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Appello alle giornaliste: a partire dal 13 sosteniamo una corretta informazione sulle donne
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di Nella Condorelli*

Appello alle giornaliste: a partire dal 13 sosteniamo una corretta informazione sulle donne

Il magazine Women in the city ha aderito alla manifestazione delle donne del 13 febbraio, “ Se non ora quando”, e condivide pienamente le parole d’ordine che le promotrici hanno lanciato alle donne italiane, alle associazioni, ai gruppi, alle reti, a quante, – e siamo in tante -, da tempo vivono con profondo disagio imbarazzo il modo con cui il “femminile” viene considerato e pubblicamente trattato dal presidente del Consiglio dei Ministri on. Silvio Berlusconi, oggi al centro di insostenibili scandali sessuali, e del tutto indifferente alle responsabilità ed i comportamenti etici cui lo obbligano l’alta istituzione che rappresenta. 

Con altrettanto disagio, non inferiore alla rabbia, siamo costrette a subire quotidianamente la rappresentazione deformata dell’immagine femminile che la tv pubblica e privata che egli controlla, con poche eccezioni, proietta nelle nostre case, imponendo nei fatti la sua visione delle donne, stereotipata, a senso unico, e rivestita di nulla. 
Questa tv non solo ignora pervicacemente la ricchezza e pluralità dei contributi che le donne italiane danno alla società tutta ma – fatto altrettanto grave - occulta l’assenza totale di politiche di genere del governo Berlusconi, tace sui numeri reali e tragici della nuova discriminazione delle italiane nel lavoro, nella famiglia e nello spazio pubblico, come invece documentato progressivamente da ricerche e statistiche nazionali ed internazionali, e dalla stessa continua denuncia di molte donne.
Come lo stillicidio della goccia sul masso, - il nostro magazine lo denuncia d tempo -, erode da venti anni, ogni giorno di più e senza sosta, la nostra immagine pubblica,  ci allontana dall’Europa e dall’Occidente,   impedisce una vera presa di coscienza delle questioni reali che toccano quotidianamente milioni e milioni di italiane. Confinandoci in una condizione di disuguaglianza opaca che lede profondamente la stessa Costituzione: i diritti di uguaglianza che sancisce e le norme che attribuiscono allo Stato il compito di rimuovere tutti gli ostacoli frapposti al suo raggiungimento.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ogni giorno, lì, sui teleschermi popolati di assassine e di stuprate. E' lì che si consuma la nuova fragilità delle italiane nella società del patriarca mediatico.
Bisogna che il mondo dell’informazione ci rifletta seriamente, una volta per tutte: la censura della realtà femminile in tv è più che un “affare di donne”, e persino più di un affare tra le donne e Silvio Berlusconi. Proiettandosi infatti dal piccolo schermo direttamente sulla formazione dell’identità di bambini e bambine, ragazze e ragazzi, sta condizionando l’intero immaginario sociale  a venire. Spingendo in avanti violenze compresse. Le “eccellenze”femminili? Rimangono per l’appunto solo eccellenze, eccezioni, eroine solitarie che non fanno scuola. Ce lo dicono gli e le esperte. Una bella responsabilità.   
Per questo, ci appelliamo alle giornaliste che lavorano nei sistemi televisivi, nella tv pubblica innanzitutto per il suo primato d’informazione al servizio dei cittadini, e in quella privata, dalle grandi alle locali, chiedendo a tutte di dire Basta!, di sostenere  una corretta informazione sulle donne, a partire dalla protesta del prossimo 13 febbraio, di partecipare alle manifestazioni previste in numerose città italiane. Con l’orgoglio di una professione che tanto amiamo, questa volta dalla parte della notizia “donna”.  
Abbiamo il diritto, e anche il dovere, come giornaliste e come donne, di pretendere una riflessione seria e approfondita sul linguaggio della rappresentazione femminile in tv,  di chiedere che il soggetto “donna” esca dalle brume dell’invisibilità mediatica antistorica, di esigere che - come avviene in altri paesi occidentali - ci venga data la possibilità di informare e fare approfondimento sulle questioni che riguardano il femminile nella società, di reclamare che nei salotti e nei talk show televisivi venga dato spazio al punto di vista della società civile femminile impegnata sul territorio.

Insomma, di mandare in soffitta i vecchi stereotipi rivestiti del nuovo nulla così cari al nostro presidente del Consiglio.   

*direttore Women in the city


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