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Articolo 21 - Editoriali
Il Venezuela resta a Chavez. Scontri a Caracas, muore una donna
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di Edoardo Guanella

da L'Unità

CARACAS Non era proprio una marea rossa quella accorsa sotto il Palacio de Miraflores nella lunga notte che ha sancito la conferma del comandante in pensione Hugo Rafael Chavez Frias alla guida del Venezuela. Ma non c'è stata nemmeno l'enorme valanga di sì sbandierata fino all'ultimo minuto e anche dopo dai leader castigati dell'opposizione. Sono arrivate invece le accuse di brogli, i proclami, le manifestazioni, gli annunci bellicosi. E gli scontri, ad iniziare dalla "storica" piazza Altamira di Caracas dove nel primo pomeriggio di lunedì iniziavano a concentrarsi i militanti delle opposizioni per ripudiare il risultato ufficiale. Manifestazione dispersa a colpi di pistola sparati da un gruppo di uomini in abiti borghesi ad altezza uomo. Il presidente venezuelano Hugo Chavez ha indicato che la polizia politica Disip ha identificato gli autori dei disordini sulla Piazza Altamira che hanno causato la morte di una donna e il ferimento di varie altre persone. Drante una conferenza stampa con i giornalisti stranieri che hanno seguito il referendum sulla revoca o meno del suo mandato, Chavez ha detto: «Ho una lettera del direttore della Disip, Miguel Rodriguez Torres, secondo cui sono già stati identificati gli autori della sparatoria e si sta procedendo
alla loro cattura». Il capo dello stato ha condannato l'episodio di violenza,
ricordando che prima di quanto è avvenuto sulla piazza Altamira, circa 200 altre persone erano scese in strada interrompendo il traffico ull'autostrada all'altezza della base aerea militare di La Carlota. Secondo l'edizione on-line del quotidiano "El nacional", i responsabili della sparatoria erano sostenitori del presidente Chavez.

Un copione già visto in passato; commandos di motociclisti armati hanno sparato su un gruppo di dimostranti dell'opposizione, tra cui anche un deputato, causando perlomeno una decina di feriti. Una tensione destinata a crescere poi nel corso del pomeriggio. Le prime contestazioni erano iniziate alle dieci di mattina quando un piccolo gruppo di pasdaran dell'opposizione era calata sull'hotel dove alloggiano i giornalisti stranieri e gli osservatori internazionali per denunciare "la colossale truffa da parte del governo". All'una e mezza di pomeriggio è arrivata per loro la doccia fredda; l'ex presidente statunitense Jimmy Carter e il segretario generale della Oea, l'Organizzazione degli Stati Americani, Cesar Gaviria hanno avallato il risultato dato nella notte. "Al termine di un analisi esaustiva delle prove raccolte durante la nostra osservazione - ha detto Carter - possiamo dire che queste coincidono con i risultati dati dal Consiglio Elettorale". I numeri ufficiali danno a Chavez una maggioranza netta, poco meno cinque milioni di No contro i tre milioni e mezzo di sì. Con un piccolo giallo; il computo finale delle macchine elettroniche è stato ratificato da appena tre membri del Cne, il Consiglio Nazionale Elettorale. Gli altri due, vicini alle opposizioni se ne sono andati sbattendo la porta. Una presa di posizione che ha rafforzato le convinzioni dei leader della "Coordinadora Democratica", che uno ad uno, hanno gridato ai brogli. Il deputato Henry Ramos Allup è stato il primo a parlare nel corso della notte. "I voti delle macchine elettroniche non sono stati confrontati con le relative ricevute messe nelle urne. Abbiamo vinto noi con il 59%, Chavez ha preso il 41%". � circolato anche il sospetto di manipolazione del software utilizzato per il conteggio.

Chavez, dal canto suo, ha calcolato ogni mossa come in un copione già scritto. Nei giorni precedenti il voto aveva scelto la via del rispetto della volontà popolare, sia quel che sia. Per il leader della Coordinadora Enrique Mendoza, invece, non era possibile una vittoria senza frodi del No. "Se il Si perde - ha detto in un paio d'occasioni nei giorni precedenti il voto - dovremmo interrogarci sulla correttezza degli organismi elettorali". Domenica pomeriggio le lunghe code davanti ai seggi, c'è chi ha aspettato dieci ore il suo turno, facevano slittare per due volte la chiusura delle votazioni. Chavez ne prendeva atto, rimandando ogni sua dichiarazione all'annuncio dei dati ufficiali da parte del Cne. Mendoza, dal canto suo, scendeva nel bunker del Si poco dopo le nove di sera per chiamare alla calma. L'indecisione è andata avanti fino a piena notte. Alle tre e quarantacinque l'annuncio del Cne; 58% per i no, 42% per il sì: in pratica un cappotto. Mezz'ora dopo Chavez è apparso sorridente dal suo amato "balcon del pueblo"; ha cantato, ha salutato i suoi, ha ringraziato tutti, dai muchachos che lavorano nei quartieri popolari, agli osservatori stranieri invitati, da Dio a tutti quelli che appoggiano la sua rivoluzione bolivariana. "Tutto il mondo ci guarda. La nostra vittoria è chiara limpida e contundente". Dall'opposizione sono partiti subito le denuncie di frodi. Il risultato ufficiale appare sulla carta pesantissimo più per il fronte delle opposizioni che per il governo.

La "Coordinadora Democratica" è una coalizione variegata di diversi partiti che vanno dall'estrema sinistra al centrodestra e che nell'ultimo anno e mezzo di vita aveva trovato la sua ragion d'essere proprio nella convocazione del referendum revocatorio. Le differenze e le legittime ambizioni dei suoi leader erano state giustamente messe da parte in vista dell'obbiettivo principale; far cadere il governo. Dopo il fallito golpe dell'aprile del 2002 e lo sciopero petrolifero di otto mesi dopo quella di domenica era la prima vera occasione democratica di affermarsi come alternativa a Chavez. "Se c'è una cosa positiva, una sola, del governo di Chavez - raccontava un manifestante nell'imponente manifestazione di fine campagna del fronte del Si è che adesso mi interesso di politica. Non sto più a guardare come facevo in passato". Lunedì, dopo l'annuncio dato da Jimmy Carter, alcuni dirigenti hanno dato appuntamento nella storica Plaza Altamira per una manifestazione di ripudio ai risultati. Quando la gente iniziava a concentrarsi, l'azione dei commando armati. Il primo segnale, dopo la sorprendente calma domenicale, del possibile ennesimo confronto serrato nelle strade di Caracas.

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