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La protesta anti-Gelmini si impone nel Palazzo e negli studi dei TG
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di Reporter senza rete

La protesta anti-Gelmini si impone nel Palazzo e negli studi dei TG

“Eppur si muove!!”L’esplosione delle contestazioni alla riforma Gelmini, costringono i TG a modificarne la lettura. Se fino a due giorni fa solo il TG 3 dava conto delle mobilitazioni; se ieri quasi tutti hanno aperto sulla “contestazione violenta”, questa sera l’allineamento ai blocchi di partenza  è quasi perfetto: a parte il TG La 7 che, ha il core business nella politica e che quindi apre sul “terzo polo”, tutti gli altri lanciano in primo piano le proteste di studenti, professori e ricercatori. Ovviamente  i direttori dei TG “hanno famiglia”, ed alcuni lo fanno capire stiracchiando i fatti verso interpretazioni precotte. Lasciando da parte Emilio Fede che fa “reparto a sé” e che continua a esorcizzatore la violenza incombente, è il TG 1 che s’impegna  allo spasimo: non si può negare l’evidente coralità e trasversalità delle proteste, ma dieci minuti in diretta concessi alla Gelmini ed un servizio molto poco documentato sugli sprechi e gli assurdi nelle nostre università, cercano di convincere  che questa riforma “s’ha da fare”. In coda allo spazio sulla riforma, segnaliamo l’atteggiamento moderato del Ministro che “si augura” che il Parlamento la approvi, e la confessione da parte del conduttore che nell’edizione serale di ieri sono state usate “per errore” immagini di contestazione violente prese dal repertorio e non dall’attualità. Più equilibrati il Tg 2, il Tg 3 e TG La 7. La resipiscenza, anche parziale, di molti TG fa il paio con la manifesta difficoltà del Governo a portare in fondo la riforma, per la quale deve contare sulla benevolenza dell’aula e soprattutto dei finiani. Non sappiamo se le proteste hanno vinto, ma certamente hanno smosso gli equilibri della politica, anche di Palazzo. Nel commento parliamo con una ricercatrice dell’Università La sapienza, Stefania Tuzzi, intercettata nel luogo più simbolico delle contestazioni: il tetto di Architettura a Roma.
Per il resto segnaliamo che il rinvio al mittente da parte di Napolitano del decreto rifiuti compare tra i titoli solo sul Tg 3 e su Tg La 7,
Il Tg 3  è l’unico che si ricorda della giornata mondiale contro le violenze sulle donne.
Studio Aperto ci comunica che la “coppia più amata d’Italia” risulterebbe essere quella di Francesco Totti e legittima consorte. Emilio Fede solleva il morale dei freddolosi: un titolo ci annuncia che stanno tornando di moda i cappotti.


Il Commento di Stefania Tuzzi, ricercatore della Sapienza
(Intervista di Alberto Baldazzi)

Nei Tg qualcuno ha detto che, per chi protesta come voi, ci vorrebbero le botte. Che siete degli estremisti, comunisti e violenti…
“Oddio, mi viene un po’ da ridere. Noi siamo ricercatori universitari, una rete nata a dicembre scorso (con cinque persone) e cresciuta attraverso una mailing list che si è ampliata mano mano. Se veramente  fossimo tutti comunisti sarebbe strano, data la percentuale: sul complessivo dei  25 mila ricercatori stanno con noi 15 mila. Se fossimo (davvero) tutti comunisti forse le percentuali di voto di questo governo sarebbero del tutto diverse”.

Rimaniamo sulla polemica sulle violenze: fino a ieri l’altro i Tg hanno guardato in basso. Non hanno alzato gli occhi verso i tetti delle proteste, i tanti cortei e le tante manifestazioni contro il disegno di legge Gelmini. Dai ieri, invece, grandissima attenzione perché, udite udite, è scoppiata la violenza. Cosa, ancora una volta, ti senti di rispondere?
“Io sono sempre una che condanna la violenza. Noi stiamo tutti insieme su questi tetti, ricercatori, studenti, precari. Non può essere considerata la violenza di un fatto o due unici, che comunque – io ribadirei – nascono dalla disperazione di giovani che sanno che non avranno un futuro nella vita. Sono tagliate il 95% delle borse di studio, le tasse saranno raddoppiate; prestiti d’onore (quindi si indebiteranno per tutta la loro vita). Io non so come qualsiasi altra persona potrebbe reagire, davanti ad una cosa del genere”.

