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Articolo 21 - Editoriali
Lo strano caso della Rai che non vuole diritti
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di Roberto Zaccaria

Che la Rai sia rimasta fuori dallâ??acquisto dei diritti calcio per il digitale terrestre può sorprendere, ma solo in parte. In effetti questa situazione è una precisa e diretta conseguenza della politica attuale della Rai e della â??confezioneâ? della legge Gasparri. Si potrebbe dire che è un «combinato disposto» delle due cose insieme.
Cominciamo dal primo aspetto e dallâ??attualità di questi giorni che poi sono i campionati europei di calcio. La Rai, come è noto, sta trasmettendo, nonostante lâ??eliminazione dellâ??Italia, tutte le partite dei campionati europei con un enorme successo di pubblico. I diritti per questi campionati, cosi come quelli relativi ai mondiali di Corea del 2002 e ai prossimi mondiali di Germania del 2006 sono stati acquistati ai tempi nostri. Se non l'avessimo fatto oggi probabilmente sarebbe Mediaset a trasmetterli.
Siamo stati accusati di aver speso troppo. Abbiamo speso circa 70 milioni di euro, lira più, lira meno di quello che spendono i grandi servizi pubblici europei (Francia, Inghilterra e Spagna) e decisamente meno della Germania (pure loro spiacevolmente eliminate dalla fase finale dei giochi, ma non disposte a rimpiangere lâ??acquisto dei diritti di trasmissione). Gli ascolti delle partite, anche senza lâ??Italia, sono stati altissimi (11-12 milioni di spettatori) con un altrettanto forte ritorno pubblicitario. Quindi più della metà della spesa (circa 40 milioni di euro) sarà coperta dalla pubblicità. Uno schema che potremmo definire fisiologico per una televisione pubblica, come la Rai che percepisce il 55 per cento dei suoi introiti dal canone e il 45 per cento dalla pubblicità. Credo che questo tipo di programmi sportivi rientrino senza dubbio in unâ??offerta di servizio pubblico, rivolta gratuitamente al grande pubblico.
Ma la Rai di oggi trincerandosi dietro agli alti costi della programmazione (sic!) si accinge ad uscire da questo mercato che finirà inevitabilmente nelle mani dellâ??azienda del presidente del Consiglio.
Un sintomo preciso è stata la clamorosa uscita dal sistema di acquisto dellâ??Eurovisione finalizzato alle prossime Olimpiadi del 2010 (Vancouver)e del 2012. Il nostro Consiglio aveva già acquistato con il Consorzio delle televisioni pubbliche europee e con il Cio i diritti per le Olimpiadi invernali di Torino (2006) e per quelle estive di Atene, questâ??anno, e di Pechino del 2008. (Provate a pensare a quello che sarebbe successo se la Rai non avesse acquistato le Olimpiadi di Torino?). La comunità delle televisioni pubbliche europee aveva proposto agli stati membri un aumento di spesa del 20% per le future Olimpiadi. La Rai ha proposto di abbassare la propria quota del 30% ed è stata messa fuori dal contesto europeo dei servizi pubblici.
Un fatto senza precedenti. Tra non molto si andrà anche qui ad unâ??asta con Mediaset. Anche questa è una novità.
Certo che conta la politica di bilancio, ma poi bisognerebbe dimostrare che queste economie si fanno anche per il varietà, per lâ??intrattenimento e per i â??realityâ? che sono programmi assai meno vicini alla logica di servizio pubblico e ai quali attualmente si fa ricorso più che in passato.
Il vero è che questi grandi eventi sportivi, come è già avvenuto con il calcio del campionato, una volta acquistati da Mediaset, verranno in parte sottratti al grande pubblico per farli diventare eventi degli â??affari televisiviâ? ed imbottiti di pubblicità per distribuirli in vario modo non solo in televisione, ma su tutte le piattaforme collegate, compresi i telefonini di nuova generazione.
Ã? lecito domandarsi se sia giusto somministrare in questo modo una programmazione popolare che il servizio pubblico aveva offerto gratuitamente al grande pubblico.
A questo punto si apre il capitolo della legge Gasparri e del digitale terrestre. Come è noto la legge sulla televisione predisposta dal governo Berlusconi ha caricato sulle spalle della Rai i principali costi di investimento relativi alla realizzazione del digitale terrestre in Italia. In altre parole ha caricato sulle spalle del servizio pubblico i costi enormi delle infrastrutture o delle autostrade digitali ed ha lasciato quindi maggiori disponibilità alla televisione del presidente del Consiglio per acquistare i prodotti da far transitare sulle nuove autostrade. Non câ??è male come operazioni complessiva. A chi vadano gli utili e chi le perdite non è difficile da valutare.
Oggi alla Rai si dichiara che la legge impedisce al servizio pubblico di fare televisione a pagamento e quindi non si potevano acquistare i diritti del calcio delle grandi squadre, ma si dimentica che con la consociata RaiSat, ai nostri tempi, la Rai, aveva messo in piedi ben cinque canali satellitari gratuiti (RaiNews24, Rai Educational 1 e 2, RAI Sport Satellite e RAI Mediterraneo) e ben sette canali a pagamento con TelePiù (Cinema, Album, Art, Show, Gambero Rosso, Ragazzi e Fiction). La legge Gasparri impone solo la separazione contabile e in alcuni casi quella societaria, ma non ha colpe da questo punto di vista.
La colpa assai grave è quella del Ministro che dopo aver bloccato la vendita di RaiWay (per un valore di 400 miloni di euro) alla società americana Crown Castle (così come aveva già fatto la Bbc qualche anno prima) ha costretto con la â??sua leggeâ? la RAI a â??svenarsiâ? per costruire le autostrade digitali sulle quali viaggerà Mediaset, con buona pace per gli utenti del servizio pubblico. I conti tornano o no?

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