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Articolo 21 - CULTURA
Mafie, il dialogo tra Italia e Germania passa dalla cultura
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di Gaetano Liardo*

Mafie, il dialogo tra Italia e Germania passa dalla cultura

Italia e Germania a confronto. Il tema? Conoscere e contrastare la criminalità organizzata. Un ciclo di dibattiti di approfondimento organizzati dal Goethe Institut di Roma in collaborazione con l'associazione antimafia Libera. Un'iniziativa di grande interesse perchè vede protagonista il centro culturale tedesco e l'associazionismo antimafia italiano. Un confronto tra giornalisti, investigatori, politici, artisti dei due paesi, con un grande spazio alla cultura. Tutti gli incontri saranno aperti da spettacoli teatrali, gestiti in collaborazione con Da Sud, offrendo la scena all'esperienza delle nuove compagnie teatrali calabresi. Perchè e da dove nasce questa idea? Ne parliamo con Kaspar Howald, direttore dei programmi culturali del Goethe Institut e con Uwe Reissig, direttore del centro.

«L'idea – racconta Howald - è nata incontrando Alberto Spampinato (direttore di Ossigeno per l'informazione) che ci ha proposto di tradurre il rapporto Ossigeno sui cronisti minacciati in Italia per dare un palco più ampio alle tematiche affrontate». Inoltre, a stimolare l'attenzione del Goethe Institut di Roma è stata la provocazione del direttore del museo di  Arte contemporanea di Casoria che ha chiesto alla Cancelliera tedesca Angela Merkel di adottare il suo museo. «Si dice – sottolinea Howald – che le mafie siano soltanto un problema criminale. Tuttavia è anche un problema culturale, non solo italiano ma sempre più europeo. Come istituto culturale tedesco – aggiunge – dobbiamo quindi intervenire». «Quello delle mafie è un fattore culturale – sottolinea il direttore del Goethe Insitut Uwe Reissig – L'illegalità è una forma di cambiamento culturale che prepara il terreno alla presenza del crimine organizzato. Quanto più è ampia l'illegalità, tanto più rappresenta una minaccia alla democrazia».

Concetti chiari che dimostrano come in Germania qualcosa è cambiato. Il fattore scatenante è stato la strage di Duisburg del ferragosto del 2007. Fu quella la miccia che ha fatto finalmente prendere coscienza alle autorità tedesche della minaccia delle organizzazioni criminali. Le forze di polizia italiane e tedesche hanno iniziato a collaborare più attivamente. La Bundeskriminalamt, l'Ufficio criminale federale tedesco, stima che in Germania ci sarebbero circa 900 persone affiliate alla ‘ndrangheta e 229 famiglie attive. Inoltre, dalla riunificazione i clan avrebbero investito 90 milioni, nei settori alberghieri, edile, immobiliare e terriero. Tuttavia, le mafie in Germania sono attive da molti decenni. Hanno preparato il terreno per rendere stabile l'infiltrazione, radicandosi. «Le mafie in Germania non sono come in Italia – spiega Howald – perchè si rendono invisibili. Le mafie ci sono, ma non hanno intenzione di farsi vedere». Una tattica funzionale per insinuarsi nel mondo imprenditoriale e finanziario tedesco. «Le mafie già dagli anni '60 sono presenti in Germania – sottolinea Reissig – con il crollo del Muro di Berlino c'è stata una nuova ondata. La gente vuole credere che siamo una cuccagna (un'isola felice) senza prendere coscienza che l'infiltrazione mafiosa è presente fino nelle municipalità».

Poecunia non olet, il denaro non puzza, è stata l'accusa spesso rivolta ai tedeschi nei confronti delle mafie. E' ancora così? «A marzo – ci dice Kaspar Howald – c'è stata un'importante azione della polizia italiana e tedesca (Crimine 2). Le due forze di polizia lavorano meglio insieme. Dopo Duisburg è nato il movimento “mafia nein danke!”, espressione della società civile tedesca. Inoltre – aggiunge – c'è attenzione a questa problematica. In questi giorni c'è la mostra fotografica di Letizia Battaglia ad Amburgo, una mostra a Berlino dove è presente il museo di Casoria. C'è un interesse forte su diversi livelli». Tuttavia il percorso non è semplice. «Parlare di mafia in Germania – sottolinea il direttore Reissig – sembra quasi una finzione, non un fatto. Il mafioso nell'immaginario collettivo è quasi mistificato. Si ha un'idea di mafia che è quasi positiva, una sorta di identificazione. Non viene presa sul serio, non pensando, quindi, che il fenomeno mafioso è una minaccia permanente, subdola per i tedeschi abituati a strutture rigide e funzionali». Una sorta di autostima che i tedeschi hanno, quindi, che fa pensare loro che le organizzazioni criminali non possono arrivare in un paese dinamico e funzionale come la Germania. Un atteggiamento mentale che, tuttavia, ha portato a sottovalutare un problema non secondario.

«Le mafie – spiega Reissig – a livello internazionale hanno una valenza non solo criminale, ma anche finanziaria. Le mafie cambiano e anche l'immagine del mafioso sta cambiando. E' sempre più difficile far nascere una coscienza di questo cambiamento». Nasce da qui l'idea di un confronto prima di tutto culturale. Una mano tesa tra due paesi per studiare, capire e così contrastare il cancro delle mafie.

*da www.liberainformazione.org


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