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La prima Giornata in Italia sugli stati vegetativi, tra polemiche politiche e dibattiti bioetici: la testimonianza di Maria Vaccari
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di Roberta Gisotti

La prima Giornata in Italia sugli stati vegetativi, tra polemiche politiche e dibattiti bioetici: la testimonianza di Maria Vaccari

Si è celebrata ieri in Italia la prima Giornata sugli stati vegetativi, a due anni dalla morte di Eluana Englaro, la giovane donna rimasta in coma per 17 anni, morta il 9 febbraio 2009, a seguito dell’interruzione dei trattamenti di idratazione e nutrizione artificiale, dopo aspre polemiche, riaccesesi alla vigilia di questa ricorrenza, decisa dal governo in carica. Si stima siano 2.500 le persone che in Italia vivono in stato vegetativo. Una realtà che, al di là delle divergenze bioetiche e delle diatribe politiche, interroga la coscienza di tutti, ed interpella le istituzioni pubbliche e private e le associazioni che operano in campo socio-sanitario, su come fare fronte alle dovute cure mediche ed assistenza di ogni tipo a questi particolari pazienti e alle loro famiglie. La testimonianza di Maria Vaccari presidente dell’associazione “Gli amici di Luca” intitolata a suo figlio scomparso 13 anni fa dopo 11 mesi di coma, che ha dato poi vita alla “Casa dei risvegli Luca De Nigris”.

Signora Vaccari, al di là delle polemiche, questa giornata può aiutare ad accendere una luce in un mondo di sofferenza che perlopiù viene rimosso?
Credo che questa Giornata del 9 febbraio debba essere proprio un momento in cui dare voce a tantissime situazioni che, in maniera silente e talvolta, forse, anche di abbandono, si vivono quotidianamente in tutto il panorama italiano. Pensi che la nostra associazione - attraverso un servizio che si chiama “Servizio Coma Aiuto” - ha avuto contatto in questi anni con oltre 1.300 famiglie, che ci hanno cercato per avere informazioni su situazioni di coma ed esiti di coma. Oggi ritengo che il gesto più importante sia quello di non nascondersi dietro ad una superficiale esorcizzazione di questo tipo di problema ma piuttosto creare una presa di coscienza sia a livello di istituzioni sia a livello di pubblica opinione. E’ in questo che credo molto: che la pubblica opinione debba costruirsi su questi ragionamenti, che riguardano la vita messa alla prova, una grande prova di sofferenza, ma che è comunque una vita che bisogna mettere in gioco.

A che punto siamo nella collaborazione tra strutture pubbliche e private per assistere i pazienti e sostenere le loro famiglie che, come lei ha detto, spesso sono lasciate sole?
Devo dire che noi, come associazione - che a Bologna ha fatto un percorso di 13 anni di affiancamento e convenzione con la struttura sanitaria pubblica per fare in modo che un’associazione di volontariato, come appunto la nostra, portasse avanti un progetto innovativo, la “Casa dei risvegli Luca De Nigris” - abbiamo sempre creduto molto in questo: che la Sanità pubblica, il Servizio sanitario nazionale potesse far proprio un piano di miglioramento di tutto il sistema di trattamento del grave trauma cranico, che porta poi al coma.

Sicuramente c’è bisogno di maggiori fondi per questo settore della sanità, ma forse per avere questi fondi, c’è anche bisogno, come diceva lei, di formare una pubblica opinione…
Noi siamo certamente un’esperienza - come associazione di volontariato - che ha fondato tutta la sua attività sul supporto di una solidarietà nata dal basso, dalla gente. Gente che continua attraverso contributi a sostenere i progetti che lanciamo, a favorire tutto il percorso innovativo che abbiamo fatto. Crediamo quindi fortemente che una maggior consapevolezza nell’opinione pubblica possa aiutare – non sostituire – quella che deve essere una maggiore efficienza da parte del Servizio sanitario pubblico. Pensiamo però anche che questo coinvolgimento dell’opinione pubblica possa aiutare a favorire nuovi percorsi, o almeno a prolungare i percorsi che sono già attivi, attraverso varie associazioni in Italia. Devo dire che questo è un panorama molto positivo.

Sul piano scientifico a che punto è la ricerca sul coma e sui risvegli?
Sul piano scientifico abbiamo portato avanti, ad esempio, vari percorsi di ricerca, per quanto riguarda il trattamento della fase del risveglio, il rapporto sonno-veglia, le stimolazioni attraverso la luce. Adesso ci sarà anche un nuovo percorso di trattamento, attraverso uno stimolatore cerebrale, per vedere appunto che tipo di risultati ci sono rispetto a questi trattamenti. La cosa buona è che c’è un grande interesse da parte degli studiosi, dei neurologi, dei ricercatori, a studiare qual è, in effetti, la situazione cerebrale delle persone che sono definite in stato "vegetativo". Mai come adesso si sente dire che forse questo termine è da cancellare. Dobbiamo continuare a studiarli per vedere se quella che apparentemente sembra una completa mancanza di coscienza in effetti, poi, attraverso strumentazioni molto sofisticate, possa dimostrarsi un’attività cerebrale, anche se minima, che indica una coscienza.

Possiamo dire che questa Giornata un risultato, comunque, lo sta portando, quello appunto di parlare di questo tema?
Credo proprio che questo 9 febbraio, che due anni fa si è legato ad un altro evento, porti adesso dei frutti come lo è stato con mio figlio Luca, con la sua morte causata da un errore medico, perché fu un errore medico che portò Luca in coma. Sono storie di giovani vite che hanno però portato frutto in un’umanità che deve capire come talvolta, anche dietro a facciate di grande dolore, di strazio e di sconfitta, in effetti poi c’è una vittoria non tanto della persona singola o dei genitori – non possiamo pensare che ognuno di noi, da solo ce la faccia – ma sono vittorie ottenute insieme. Insieme si possono riuscire a fare dei percorsi che sono anche di vita e di grande supporto vitale per tante persone che vivono queste situazioni di grave compromissione.

(Intervista tratta da Radio Vaticana 9/2/2011)


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