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Articolo 21 - Editoriali
Chi tocca paga
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di di Alfiero Grandi*

Mai parlare dei soldi evasi al fisco dallâ??azienda. Sono pronte querele per tutti, anche per i parlamentari

 

Il decreto-legge â??salva Rete4â? è stato approvato solo grazie al ricorso al voto di fiducia, che ha messo in riga la maggioranza di centrodestra, nella quale, peraltro, ci sono non pochi problemi. La Cdl, approvando il provvedimento, si è consegnata ancora di più nelle mani del Presidente del Consiglio, vero e proprio padrone del governo e della sua coalizione. Le leggi sulle quali il Parlamento si è impegnato di più sono quelle che lo hanno riguardato, innanzitutto per salvarlo nei processi e per garantire il suo patrimonio. Dellâ??Italia, dei suoi problemi e delle sue difficoltà non ci si occupa veramente e il bello è che Berlusconi pensa seriamente di convincere chi non trova lavoro, chi non riesce ad arrivare alla fine del mese, chi non riesce a trovare uno sbocco per i suoi prodotti in Italia e allâ??estero, chi è preoccupato per il futuro della scuola e dellâ??università, che la situazione reale non è quella che tutti toccano con mano, ma è diversa, è quella che lui ha deciso che deve essere, ovviamente quella mediatica. Del resto, a questo servono televisioni e mezzi di informazione. Ã? in tale quadro che Berlusconi ha fatto unâ??ulteriore e per di più gravissima affermazione, nella quale, immedesimandosi e calandosi nelle vesti degli evasori fiscali, ha detto di sentirsi moralmente autorizzato, per quanto possibile, ad evadere.

Non capisco quindi la meraviglia di alcuni nei confronti delle dichiarazioni fatte dal presidente del Consiglio in materia di evasione fiscale: Berlusconi è proprietario di unâ??azienda, Mediaset, che ha frodato il fisco, tanto da essere esposta alle contestazioni del ministero dellâ??Economia e delle finanze per più di 250 miliardi delle vecchie lire (mi scuso, ma non câ??era ancora lâ??euro quando questo è accaduto). Quando ho detto ciò in Parlamento, Mediaset mi ha querelato e ha fatto una richiesta di danni enorme, alle quali ho risposto con successive interrogazioni. La controprova è che Mediaset ha chiesto il condono e ha risparmiato un sacco di soldi. Va ricordato che lo ha fatto dopo la dichiarazione di Berlusconi, alla fine dellâ??anno scorso, dopo lâ??approvazione della legge che ha previsto il condono, che affermava che Mediaset non avrebbe chiesto condoni fiscali perché non ne aveva bisogno.

Se questo governo, che ha favorito in ogni modo gli evasori, ha nel presidente del Consiglio il profeta di tale politica, mentre Tremonti ne è lâ??inventore, nessuno può meravigliarsi che questa sia la situazione. Ora Mediaset annuncia una nuova querela nei miei confronti per dichiarazioni peraltro più volte ripetute e documentate nellâ??aula di Montecitorio. Il senso è chiaro: chi tocca i fili della proprietà resta fulminato dal potenziale di fuoco di denunce ed iniziative legali.

In una interrogazione del 15 ottobre 2001 ho ricordato che lâ??Agenzia delle entrate aveva contestato a Mediaset il mancato pagamento di 240 miliardi di vecchie lire. Ho poi affermato, in sede di replica alla risposta del governo, che si trattava di operazioni di «evasione fiscale», aggravate dal fatto che aleggiava un evidente conflitto di interessi tra il ruolo di proprietario dellâ??azienda e quello di presidente del Consiglio, che dovrebbe rappresentare lâ??interesse collettivo e la pubblica amministrazione. Dopo questa interrogazione è arrivata la prima nota querela di Mediaset.

Tuttavia, ho riproposto il problema il 7 marzo 2002, con una interrogazione nella quale ho precisato che i cosiddetti investimenti di Mediaset ammontavano a circa 1000 miliardi, e che lâ??acquisto era avvenuto tramite società off shore del gruppo e che risultava confermata la cifra di 242 miliardi di tasse non pagate.

Tutto ciò è confermato da una indagine della Guardia di finanza, che sembra avere stabilito per le società off shore un vero e proprio ruolo di interposizione fittizia. Non è quindi vero che dalle indagini non sia mai emerso nulla, che si è voluto indagare senza mai trovare nulla, come è stato detto con un evidente sforzo di vittimismo. Anche in questa occasione ho parlato, nella mia interrogazione, di illecito fiscale con eventuali risvolti penali e di frode fiscale, in sede di illustrazione della stessa. Aggiungo che, il 14 marzo 2002, il ministro Giovanardi ha affermato in Assemblea che lâ??autorità giudiziaria non aveva concesso il nulla osta alla Guardia di finanza per comunicare lâ??esito dellâ??operazione di polizia giudiziaria in corso, ammettendo con ciò ufficialmente che una indagine della magistratura era in corso su Mediaset.

Infine, lâ??11 giugno 2003 ho messo in luce il conflitto di interessi creato dal sommarsi nella stessa persona del ruolo di presidente del Consiglio e di proprietario di Mediaset, attraverso Fininvest, ricordando che lâ??evasione fiscale di Mediaset risultava «sanata» con 35 milioni di euro, a fronte di 197 miliardi di vecchie lire dovuti, cioè circa un terzo del possibile esborso. Restava a quella data una pendenza Mediaset non condonata di 61 miliardi di lire, probabilmente perché nel frattempo era diventata troppo costosa.

Il conflitto di interessi è più che mai presente. Del resto la blanda normativa prevista nella proposta di Frattini è stata accantonata al Senato, malgrado rimuova il conflitto e lasci bene in vista gli interessi. Il disegno di legge Frattini è stato accantonato perché il voto di fiducia, su quel provvedimento, non sarebbe stato comunque possibile. Purtroppo, la strenua difesa degli interessi proprietari del presidente del Consiglio è uno strappo istituzionale, ma è anche un colpo al pluralismo nellâ??informazione e nelle televisioni, e questo non è accettabile.

Aggiungo una battuta paradossale, con lo stesso «garbo istituzionale» con cui il presidente del Consiglio ha parlato di quelli che hanno dedicato la loro vita a ciò in cui credono, cioè allâ??impegno politico. Come è noto, il presidente del Consiglio ama le barzellette, ma forse non conosce la nuova battuta che circola e che dice: lâ??unico vero errore di Tanzi è stato quello di non aver fondato Forzalat.


*parlamentare Ds, vicepresidente

della commissione Finanze della Camera.

Quello che pubblichiamo è un ampio

stralcio del suo intervento

a Montecitorio durante

il dibattito sul decreto  â??Salva Rete4â?

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