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Articolo 21 - Editoriali
Rai: simboli e stipendi (lauti)
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di Stefano Munafò*

*da .Com

La Rai va in vacanza in un mare inquinato di polemiche.

Ancora una settimana di accuse e contro-accuse, minacce di querele e appuntamenti in tribunale. Per unâ??azienda che ha il compito di produrre e trasmettere programmi, certo è il segno di una brutta incrinatura dellâ??immagine. Non si era del tutto spenta lâ??eco della vicenda di Pippo Baudo, quando, sulla scia degli attacchi del consigliere Marcello Veneziani contro la ex presidente Lucia Annunziata, è scoppiato il caso degli alti stipendi e in particolare di quello del direttore generale. Un miliardo e mezzo circa di vecchie lire per anno, benefits compresi.

Cifre da capogiro. Non tanto in sé, se confrontate, senza demagogia, a quelle di cariche analoghe, in altre imprese industriali. Ma certamente enormi, rispetto alle cifre tradizionali degli stipendi dei quadri dirigenziali medio-alti della Rai (quei dirigenti e programmisti che stanno in azienda da decenni, non si danno del "lei", e nel bene e nel male, rispetto ai visitors di turno, danno continuità a quel corpo professionale che fa sopravvivere la Rai, nelle sempre più ricorrenti colonizzazioni e stratificazioni lottizzatorie). Ma cifre, soprattutto, che fanno una certa impressione, se rapportate ai curricula di alcuni protagonisti.

Ha fatto bene perciò la stampa a evidenziare pubblicamente questo primato. E cioè, che il dg più giovane e insieme più estraneo ad esperienze televisive nella storia della Rai, percepisca lo stipendio più alto in assoluto, rispetto a tutti i suoi predecessori di ogni periodo. Di qualsiasi colore politico, essi fossero. E da qualsiasi esperienza professionale, essi provenissero.

Anche in queste vicende, insieme con una certa carenza di sobrietà, senso dellâ??equità ed auto-misura, si riscontra lo stile personale. Certo questi requisiti sono spesso travolti dalle logiche brutali dello spoil-system e dalla protervia dei personaggi più abili nel trarne profitto. In passato, della questione dellâ??etica pubblica, anche An ne aveva fatto una bandiera. Ora è rimasto, pressoché in solitudine, solo il prof. sen. Domenico Fisichella. E in Rai, An si sta rivelando il partito più famelico, con lâ??eccezione di alcuni meritevoli professionisti (Rubens Esposito, Paolo Francia, Mazza e pochi altri).

Personalmente, comunque, io sono molto colpito dallâ??assoluta e sistematica sottovalutazione (quando non indifferenza) degli aspetti simbolici e di immagine che tutto ciò comporta per la Rai. Fattori certo impalpabili, ma che dovrebbero essere importantissimi per chi opera in una Tv pubblica e dei quali, saggezza vorrebbe, che se ne tenesse un qualche conto.

Il caso Baudo, dunque, e poi quello Veneziani â?? Annunziata â?? Cattaneo.

Poi, ancora, il caso recentissimo del caporedattore (Antonio Preziosi) nominato, quasi in segreto, a questa carica, per il merito indiscutibile di seguire con continuità lâ??attività del Presidente del Consiglio. Un caporedattore ad personam, insomma, perché spedito sul fronteâ?¦ governativo. A ribadire che la Rai è sempre la prima dependance del governo presente, dopo quelli passati.

Ma questi significati generali sembrano sfuggire o sono disprezzati. E non si tiene conto che la Tv è il luogo dellâ??immagine riflessa e ingigantita, oltre che dei simbolismi più potenti.  E la Rai, in particolare, per la sua storia, è addirittura un super-contenitore o un dizionario di valori simbolici. Nessun gesto in Rai è solo quello che appare ma soprattutto quello che evoca. E perciò uno dei reati gravi di chi dirige la Rai, è quello di omissione (o di misconoscenza) dei valori simbolici di ogni gesto che si compie.

