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Articolo 21 - Editoriali
Taci, il nemico ti ascolta
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di Federico Orlando

da Europa
 
Martedì pomeriggio, conosciuta la splendida notizia della liberazione degli ostaggi, il nostro ministro della Cultura popolare, senza indirizzare fogli dâ??ordini ai responsabili dellâ??Eiar e dellâ??informazione parastatale, ha ottenuto che sui teleschermi degli italiani comparissero in massa il presidente Berlusconi, il ministro Frattini, il sottosegretario Letta, e via via tutti gli altri personaggi del governo desiderosi di comunicare al popolo la loro emozione. Dalle 14,23, quandâ??è cominciata la serie dei telegiornali straordinari con collegamenti dallâ??aereo presidenziale e da palazzo Chigi, fino alle rassegne stampa della notte, e con la sola eccezione del Primo pianodi Rai3, gli italiani hanno avuto la sensazione che un Cesare si fosse impadronito dei palinsesti, trascinando nelle catene del pensiero unico un giornalismo rassegnato a servire.
I fatti verosimili scomparivano nella contrinformazione. I fatti erano che da giorni lâ??intelligence americana aveva de- finito la situazione degli ostaggi e aveva â??passato la praticaâ? ai servizi segreti polacchi, che in Iraq sono di casa da quarantâ??anni.
Questi avevano trovato, con lâ??ostaggio polacco, anche i tre italiani e ne avevano informato il nostro Sismi, che poteva cooperare alla parte conclusiva dellâ??operazione.
Ottenuto lâ??assenso dei governi italiano e polacco, il generale Sanchez ordinava alle sue teste di cuoio di procedere, essendo ormai solo simbolica la vigilanza dei guardiani. Ma per mezza giornata gli italiani non hanno saputo nulla di queste cose. Hanno saputo solo che Berlusconi aveva fatto tutto lui. Gli mancava la tuta mimetica, ha commentato Fassino, per prendere il posto di Sanchez. Neanche il nome del generale Bieniek, il liberatore polacco. Neanche un perché sulla stupefacente dichiarazione degli ex ostaggi di non sapere nulla di Quattrocchi.
Ma che il nostro premier reciti da primo e unico attore lo sappiamo da sempre.
Ciò che ancora ci colpisce è lâ??arrendevolezza di una parte fondamentale dellâ??informazione a farsi militarizzare e a comportarsi in modo non solo succube, ma addirittura non utile nemmeno al padrone.
«Io penso â?? dice il politologo Edmondo Berselli â?? che in questa vicenda, col massimo rispetto per chi ha sofferto, siamo alla sagra molto provinciale, in cui lâ??episodio, che è solo uno dei molti episodi critici della faccenda irachena, viene presentato come fossimo alla catarsi del dramma, con purificazione e glorificazione del governo. In realtà, gli aspetti della strumentalità sono tanto chiari da poter essere controproducenti». Ce lo auguriamo.
Ma da settimane lâ??intero sistema televisivo ha subito una sterzata violenta per ribaltare il risultato del voto di domenica prossima. Il piano è cambiare lâ??orientamento degli elettori, rilevato dai sondaggi, imponendo la connessione mediatica tra Berlusconi e gli ostaggi, il voto dellâ??Onu, le decisioni del G8. Vengono espulsi dal palinsesto e dalla mente degli elettori le tasse, lâ??Europa, le pensioni, la sanità, la sicurezza, la scuola, il lavoro cioè i temi della campagna elettorale sui quali il fallimento del governo è dichiarato.
In un simile frangente democratico cosa fa lâ??informazione nel suo complesso? Le redazioni coraggiose che hanno chiesto il ritorno alla legalità possono essere abbandonate alla repressione delle direzioni? Quale Autorità di vigilanza, magari parlamentare, controlla lâ??uso dei mezzi pubblici (uso che Berlusconi definì «criminale » quando Biagi si permise di intervistare Benigni e Montanelli?) Cosa aspetta a muoversi la maggioranza silenziosa dei giornalisti? Ci piacerebbe qualche risposta oggi stesso, ottantesimo del caso Matteotti.
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