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Libertà di espressione: l'Egitto parte col piede sbagliato
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di Bruna Iacopino

Libertà di espressione: l'Egitto parte col piede sbagliato Come procede la transizione democratica in Egitto? Stando alle notizie circolate in questi giorni e alle condanne che piovono dalle varie organizzazioni internazionali che si battono per la libertà di espressione e la difesa dei diritti umani, non proprio per il meglio. Il caso del giovane blogger arrestato e condannato a tre anni di prigione, infatti, appare come un clamoroso autogol.
La vicenda, ormai ben nota anche ai media nostrani, è quella di Maikel Nabil Sanad, arrestato il 28 marzo per aver pubblicato sul suo blog un post di accusa nei confronti dell'esercito, che guida il paese dalla caduta di Mubarak. Nel post incriminato il giovane sosteneva infatti il coinvolgimento delle forze armate negli arresti e nelle successive torture in carcere comminate a molti manifestanti scesi in piazza il 25 gennaio.
Da qui la condanna a suo carico a tre anni di carcere, comminata da un tribunale militare, con l'accusa di ''insulto all'istituzione militare e pubblicazione di notizie false” e di ''disturbo alla pubblica sicurezza”.
Condanna che ha suscitato sdegno e notevole preoccupazione non solo nel paese ma anche presso numerose  organizzazioni internazionali.
Parole dure sono quelle espresse oggi da Reporters sans frontieres attraverso il segretario generale Jean-François Julliard: “ "I metodi utilizzati dalle autorità militari egiziane non sembrano aver subito delle evoluzioni dopo la caduta di Mubarak. Il procedimento per cui un civile viene giudicato da un tribunale militare non può essere proprio di una società democratica, quella a cui l'Egitto aspira. Le circostanze dell'arresto, della detenzione, nonché lo svolgimento stesso del processo testimoniano la totale assenza di considerazione, da parte dell'esercito, dei principi più elementari del diritto internazionale".
Per questo RsF chiede alle autorità militari egiziane di rivedere la sentenza e rilasciare il giovane blogger al fine di mantenere l'impegno del rispetto per la giustizia sociale che era stato promesso dal primo ministro Essam Sharaf, il 30 marzo scorso.
Appello analogo è quello diramato da HRW che in riferimento alla condanna di Nabil sostiene : “... potrebbe essere il peggior colpo contro la libertà di espressione in Egitto da quando il governo Mubarak imprigionò il primo blogger per 4 anni nel 2007.″
Tuttavia, stando a quanto sostiene l’associazione internazionale per la libertà di stampa ISF ( Information Safety and Freedom ), l'arresto di Nabil rappresenterebbe soltanto la punta dell'iceberg rispetto al permanere di un clima autoritario nel paese: “Da tempo la televisione di Stato- spiega infatti l'associazione - ha avviato una campagna di disinformazione e denigrazione dei manifestanti. Ogni giorno si parla di rivoltosi pagati 50mila dollari a testa per protestare, istruiti in istituzioni spionistiche americane ( come la Freedom House ), ecc”.
Segnali dunque, non solo poco incoraggiamenti ma che gettano ombre scure su una evoluzione positiva per la cosiddetta “primavera araba”... e che non può lasciare indifferenti gli organismi internazionali che hanno seguito con apprensione e speranza le rivolte di questi mesi.
L'esecutivo della ISF fa dunque appello a alle organizzazioni internazionali, in questo caso dei giornalisti “ ...perché si mobilitino a tutela dei colleghi dei Paesi dell’area del Mediterraneo dove sono in atto movimenti democratici.”
“Non ci sarà vera democrazia senza libertà di espressione e di stampa”.Sostengono.

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