Veniamo a quello che sta succedendo, simbolicamente, sul tetto della facoltà di architettura. Non so se condividi: la politica, molto latitante in questo periodo, sembra essersi spostata lì.
“Assolutamente. Si è spostata qui. È venuto Bersani; è venuto Di Pietro; è venuto Vendola; è venuto Ferrero; sono venuti i sindacati; è venuto il segretario nazionale dell FLC della CGIL; è venuta la Fiom; è venuta, addirittura, la CGIL spettacolo; in questo momento abbiamo ricevuto la delegazione di Futuro e Libertà. Quello che noi tentiamo di chiedere è di poterci dare la possibilità di spiegare perché siamo protestando. Noi, purtroppo, lavorando all’interno del sistema, ce lo siamo dovuto studiare questo disegno di legge. Lo abbiamo studiato seriamente, in ogni emendamento, perché ne va del nostro futuro, de nostro lavoro, e quindi è chiaro che uno si studia i documenti che riguardano il suo lavoro. La protesta nasce, è chiaro, dal problema dei ricercatori, ma nasce anche dal fatto che gran parte dei ricercatori hanno figli o nipoti (se non hanno figli), e sappiamo che il futuro dei giovani sarà precluso.  I precari ( e noi stessi siamo stati precari per anni ed anni) non avranno nessuna possibilità di accesso all’università. Qui c’è gente che non ha mai fatto proteste in vita sua e che è salita sui tetti per la disperazione, proprio perché nessuno ci stava più a sentire. Salire sul tetto di Roma, proprio a due passi da Montecitorio, è stata una richiesta ai politici: “Veniteci ad ascoltare! Siamo in una tale disperazione che stiamo qui al freddo sotto l’acqua, resistiamo qua e non abbiamo alcuna intenzione di spostarci. Veniteci ad ascoltare! Noi non stiamo protestando per nulla, ma per il futuro del Paese”. I tagli fatti dalla Merkel in Germania, che sono stati molto più alti di quelli del nostro Governo, hanno invece portato ad un finanziamento dell’università. L’unica cosa su cui la Germania non ha tagliato è l’università, e questo perché l’università è il futuro ed è l’uscita dalla crisi economica”.

La nostra voglia di parlare con voi, ovviamente, non è una concessione, però fa un po’ a pugni con quello che sta succedendo. Tu dicevi: “Sentite le nostre ragioni”. Ho l’impressione che anche il mondo della grande comunicazione, al di là di quello che si è legato al dito la questione della violenza ed ha agitato questo drappo rosso, comunista, estremistico; ma anche l’informazione più moderata non vi ascolta. Non vi viene a sentire, non porta avanti quello che voi dite.
“No! Sono mesi che noi cerchiamo di parlare. Qui si continua a raccontare che questa riforma toglie i Baroni e premia il merito … magari lo facesse! In realtà sarà l’esatto contrario: le persone saranno prese per chiamata diretta, si deciderà chi entra e chi esce ed a contare saranno solo i Baroni. Finora era la nostra voce, che non veniva ripresa da nessuno, contro le loro dichiarazioni altisonanti che continuavano a propagandare. Noi chiediamo appunto che la stampa sia al nostro fianco e che faccia sentire almeno la nostra voce e le nostre ragioni. Siamo dovuti salire sui tetti”.

Ottimisti? Pessimisti? Agnostici? La vostra battaglia…
“Incrociamo le dita, ed incrociate le dita tutti perche, dai calcoli sembra che neanche il figlio di un impiegato potrà andare più all’università. Rischiamo di tornare come prima della guerra, quando si decideva qual'era il figlio che si sarebbe fatto studiare. Questo è il futuro se questo disegno di legge passa. Qui non è un problema di università. Per favore, tutti al nostro fianco, perché ne va del futuro del Paese e del futuro dei figli di tante persone. State al nostro fianco: abbiamo bisogno della solidarietà e del concreto aiuto di tutti. La mondezza per strada la si vede, e per questo scendono tutti in piazza, mentre gli effetti di questa legge li si vedranno tra qualche anno, ed a quel punto sarà troppo tardi”.


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