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Articolo 21 - Editoriali
Il mondo di Tom Benetollo, una fabbrica di pace e di diritti
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di Massimiliano Melilli

Un aneurisma all??orta, un??emorragia e Tom ci ha salutati. A modo suo. Tom Benetollo è morto parlando di pace e di diritti. Si era sentito male sabato, a Roma, durante un forum. Accanto, altri due amici di sempre (fra i tanti): Gino Strada di Emergency e Gabriele Polo del manifesto. A Gino, sorridendo, rimproverava: ??Vedrai. Tu che aiuti il mondo intero, quando starò male io, non ci sarai?. Chiamatelo come vi pare: Destino, Fato, Karma. Gino ha cercato di salvarlo. Invano. A Gabriele, invece, invidiava quei titoli originali della prima pagina: ??Non capisco dove andate a pescarli? Secondo me, fate a gara a chi le spara più grosse?, confessava. 
Era il sogno quotidiano di Tom: un mondo migliore. Non è retorica. Aveva 53 anni, era il presidente nazionale dell??Arci. Era nato a Vigonza, Padova. Viveva con un contratto da Co.co.co. Alla politica, non ha mai chiesto. Ha solo dato. A questo punto dovrei cliccare play sulla memoria oppure rovistare tra carte, appunti, fotografie. Forse dovrei rileggere quel saggio a più mani sulla nuova Europa o riassaporare il gusto di una telefonata: ??Dai Max, è un libro no-profit: non ci guadagna niente nessuno. I beneficiari saranno i lettori. Sarà un testo utile al Forum sociale europeo di Firenze. Scrivi un capitolo, per favore?. Era il giugno del 2002. Dopo, dal 6 al 10 novembre, in Toscana, Tom avrebbe presentato ??questo contributo di idee alla nuova Europa, un??Europa tollerante e più giusta?.
Non potevi mai dire di no, a Tom. Penso che a volte, i valori appartengono al Dna delle persone: certi ideali viaggiano solo sulle gambe di certi uomini. Utopista, solidale, auto-ironico. Sempre dalla parte degli ultimi. Schivo. S??illuminava quando parlava di Eva, la moglie, e di Gabriele, due anni e mezzo di felicità. ??Max - mi diceva - vedrai quando nascerà tua figlia Matilde: la mattina, andrai al lavoro con gli occhi gonfi di sonno ma con una marcia in più?. Ora Matilde ha quasi due anni e io, non voglio, non posso immaginare Gabriele che chiama ??papà, papà?, in una nenia oggi di affetto e di dolore, domani.
A noi resta il tempo presente. E mi fa uno strano effetto, leggere o ascoltare le tante frasi a ricordo di Tom. Fassino, D??Alema, Bertinotti, Veltroni, Rutelli, Occhetto? Un cruciverba di nomi e di appartenenze. Sigle e partiti. Un rosario politico da scorrere, a futura memoria. Credo che a Tom non sarebbe piaciuto questo coro. Perché lui era uno di noi. Pronto a discutere, con semplicità. A lavorare, a sacrificarsi in prima persona ma a stare sempre un passo indietro. Era uno dei ragazzi di Enrico Berlinguer. ??Lavorare puntualmente, come la stella che attraversa il cielo, solo così vale la pena?. Amava questo verso di Attila Jozfes, forse uno dei più grandi poeti del Novecento ungherese, morto suicida in nome del popolo e contro la cecità del partito comunista filo-stalinista. Tom amava quella raccolta di poesie, il titolo, ??Con cuore puro? e la copertina bianca delle Edizioni Accademia (Milano, 1971).

Tom aveva la coscienza di un poeta e la testa di un politico. Guardava oltre. Ascoltava, soprattutto. Accettava le critiche. Si era iscritto al Pci nel 1970, a Padova. S??impegnò a lungo. Poi maturò il tempo delle delusioni. L??apparato del partito che tutto soffocava e la disciplina di partito che soffocava tutti. Per un periodo restò ai margini della politica. Tornò negli anni della Fgci di D??Alema, Folena e Fumagalli. Diventò responsabile esteri. Arrivarono gli anni ??80: la base Nato di Comiso, il movimento pacifista, i missile Cruise a stelle e strisce e gli SS-20 sovietici. Era un pacifista vero, Tom. Lo conobbi proprio a margine di una discussione sulla lezione di Comiso, io che ci cono nato in quel paese bruciato dal sole e dal piombo. ??Ma dai, - mi disse - potrei essere tuo padre e vieni a farmi la morale. A voi siciliani, servirebbe solo un po?? di mentalità veneta, per risolvere i problemi che vi trascinate da secoli?.
Già, il Veneto: una fabbrica di solidarietà secondo Tom. Cresciuto a soppressa e partito, quest??uomo ha sempre custodito le cose venete all??angolo dei ventricoli. Una regione nel cuore. Benetollo chiedeva. Si documentava. Rifletteva. Padova e la sua provincia. Le metamorfosi del territorio e i capricci della politica. La crescita della nuova destra nel corpo della vecchia Dc. I capricci della sinistra. Il volontariato. I capannoni e il sindacato. I padroni, i padroncini e i lavoratori. Le periferie delle città tutte uguali. Come se una regione, con il suo mosaico di paesi, storie, numeri e dialetti, avesse un marchio comune per ogni comunità. ??In Veneto, ciò che può fare la differenza  - mi disse una volta - non è il denaro o le industrie ma la solidarietà?.  
Le guerre, poi. Tutte avversate, in nome della ragione. Senza se e senza ma. Dal Golfo all??ex Jugoslavia all??Iraq. A Sarajevo, sotto le bombe, gli scandivano al telefono i titoli dei giornali italiani: ??I pacifisti sanno fare le manifestazioni solo contro l??America?. S??incazzava. Perché lui nei Balcani aveva rischiato la pelle. Tom credeva nella pace. Sempre. Come ha creduto nel ruolo di una certa Chiesa. Benetollo leggeva i taccuini di padre Ernesto Balducci. Ecco l??ultima lettera di Tom: ??L??amarezza di padre Ernesto non traspariva mai. Né si lamentava. Era refrattario al sentimento. Lo ammiro ma io, oggi, mi sento vittima dei sentimenti. Gli stessi sentimenti dell??umanità offesa dalla guerra?. Grazie Tom.

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