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di Nicola Tranfaglia
La conclusione della campagna per i ballottaggi nelle elezioni amministrative del duemilaundici (a Milano e Napoli ma anche in altri undici comuni medi e in sei province della penisola) è stata sottolineata dall’attuale presidente del Consiglio con la scena grottesca e ridicola del colloquio in piedi al G8 in Francia con Barak Obama e con la conferenza stampa finale, in cui Berlusconi ha riaffermato a muso duro che l’Italia è un paese a sovranità limitata, giacché c’è quasi una dittatura dei giudici di sinistra che lo perseguita e lo costringe a difendersi in continuazione nelle aule di tribunale.
E’ difficile accettare per gli italiani una mistificazione così grossolana da parte di chi guida da alcuni anni il potere esecutivo e attacca, un giorno sì e l’altro pure, gli altri organi costituzionali dello Stato a cominciare dal Capo dello Stato, dalla Corte Costituzionale, dalle opposizioni e da tutta la magistratura.
Si è arrivati al punto che un personaggio di grande e riconosciuta moderazione, come il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, ha dovuto dire apertamente al ministro della Giustizia Angelino Alfano, nel dibattito del 23 maggio a Palermo per l’anniversario della morte di Giovanni Falcone, che è impossibile dialogare con il governo, se il suo capo fa di tutto per delegittimare i magistrati.
Berlusconi ha dunque concluso all’attacco la sua campagna elettorale, convinto di poter vincere così o forse incapace di opporre argomenti propri alle strategie degli oppositori che mettono in luce ormai da anni l’inerzia del suo governo, la mancanza di una politica economica e industriale, il disagio dei giovani, il profluvio di leggi ad personam, le crescenti contraddizioni all’interno del PDL e tra il PDL e la Lega Nord di Umberto Bossi, che non lascia per ora l’esecutivo ma fa di tutto per smarcarsi e prepararsi a un proprio e magari diverso futuro post-elettorale.
Da parte sua Emma Marcegaglia, nell’ultima Assemblea Nazionale della Confidustria che, almeno negli ultimi tre anni, ha appoggiato incondizionatamente l’esecutivo berlusconiano e le scelte del leader populista milanese, sembra essersi svegliata da un lungo sonno e ha detto con chiarezza che gli imprenditori verificano una volta di più la necessità e l’urgenza delle riforme costituzionali, come di quelle economiche e sociali, e che hanno dovuto constatare che il governo non ne ha fatte e per questo non gode più del consenso degli industriali.
Una sortita singolare e tardiva ma che si allinea ai discorsi del presidente della CEI, cardinale Bagnasco, che mette in luce negli ultimi interventi con chiarezza lo sconcerto e il disagio dei vescovi di fronte alle risse costanti della politica italiana ma anche della sostanziale inerzia del governo Berlusconi.
Che dobbiamo pensare e prevedere di fronte a queste ultime prese di posizioni del populismo al potere e delle maggiori istituzioni della società italiana, quali sono, sia pure in maniera diversa, la Confederazione degli Industriali e la Chiesa Cattolica o meglio i suoi vertici ecclesiastici?
Cercherò di essere molto chiaro e di tener conto dell’incertezza della situazione e delle prospettive che si profilano negli ultimi giorni.
Diciamo, in primo luogo, una cosa che nessuno si arrischia più a negare.
Le elezioni amministrative, e in particolare le sfide di Milano tra Pisapia e la Moratti e di Napoli tra Lettieri e De Magistris, hanno assunto ormai il senso di un test nazionale sul presente e sul futuro del governo e della crisi italiana.
Se Berlusconi perderà Milano - che sembra ormai probabile, e magari anche Napoli, più difficile ma non impossibile per il centro-sinistra - sarà impossibile per il governo terminare la sedicesima legislatura e si andrà a votare nel 2012 in una situazione difficile per il leader populista.
Se questo non avverrà, la vittoria del centro-destra sarà notevole e Berlusconi potrà andare avanti e realizzare i suoi progetti divenuti centrali: la cosiddetta “riforma della giustizia” e la forte limitazione delle intercettazioni telefoniche nelle indagini processuali e nelle cronache giornalistiche.
Inoltre i referendum del 12-13 giugno prossimo sulla questione nucleare, sul regime dell’acqua e sul legittimo impedimento saranno influenzati a fondo da quello che succederà nei prossimi giorni. Una vittoria delle opposizioni metterebbe le ali ai referendum che rischierebbero invece persino il quorum se il centro-destra riuscisse a resistere e a vincere qualcuna delle sfide aperte nella penisola.
Insomma, possiamo dire che è stato il governo, piuttosto che le opposizioni, ad enfatizzare il confronto politico-amministrativo dei prossimi giorni e se ne vedranno presto tutte le conseguenze.
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