppure si occupano delle stesse cose. Perché le varie linee verdi e blu devono giungere direttamente nelle case degli italiani senza uno staff redazionale con contratto Fieg-Fnsi mentre Tuttoturismo o Gente Viaggi non arriverebbero neppure in edicola?
Insomma. Il precariato non rende migliore la Rai, ne comprime le qualità. Il presidente Petruccioli bene farebbe a mettere mano, subito, alla vicenda debellando la politica dei bacini mobili: buona per le navi da sbarco, non per l'ammiraglia della cultura italiana.
Petruccioli porti in consiglio la determinazione del fatidico giorno in cui un td viene assunto a tempo indeterminato. Quel giorno deve rappresentare un punto fermo, stabile e stabilito. Uguale per tutti. Un progressista non può accettare regole che producano discriminazioni ma punti discriminanti uguali per tutti. Generalmente, la politica è l¹arte della mediazione, in democrazia, ha per obiettivo l¹equità. Senza quel traguardo fissato, stabilito e uguale per tutti i precari ogni altra decisione risulterebbe agli occhi di tutti inadeguata e inopportuna. Anche agli occhi gonfi di lacrime del maestro del giornalismo d'inchiesta Alfredo Pieroni.

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