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Articolo 21 - Editoriali
Colombani e il caso Marco Polo. Razzismo o sicurezza?
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di Massimiliano Melilli

dal Corriere del Veneto-Corriere della Sera

Dunque, Jean-Marie Colombani, direttore del mitico quotidiano Le Monde, ha scelto le colonne di Repubblica (e non una denuncia alla magistratura) per alzare il velo su una presunta storiaccia di razzismo che riguarda il figlio di colore, ogni volta che atterra allâ??aeroporto Marco Polo di Venezia con o senza i genitori. Cinque casi cinque di xenofobia patiti sulla pelle a causa di â??controlli eccessivi e di domande fastidioseâ?. Apriti cielo. Ministri, intellettuali e autorità dei due Paesi sono subito scesi in campo. Quattro anni dopo, siamo di fronte alla seconda finale degli Europei. Ma stavolta Italia-Francia non si gioca su un campo di calcio ma sul terreno della civiltà. Inutile dire che si tratta di uno scontro.
Ora, senza scomodare due padri sacri della Patria dellâ??uno e dellâ??altro schieramento - Sandro Pertini ammoniva che il â??razzismo in genere non riguarda i singoli piuttosto è un fenomeno di lunga durata che colpisce le comunitàâ? mentre Charles De Gaulle sosteneva: â??I francesi tendono immediatamente ad una critica esagerata non appena il pericolo è scongiuratoâ? - si può ragionevolmente dedurre che tale vicenda, comunque la si voglia interpretare, è destinata a risolversi in una bolla di sapone. Per due o tre motivi (forse anche più) che proverò a motivare, con serenità, poi che da 36 anni, in qualità di cittadino siciliano, non câ??è viaggio in Europa o nel resto del mondo, che non si apra e si chiuda con una quaresima di controlli, perquisizioni, battute e battutine a base di coppole, lupare e Totò Riina.

Primo. Dallâ??autorevole direttore di Le Monde, mi sarei aspettato una cronaca circostanziata. La stessa che ogni giorno Colombani chiede ai suoi redattori quando câ??è da scrivere un articolo: ovvero, spiegare al lettore chi, come, quando, dove e perché. Colombani risponde solo alle due ultime domande, dove e perché: a Venezia e a causa del colore della pelle del figlio. Quanto al fattaccio - il comportamento e le domande razziste formulate dagli addetti alla sicurezza (ma chi, poliziotti, carabinieri, finanzieri, addetti al controllo babaglio?) non una parola, una data, un presunto colpevole.

Secondo. Piuttosto che dibattere sulle ragioni della sicurezza - dopo lâ??11 settembre e dopo centinaia di attentati terroristici il concetto stesso di sicurezza oltre alla nostra vita, è cambiato radicalmente - forse sarebbe più utile riflettere sulla sicurezza della ragione. La dichiarazione più illuminante è di Massimo Cacciari, personaggio al di sopra di ogni sospetto ma controllato: â??Ormai allâ??aeroporto di Venezia i cani della Polizia annusano anche me. Gli agenti mi dicono buongiorno signor sindaco, poi mi fanno dare una passata dal cane antidrogaâ?.

Terzo. Fonti autorevoli hanno spiegato che il figlio del signor Colombani non è stato sottoposto ad un controllo antiterrorismo. Il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi, sostiene che si è trattato di una verifica effettuata dai suoi uomini e dal personale della Dogana. Accertamento questo, svolto non ad personam ma su chiunque: sono ispezionati i bagagli personali dei passeggeri, sottoposti undici volte su dieci anche ad una sfilza di domande: Da dove viene? Cosa trasporta? Ha qualcosa da dichiarare? Lâ??attesa è snervante ma quante volte è stato detto: meglio un controllo in più cheâ?¦Il resto lo sapete a memoria.
Quarto. Sarebbe bello - anche tra due o tre mesi - se qualcuno o qualcosa a livello ufficiale, (un ministro, unâ??inchiesta?) ci rivelasse la verità sullâ??episodio al Marco Polo. Meglio. Ci dicesse chi, quando, come e perché ha tenuto un comportamento razzista-xenofobo-discriminatorio nei confronti del figlio del direttore di Le Monde. Per un duplice motivo: per punire i responsabili e per far sì che da domani, anche il Signor Nessuno (bianco o di colore) non sia trattato allo stesso modo.

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