Ed è per questo che Baudo non può essere ridotto a un caso disciplinare.

E si dimostra una certa miopia, quando non si intuisce in tempo che, per la platea degli abbonati, la figura di Baudo ha alimentato lâ??immaginario televisivo di alcune generazioni. Il mangement attuale dellâ??azienda pubblica farebbe perciò bene a riflettere sui risultati di uno studio Eta Meta Research (commissionato a caldo dagli investitori pubblicitari), che testimonia come il percepito "licenziamento" di Baudo sia "un segnale molto negativo per lâ??azienda Rai". Baudo avrà pure intrapreso il suo viale del tramonto. Ma la sua icona televisiva sopravviverà a lui stesso. Quella di Flavio Cattaneo, ancora non lo sappiamo.

Come sottovalutare, poi, che lâ??accanimento contro Lucia Annunziata (quella che andava cacciata a calci in câ?¦..) entra in palese contraddizione e ferisce gravemente unâ??altra idea-forza su cui si basa lâ??azienda pubblica, e cioè che "la Rai è di tutti gli italiani"? Una metà degli italiani (e forse più della metà degli abbonati) si riconosce in quelle opposizioni che Lucia aveva cercato di rappresentare con dignità e con intelligenza dentro lâ??azienda, in una situazione minoritaria e ottusamente ostile.

Ma i reati di lesione simbolica e dellâ??immagine, sembrano essere preferiti da questo vertice Rai. Nella ultima riunione, prima delle vacanze estive, i solerti consiglieri avevano bocciato persino una fiction su Alcide De Gasperi. (Decisione poi ritrattata, pare, per benevola intercessione di Adriano Celentano!!). Motivazione (per la poi ridiscussa bocciatura): i costi eccessivi. Io mi domando, se lo storico Giorgio Rumi fosse presente in consiglio e quale sia stato il suo parere. Anche sui costi. Considerato che il Cda della Rai ha già approvato un piano delle fiction, dove sono previsti per altri "racconti in costume", costi anche più alti e con autori, forse bravi, ma non certo a livello di Liliana Cavani.

Alla kermesse pubblicitaria di Cannes per la presentazione dei palinsesti di autunno, il dg aveva annunciato con enfasi la "nuova svolta" per la qualità dei programmi. Non so ancora dire con certezza, se il programma su De Gasperi sarà al fine realizzato. Ma tutte queste traversie e questi "stop and go" non denunciano, certo, coerenza e coraggio sulla strada della qualità conclamata, a parole. Ed anche questo è un altro messaggio subliminale. So invece che questi mutamenti continui di decisione, rappresentano la debolezza di questa Rai rispetto ad ogni stormir di fronda e, soprattutto, rispetto alle pressioni politiche. De Gasperi fa ombra. Forse perché era un grande democristiano. Forse perché è stato un vero grande della Repubblica.

Da un poâ?? di tempo, tra gli addetti ai lavori, circola una voce sussurrata, ma che trova conferma in molti comportamenti di questi giorni. Gli attuali consiglieri e lâ??attuale dg pare stiano politicamente trattando, con chi di dovere, al fine di una loro permanenza ai vertici Rai. Anche nella nuova composizione del consiglio che verrà.

Se così fosse, si realizzerebbe un fatto senza precedenti. Avverrebbe, infatti, una nuova frattura della tradizione e verrebbero cancellate le regole che prevedono per i nominandi i requisiti di "indiscussa autonomia e indipendenza" (requisiti ribaditi anche nel nuovo testo della Gasparri).

Di tutto, infatti, si può dire di questo vertice, tranne che non sia quello di più comprovata dipendenza e fedeltà pedissequa nei confronti del governo in carica. E tutto questo, mentre persiste il conflitto di interessi. E mentre il governo tenta di lottizzare non solo la Farnesina, ma anche lâ??Arma.

Ma non doveva la seconda repubblica salvarci dai mali congeniti della prima?
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