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Il dolore del Messico
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di Cynthia Rodrìguez*

Il dolore del Messico

Il Messico oggi esce in strada per chiedere pace! Si, la pace che ci hanno tolto da tanto tempo, specialmente  negli ultimi quattro anni che hanno portato una violenza insopportabile, che non si ferma. Ogni giorno ci sono almeno 30 morti, a volte persone uccise nelle maniere più crudeli. Nel raccontare il numero dei morti sembra ormai essere rincorsi dal terrore; sono così tanti che uno o due casi non fanno più notizia. Beh, nemmeno cinque. I nostri canoni, se parliamo di morti, sono molto molto elevati.

Quarantamila dal 2007 ad oggi. Una media di 10 mila ogni anno negli ultimi quattro anni, in cui si contano sicuramente anche appartenenti ai narcos o persone che lavorano per loro; però è vero che nella maggior parte si tratta di persone innocenti che nulla avevano a che vedere con i narcos o con il narcotraffico. Piano piano, ci siamo abituati a sapere (quando si riesce a sapere) che trovano fosse con decine e decine di corpi abbandonati, mutilati. Così senza identità e senza motivo. Niente ha più senso adesso.

Perché uccidere oggi in Messico è facilissimo. Tanti lo fanno… Però anche è vero che se in Messico è facile ammazzare qualcuno è perchè qualcosa della giustizia non va. Sì, è vero, c’è un traffico impressionante di armi dagli Stati Uniti, di droga dal Sudamerica verso gli Stati Uniti, l’Europa o addirittura l’Australia. Ci sono anche tante persone che fanno uso di droga (la domanda), ce ne sono anche tante che fanno dei narcos un esempio.

L’impunità è tanto grande come l’incoscienza di un ragazzino che prende un AK-47 oppure un revolver per sapere cosa si sente ad ammazzare qualcuno. La manifestazione che comincia oggi dalla città di Cuernavaca, nello Stato di Morelos è convocata da un scrittore: Javier Sicilia, che fino a un mese e mezzo fa, quando gli ammazzarono il figlio di soli 25 anni insieme ad altri 6 ragazzi, ha smesso anche di fare poesia. Perchè lui è o era anche un poeta. Perè non c’è la fa più ed invece di continuare a scrivere le cose meravigliose che scriveva, ha cominciato a proliferare blasfemie dalla rabbia e dal dolore per aver perso al figlio.

“Estamos hasta la madre” (“ci siamo rotti le palle”) ha gridato al governo, parlando della violenza, perchè così come lui ci sono tantissimi altri genitori che in questi anni hanno perso i loro figli. Ci sono anche moltissimi figli che hanno perso i genitori (solo a Ciudad Juàrez si dice che adesso sono più di 10 mila gli orfani). Ma pensiamo almeno un po’ a tutti quei fratelli, tutte quelle sorelle, tutti quei nonni, amici, cugini, zii, colleghi di lavoro, compagni di scuola, vicini di casa… Un mondo di persone che si “è rotto le palle”.

Perché così un giorno, qualcuno è uscito di casa e non è tornato più. E dirlo con queste parole magari sembra troppo, ma credetemi, di fronte a tale dolore è qualcosa di molto poco. Le domande sono tante e le risposte così poche. Però guardiamo al Messico, perchè quello che oggi sta accadendo si farà in silenzio, ma è in realtà un grido di dolore.

*Cynthia Rodrìguez è una giornalista messicana, corrispondente in Italia.

Tratto da www.liberainformazione.org


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