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Parole, per non dimenticare Aldo Bianzino
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di Bruna Iacopino

Parole, per non dimenticare Aldo Bianzino

“Se questa si chiama giustizia, il nostro non è un paese democratico” suonano più o meno così le parole pronunciate da Rudra Bianzino nel video presentato questa mattina presso la sede di Nessuno Tocchi Caino, video inserito nel progetto “Stoffe di silenzio” di e con Ugo De Vita, che avrà la sua anteprima ufficiale sempre a Roma presso la Sala stampa della Camera dei deputati giovedì 16 dicembre alle ore 18.00 e successivamente presso la casa di reclusione di Padova...
Il progetto come già fu per il primo capitolo, dedicato a Stefano Cucchi, si compone di un recital, il video in questione e una raccolta poetica, ma rispetto al lavoro su Cucchi, che si svolgeva in forma di monologo, questo, come lo definisce l’autore, è un dialogo “metafisico” tra padre e figlio.
Una storia pressoché dimenticata, archiviata non solo dalla magistratura, per la quale non esiste la possibilità che Aldo “sia stato ucciso ( mancherebbe il movente)” nel carcere di Capanne, dove vi era entrato in buone condizioni di salute, ma archiviata nella memoria pubblica, collettiva, trova la possibilità attraverso lo strumento dell’arte, del teatro, in questo caso teatro di impegno civile, di trovare nuovamente la via per emergere e chiedere così che venga fatta giustizia, quella vera. Giustizia è quello che chiede Rudra, mentre, inquadrato da una telecamera ripercorre con la memoria, la sua storia, la storia di un padre e di una madre scomparsi prematuramente e senza alcuna spiegazione plausibile: “ Chi può essere preparato alla scomparsa di una persona cara…” dice “dall’alto” dei suoi 17 anni, pochi, troppo pochi per chi ha visto sparire una mattina presto entrambi i genitori, pochi per chi si è trovato ad affrontare un qualcosa di troppo grande per chiunque, pochi… eppure parla, parla come aveva fatto prima di lui la madre, Roberta, che, testualmente, in uno degli ultimi video che la riprendono, dice: “… non avrei mai pensato di prendere parte a certe trasmissioni…”, parla come Ilaria Cucchi, come Patrizia Aldrovandi, come la madre di Marcello Lonzi o di Davide Franceschi, parlano perché sanno che solo così si può abbattere quel muro di omertà che continua a circondare l’istituzione carceraria e quanto, dietro quelle mura, avviene quotidianamente.
“… noi siamo le nostre parole…” recita Ugo de Vita proponendo ai presenti uno stralcio di “Stoffe di silenzio” perché il problema sta esattamente qui: “ quello che accomuna i casi di Cucchi, Bianzino, Aldrovandi e tanti altri è l’omertà, l’ambiguità, il silenzio- appunto- la dimenticanza…” afferma De Vita, che, con Parole oltre le sbarre, progetto promosso da Alice in cerca di teatro e sostenuto da Nessuno tocchi Caino, A Buon diritto, Articolo21 e Ristretti orizzonti, si serve proprio della “parola” dentro e fuori dal carcere. Fa infatti parte dello stesso progetto il ciclo didattico avviato con i detenuti, da alcune settimane, all’interno del carcere di Padova.
E le parole possono avere diverse destinazioni d’uso: c’è la parola poetica, la parola usata per denunciare, la parola usata in ambito istituzionale sotto forma di interrogazione, di proposta di legge… Come quelle presentate in questi anni dai Radicali, che da sempre sulle carceri e sulla depenalizzazione del consumo di droghe leggere ( motivo per cui Aldo è stato arrestato ed è morto in carcere) hanno condotto una battaglia pressoché solitaria. “ Nel ’93- racconta Rita Bernardini- promuovemmo un referendum sulla non punibilità del consumo di stupefacenti, il risultato fu inaspettato, la stragrande maggioranza degli italiani si espresse a favore… nel corso di questa legislatura poi, oltre a numerose interrogazioni parlamentari, abbiamo depositato una proposta di legge per l’equiparazione della detenzione ad uso personale e coltivazione ad uso personale, bocciata in maniera bipartisan… se quella proposta fosse passata, a quest’ora Aldo e Roberta sarebbero ancora qui con noi e avremmo un numero inferiore di detenuti nelle nostre carceri.”
Ma qualcosa forse si muove. Da alcuni anni a questa parte di carcere si comincia, seppur timidamente, a parlare, dentro e fuori il Parlamento, e, da alcuni anni molti parlamentari hanno deciso di far visita nelle carceri e vedere con i propri occhi. Poco, ancora poco. “ E’ una questione di tempo” aggiunge la Bernardini che, in merito la caso Bianzino, però, non ha dubbi: “ Aldo è stato assassinato dallo Stato!”.
“Il nostro non è uno stato di diritto- aggiunge Sergio D’Elia, presidente di Nessuno tocchi Caino- non è giustizia quella di un paese che ha ricevuto centinaia di condanne dall’Europa proprio in quest’ambito e ci sono 11 milioni di processi pendenti…”
Non è giusto, invece, ne comprensibile, come su argomenti così delicati “l’assenza di parole” venga proprio da chi con le parole ci lavora… da parte dei media, sottolinea dalla sala Luca Cardinalini, autore di Impiccati, recensito sulle pagine di questo stesso sito, e che si apre appunto con la storia di Aldo Bianzino e i tanti punti oscuri mai chiariti.
A chiudere la conferenza, infine, un appello alla solidarietà concreta, quello rivolto dal radicale Sergio Rovasio. Rudra vive ormai con lo zio, tornato dalla Germania dopo vent’anni. Vivono ancora nella casa di campagna che fu di Aldo e Roberta, nonostante le richieste rivolte alle amministrazioni locali limitrofe, nell’Appennino umbro-marchigiano, non è stata trovata una sistemazione migliore per permettere al ragazzo di frequentare la scuola senza troppi problemi e l’unica macchina disponibile, quella che dovrebbe dovuto permettere allo zio Ernesto di andare a lavoro, è ormai distrutta. Attualmente il fondo di sottoscrizione per comprarne una anche usata sta a 500 euro, mentre per consentire a Rudra di continuare gli studi è stata avviata da tempo una sottoscrizione dagli amici di Beppe Grillo.
Chissà che il Natale non sia un buon momento per fare un gesto di vera solidarietà…
Le parole, in certi casi, non bastano.

 


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