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Articolo 21 - Editoriali
Se 750mila Euro vi Sembran pochi - La Rai e lo stipendio di Cattaneo
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di Natalia Lombardo

da L'Unità

Il direttore generale della Rai, Flavio Cattaneo, ha un contratto per 600mila euro l’anno più 150mila euro di indennità per spese di rappresentanza e trasferte, ma non percepisce «quella parte variabile dello stipendio legata ai risultati di esercizio». Non ha, insomma, il «bonus» di produzione che avevano ottenuto i suoi predecessori, per dire Agostino Saccà. ? vero, e non ci interessa prendere le parti di altri ex dirigenti, ma un miliardo e mezzo di monete del «vecchio conio» non ci sembrano un minimo sindacale...  ? curiosa la precisazione dell’ufficio stampa Rai sull’articolo uscito ieri e che pubblichiamo all’interno. Al dg in carica 750mila euro: Saccà guadagnava 505mila euro, Cappon e Celli la metà.
Quando si parla di stipendi di manager anche di aziende pubbliche bisogna cambiare il metro di giudizio, è ovvio, dimenticare le proprie buste paga da impiegati che impallidiscono al confronto. La lettera della Rai non smentisce che il contratto di Cattaneo sia tale, ma precisa che di norma la retribuzione del Dg sia «nettamente superiore a quella del presidente», perché diversi sono i compiti di «gestione e operativi». Giusto, ma forse è un po’ poco equiparare il ruolo del presidente «a quelli di tutti gli altri consiglieri», nonostante abbia la «rappresentanza legale della società». ? vero che tutti i Dg sono assunti a tempo indeterminato (l’abbiamo omesso solo per problemi di spazio, così cone il bonus Saccà), ma è curioso che a colpire Cattaneo sia stato il raffronto con gli ex Dg Celli e Saccà, quest’ultimo avrebbe preso «solo duemila euro l’anno», secondo la Rai.
Ecco le cifre del contratto stipulato da Agostino Saccà con Rai Holding e approvato dal Cda di Baldassarre (prima che diventasse quello dei «giapponesi») nella seduta del 19 settembre 2002: «402.836 euro» di retribuzione globale annua lorda come «parte fissa», più una «parte variabile pari ad un massimo di 103.290 euro» per «il raggiungimento di obiettivi predeterminati», da sottoporre al Cda, si legge nel verbale. Il bonus, appunto.
Non una miseria neppure questo stipendio, sia chiaro, fanno sempre 505mila euro (circa un miliardo di lire), cento euro in meno rispetto a Cattaneo. Saccà abitava a Roma e faceva risparmiare la trasferta. Si era però cautelato: partiva da una retribuzione di 660 milioni annui lordi, i predecedenti Dg «Cappon 700 milioni, Celli 790»; non ha voluto essere da meno della «retribuzione dei collaboratori meglio remunerati: Mimun (700 milioni di lire lorde annue) e Iasi (650 milioni)» - l’ex vicedirettore generale finanziario messo dal Tesoro e liquidato quasi subito -. Lo stipendio dei Dg Rai è andato via via crescendo, ma si sa, l’inflazione signora mia è un tagliola... Il compenso dell’ex presidente Antonio Baldassarre era di 180.759 euro lordi l’anno, più quasi 31mila per spese di rappresentanza, 7mila i consiglieri. Meno di Lucia Annunziata, è vero, ma ricordiamo che Baldassarre mantenne la carica di presidente della Sisal.
Che noia le cifre, ma fra i numeri anomali ci sono anche le cento assunzioni che la Rai ha fatto nell’ultimo anno, per esempio quella a tempo indeterminato per l’ex direttore della Padania, Gigi Moncalvo, l’ultima Spada di Damocle (per i telespettatori) in pista per un talk show. L’impressione è che i quattro consiglieri di centrodestra puntino ad essere rinconfermati nel Cda a nove previsto dalla legge Gasparri. Ognuno cura il suo staff: il sociologo dell’innamoramento Francesco Alberoni avrebbe assicurato un contratto (circa 60mila euro l’anno) ad un’assistente già dirigente della Scuola Superiore di Cinema, di cui è presidente. Appena insediato alla Rai fece un contratto alla sua segretaria storica, che a Roma non si sarebbe mai vista.  Il rinnovo del vertice Rai sarà un ingrediente del rimpasto di governo (ora Berlusconi lo chiama «ritocco»), ma è rinviato almeno all’autunno inoltrato grazie al paracadute della fusione tra Rai e Rai Holding. Marcello Veneziani si è fatto Robin Hood made in An grazie al contratto con «Libero»: supportato dal ministro Gasparri ha già liquidato sia la liquidazione di Lucia Annunziata che la sfiducia al Cda votata dalla Vigilanza (il tutto dato con gran risalto e la tecnica del «panino» dal Tg1 delle 20 di giovedì). Il consigliere coi baffi ha fatto presente che «secondo lo Statuto Rai potremmo noi stessi integrare il consiglio con i nuovi membri», solo una possibilità «che non abbiamo preso in considerazione». Una norma del Codice Civile, ripresa ad hoc durante quel vertice a Palazzo Chigi il 30 giugno: c’erano Berlusconi, Letta, Cattaneo e i colonnelli dell’infomazione di An, FI e Lega.

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