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Semi di pace: Israele- Palestina, un dialogo ancora possibile
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di Bruna Iacopino

Semi di pace: Israele- Palestina, un dialogo ancora possibile

“Stiamo morendo, abbiamo bisogno anche della vostra voce per far sapere al mondo quello che accade”. È un appello accorato quello che è stato lanciato oggi da Seham, palestinese, uno dei membri della delegazione di israeliani e palestinesi giunta in Italia per la XIII edizione di Semi di Pace, l’iniziativa promossa dalla rivista Confronti e dalla Tavola Valdese e presentata oggi nel corso della conferenza stampa tenutasi alla Camera dei deputati. In una fase di stallo ormai assoluto per il processo di pace tra i due paesi, l’ottimismo è certo il seme più difficile da far attecchire, ma la testimonianza di uomini e donne, alcuni dei quali fanno parte dell’associazione Parents circle, offre un po’ di speranza. Ci mettono la faccia e l’impegno giorno dopo giorno, nei luoghi in cui vivono per promuovere una pace da cui non si sentono estranei, quanto invece si sentono estranei, quasi dei burattini, all’interno di un conflitto che sembra non avere soluzioni. Un impegno che richiede tempo e costanza. “La storia si può cambiare e può cambiarla anche un uomo solo” sostiene con forza il regista e attore Mohammed Bakri sotto processo in Israele per aver voluto dare voce ai palestinesi che vivono nei territori occupati con il suo “Jenin, Jenin”. E la contraddizione diventa palpabile: “ Con il mio lavoro ho dato voce ai curdi massacrati da Saddam, al genocidio armeno per opera della Turchia, agli ebrei… eppure nessuno dei governi chiamati in causa mi ha querelato, in Israele questo è successo!”.
Accanto alle loro si uniscono altre voci, di attivisti, medici, musicisti, docenti universitari, tutti impegnati in un percorso di auto-liberazione dal conflitto e di trasmissione di una diversa via: la possibilità di vedere e conoscere l’altro che passa anche attraverso la conoscenza della sua cultura. Nascono così progetti paralleli che portano verso un dialogo irrinunciabile. Un festival di cinema itinerante che mostra film israeliani a spettatori palestinesi e viceversa, come quello presentato da Asher Salah, israeliano critico e  docente di storia del cinema o come lo scambio “musicale” sperimentato in Svezia da Nimrod Ginzberg, musicista israeliano, che racconta di amicizie strettissime nate nel giro di pochi giorni tra ragazzi ebrei e palestinesi con l’ausilio, appunto, della musica. E se nel giro di pochi giorni le barriere possono essere abbattute perché non ipotizzare che in un lasso di tempo più ampio non lo possano essere per molte più persone?
E la speranza trapela anche dalle parole di Mustafa Qossoqsi psicoterapeuta palestinese, che vive a Gerusalemme e da anni porta avanti con ragazzi israeliani e palestinesi il progetto “Fiori di pace”. Le barriere vanno abbattute proprio a partire da loro, le fasce più sensibili le future generazioni…. Frutti? Forse pochi, ma si vedono; come quando, racconta Mustafa, durante l’operazione piombo fuso i ragazzi israeliani e palestinesi, che avevano avuto modo di solidarizzare in precedenza, hanno continuato a parlare e a mantenere contatti strettissimi attraverso l’ausilio dei social network.

 


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