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Umbria Olii, ora la colpa è del superstite
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di Fabrizio Ricci

Umbria Olii, ora la colpa è del superstite

Prima la colpa era delle vittime, ora è dell'unico sopravvissuto. E' cambiata la strategia difensiva di Giorgio Del Papa, titolare della Umbria Olii, la famigerata aziende di Campello sul Clitunno (Pg) dove il 25 novembre 2006 persero la vita in una terribile esplosione 4 lavoratori di una ditta esterna che lavoravano alla costruzione di una passerella metallica per collegare i giganteschi silos pieni d'olio. Una tragedia che era salita alle cronache non solo per l'enormità del dramma consumato - la perdita di 4 vite e un gigantesco danno ambientale causato dall'olio fuoriuscito dai serbatoi esplosi - ma soprattutto perché, per la prima volta, il padrone dell'azienda teatro del disastro tentava di invertire i ruoli, chiamando ai danni per l'enorme cifra di 35 milioni di euro le vittime stesse (e quindi i loro eredi, compresi i figli minorenni).
Oggi, a oltre 4 anni dalla tragedia, il processo è ancora al primo grado di giudizio, ma la difesa di Del Papa ha da poco intrapreso una nuova linea difensiva. Il nodo, secondo l'avvocato di parte e i suoi consulenti, non è più nell'utilizzo del saldatore da parte dei lavoratori della ditta Manili, ma piuttosto nelle manovre svolte dal gruista, Klaudio Demiri, giovane lavoratore di origine albanese, che era alla guida del mezzo che portava su e giù dai sili gli altri quattro. Demiri è stato l'unico testimone oculare di quell'inferno in cui, ha poi raccontato, “piovevano corpi dal cielo”.
Sarebbe stato dunque un suo errore di manovra, secondo la difesa di Del Papa, a causare una rottura alla base del silos poi esploso. Di conseguenza, la morte dei lavoratori non sarebbe imputabile all'alta infiammabilità dei gas contenuti all'interno del serbatoio, sui cui rischi, secondo l'accusa, non c'era stata alcuna informazione per le vittime, ma all'imperizia del gruista Demiri. 
Insomma, per la difesa c'è un nuovo colpevole, che naturalmente non coincide con l'unico imputato nel processo in atto, ovvero Giorgio Del Papa. E per dimostrare la nuova teoria i legali dell'imprenditore spoletino hanno fatto le cose in grande, facendo costruire un plastico che riproduce due dei sili dell'azienda in scala 1:10. Un oggetto perfetto per una puntata di Porta a Porta (e se si trattasse di un caso in stile “Meredith” certamente Vespa avrebbe già chiesto di averlo), ma meno adatto ai corridoi stretti del tribunale di Spoleto, tanto che l'udienza ad esso dedicata è stata spostata in altra sede per l'impossibilità di far entrare il “modellino” nell'aula dove si celebra normalmente il processo.
Nel frattempo, l'imprenditore titolare dell'Umbria Olii ha provveduto a querelare nuovamente per milioni di euro i consulenti dell’accusa.
Insomma, la musica non cambia: in questa storia si fa di tutto per confondere i ruoli di vittime e imputati, accusati e accusatori. La Cgil, per questo motivo, ha voluto esprimere solidarietà a Klaudio Demiri: “Sentiamo il bisogno di sostenere questo lavoratore dopo l'ennesima aggressione perpetuata dall'imprenditore Giorgio Del Papa che, dopo l'assurda richiesta di risarcimento di 35 milioni di euro alle vittime, ora se la prende con l'unico superstite cercando di far cadere su di lui tutte le colpe della tragedia”, ha dichiarato il segretario regionale umbro Mario Bravi.
Nel frattempo, da Torino arrivava la notizia della richiesta di condanna a 16 anni e 6 mesi per l'ad di ThyssenKrupp, Harald Espenhahn. Se la sentenza dovesse accogliere, anche solo in parte, la richiesta dell'accusa saremmo di fronte ad un fatto inedito che aprirebbe probabilmente una nuova fase nella valutazione delle responsabilità penali in materia di incidenti sul lavoro.

 


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