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Articolo 21 - L'europeo errante
Vive la France!
Vive la France! di Luca Gaballo*
A tutti i francesi: la Francia ha perduto una battaglia ma non ha perduto la guerra!
Dei governanti qualsiasi hanno potuto capitolare, cedendo al panico, dimenticando l’onore, consegnando il paese alla schiavitù. Ma niente è perduto!
Niente è perduto perché questa guerra è una guerra mondiale. Nell’universo libero delle forze immense non si sono ancora sollevate. Un giorno queste forze schiacceranno il nemico. Occorre che la Francia quel giorno sia presente alla vittoria. Allora ritroverà la sua libertà e la sua grandezza… Vive la France! Generale Charles de Gaulle, giugno 1940.

Ho scattato io questa foto ad una targa che si trova affissa fuori la prefettura di Strasburgo, ieri, poco dopo la fine della conferenza stampa trilateral, altro termine che rimanda ad anni lontani, di Sarkozy, Monti e Merkel. Mi è sembrato un’immagine fatale, di quelle che gettano sul presente la luce della storia.
Avevo appena assistito all’umiliazione e alla rabbia malamente dissimulata dell’ultima replica in sedicesimo del generale De Gaulle, il mini presidente Nicolas Sarkozy, costretto a cedere su tutto per salvare la sua nota di credito a tripla A ad una Germania non disposta a cedere su niente. Dalla Merkel sono arrivati solo dei no a tutte le misure che potrebbero spegnere l’incendio sui mercati, a fronte di questo niente, le divisioni della Bundesbank hanno ottenuto l’impegno della Francia e dell’Italia ad una ambiziosa riscrittura dei trattati che  daranno alle istituzioni europee capacità intrusive mai viste nella politica economica dei paesi membri e poteri sanzionatori per chi minaccia di mettere a repentaglio la solidità della moneta comune.
È la visione tedesca dell’Europa che trionfa, per la quale il pareggio di bilancio  è garanzia di tutto il resto, è scritto nella costituzione, è il baluardo dei ceti deboli contro l’inflazione, la garanzia che i leader della politica e dell’economia non metteranno a repentaglio il futuro, è l’etica protestante scritta nella lingua dei numeri. È anche in parte, per le stesse ragioni, consonante con le convinzioni di una parte dell’élite del nostro paese, certamente lo è di Mario Monti, non del tutto sicuro che le regole tedesche facciano bene all’Europa ma del tutto convinto che il vincolo europeo faccia bene all’Italia, unica condizione per superare la sclerosi di un paese tanto ingovernabile da essere divenuto immobile.
Certo, però, non è questa la visione che dell’Europa hanno i Francesi. Per i quali l’Unione significa innanzitutto protezione da una mondializzazione che fa paura e garanzia che un complesso di conquiste sociali e civili resisterà alla prova del tempo.  Per l’élite francese poi, l’Europa è proiezione di potenza, veicolo della grandeur.
Ed invece la Francia deve assecondare le esitazioni, i tentennamenti, il grigiore, la grettezza dimostrata da Angela Merkel di fronte ad una svolta della nostra storia che potrebbe finire in un disastro. Mi tornata in mente la famosa scena in cui l’anziano De Gaulle sbotta esasperato contro la burocrazia comunitaria: ah l’Europe! L’ho immaginato prendere Sarkozy per le orecchie e sbatterlo fuori dall’Eliseo.
“La mia politica economica consiste nel far diventare la Francia sempre piú simile alla Germania”, si giustifica Sarko, e l’ombra di De Gaulle, sussurra tra se: vasto programma!e poi preferisce sparire tra le nebbie della storia. In attesa di una occasione migliore e di uomini migliori.

Ma il discorso ai francesi del 1940 è attualissimo anche su di un altro piano. Anche nell’ora piú oscura, dopo la sconfitta di Dunkerque, De Gaulle sapeva che la guerra sarebbe stata infine decisa dalla enorme potenza degli Stati Uniti d’America, che il mondo era ben piú vasto degli orizzonti che Hitler, Mussolini erano capaci di vedere.  Gli stati uniti di allora, peró erano una superpotenza in erba, ancora riluttante ad assumere un ruolo globale, ad assumersi responsabilità e rischi che non fossero strettamente legati all’intesse nazionale. Ci volle Pearl Harbour per scatenare il drago. Capace non solo di vince la guerra ma anche poi di ricostruire l’intera Europa, di mette fine al colonialismo, creare il sistema della nazioni unite e le istituzioni di Bretton woods, di suscitare la potente trasformazione epocale che va sotto il nome di globalizzazione dei mercati.

Oggi la potenza riluttante è la Germania. La visione che ha non manca di grandezza. Trasformare l’intera Unione monetaria in uno spazio di stabilità, rigore, efficenza, etica, benessere. Per far questo ci vuole altro che assegnare a ciascuno dei compiti a casa. Bisogna innanzitutto mostrare che l’Unione è in grado di proteggere tutti noi dall’assalto dei mercati. Altrimenti finirá con un disastro.

Commentando la riluttanza dell’America ad impegnarsi nel conflitto Winston Churchill disse: si puó star certi che l’America farà la cosa giusta, quando avrà esaurito tutte le altre opzioni. Temo che valga anche per la Merkel. Speriamo di evitare Pearl harbour.

Luca Gaballo - Redazione Esteri, Rainews 24
l.gaballo@rai.it

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