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Carcere: il caso di Simone La Penna, morto per denutrizione
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di Bruna Iacopino

Carcere: il caso di Simone La Penna, morto per denutrizione Il 22 ottobre di quest’anno in molti hanno ricordato la morte di Stefano Cucchi, una morte “ di stato” dicono in molti, una morte che aspetta ancora giustizia, ma in pochi hanno ricordato che, subito dopo il caso Cucchi, nello stesso carcere, quello di Regina Coeli, un’altra tragedia si stava consumando nel silenzio più totale. Il 26 novembre 2009, moriva ad appena 32 anni, solo un anno in più di Stefano, Simone La Penna. E, non solo per una questione anagrafica, le analogie con il caso Cucchi sono numerose. Simone era stato arrestato nel gennaio dello scorso anno per detenzione di stupefacenti, portato alla Casa circondariale di Viterbo, in buone condizioni di salute, viene subito dopo ricoverato presso l’ospedale Belcolle di Viterbo a causa del sopraggiungere di uno stato di malessere legato ad una pesante forma di anoressia, di cui il giovane aveva sofferto anche negli anni precedenti. Nonostante le cure ospedaliere riescano a recuperarlo, le sue condizioni precipitano ogni qual volta è costretto a fare ritorno in carcere, tanto che alla fine, come narra la cronaca di quei giorni, viene trasferito presso il reparto medico del carcere di Regina Coeli, dove le sue condizioni peggiorano in maniera irreversibile. Viene ritrovato morto nel suo letto, dopo aver perso 30 kg nell’arco di un mese e dopo aver richiesto, ripetutamente e altrettanto vanamente di essere spostato in una struttura ospedaliera e assistito da uno psichiatra. Nell’immediato si registrano le dichiarazioni del Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, che denota come il carcere non sia il luogo adatto per i malati gravi, mentre Luigi Manconi annunciava che il Comitato verità per Stefano Cucchi si sarebbe interessata del caso.
Oggi a quella vicenda si aggiunge un nuovo capitolo: per quella morte, si legge sul Messaggero, su cui si era aperta un’indagine, risultano indagate 7 persone tra medici e infermieri, che avrebbero dovuto vigilare sulla sua salute e non lo hanno fatto. L’accusa è di omicidio colposo.
Come nel caso di Stefano a battersi per la verità e tenere desto il ricordo, è la sorella di Simone, Martina, che, al fratello, ha dedicato una pagina su facebook ( Simone La Penna: lasciato morire a 32anni perchè detenuto!) in alcuni post appaiono anche alcuni stralci di lettere inviate da Simone, in cui traspariva la sua voglia di vivere e di riabbracciare la sua famiglia, ma anche quel malessere per il quale nessuno sembrava voler ascoltare: “Con tre giorni ho perso un altro kilo sto a 49, sto a pezzi lo psichiatra mi ha aumentato ancora di più la terapia sabato. Questi basta che ti danno sonniferi e psicofarmaci così dormi e quando ...te svegli più?”
Così scriveva Simone il 14 settembre 2009. Quei 49 kg per una persona adulta e di costituzione fisica robusta, come è evidente scorrendo le foto pubblicate sul profilo Fb, avrebbero dovuto suonare come un forte campanello d’allarme e soprattutto far dichiarare lo stato di inidoneità in merito al regime carcerario.
Le rivelazioni di oggi scuotono nuovamente il mondo della politica. Se da una parte il vicecapogruppo alla Camera di FLI, Chiara Moroni, sollecita un intervento di carattere generale sul sistema carcerario a partire da quel famoso piano carceri ancora affossato da un’agenda parlamentare distratta da cose “ben più importanti” i radicali tirano in ballo ancora una volta “… quella politica criminogena che è il proibizionismo sulle droghe, che trasforma i consumatori in fuorilegge, i tossicodipendenti in criminali.” Ricordando inoltre che: “ Sono oltre 28 mila i detenuti per violazione della legge sugli stupefacenti, mentre 553 mila sono i consumatori che in questi anni hanno subito procedimenti amministrativi e penali per mera detenzione di droga.”
Morire di carcere: Giuseppe Uva, Graziano Scialpi, Marcello Lonzi e i tanti senza nome- intervista con Valentina Calderone di A buon diritto ( audio)

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