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Articolo 21 - Editoriali
Movimento Andante Lento
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di Massimiliano Melilli

da L'Unità

Pendolare tra la Francia e il resto del mondo, Susan George ha trascorso le ultime settimane in un vortice di incontri, forum, assemblee. Tema centrale: il potere che i movimenti sociali globali hanno nel condizionare l’agenda politica mondiale. Nel suo ultimo saggio, ora pubblicato anche in Italia da Feltrinelli, Un altro mondo è possibile se… la studiosa sostiene che per contrastare concretamente l’unilateralismo americano e per cercare di neutralizzare il micidiale potere della Sacra Trimurti - l’Organizzazione mondiale del Commercio, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale - occorre divulgare di più le idee del movimento.
Economista, presidente del Transnational Institute di Amsterdam, vicepresidente di Attac France, considerata una delle più autorevoli studiose sulla questione della fame nel Terzo Mondo, Susan George ha accettato volentieri l’idea di questa conversazione con l’Unità. La globalizzazione neoliberista non nasce certo ieri. Analisi e indicatori sociali a più livelli confermano che rappresenta il risultato finale di atti e misfatti politici, compiuti da potenti attori della scena mondiale negli ultimi venti anni. A tal proposito, si parla spesso di Consensus di Washington. Può spiegarci meglio cosa s’intende con tale formula?
«Queste politiche sono state prima applicate ai paesi del Sud del Mondo, pesantemente indebitati, e dopo ai paesi dell’Est, con l’appellativo aggiustamento strutturale, ma sono gradualmente diventate una dottrina neoliberista per il mondo intero. Il Consensus di Washington incoraggia la stabilità economica più dell’espansione, la privatizzazione di tutti i servizi pubblici, le esportazioni più delle produzione locale per le esigenze locali, una soluzione di mercato a ogni problema e lo smantellamento del Welfare, troppo costoso. Il mercato è buono, il governo cattivo. E’ molto semplicistico. Anzi. Più che altro non funziona, se per funzionare, s’intende soddisfare i bisogni di una certa popolazione in un certo spazio regionale o nazionale. Funziona, naturalmente, per quel dieci per cento di fascia più alta di popolazione ed è il motivo per cui viene promosso».
Il potere a tre del Fondo Monetario Internazionale, della Banda Mondiale e dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio, fonda la propria egemonia su politiche economiche esclusiviste. Il Terzo o Quarto mondo che sia, ha sofferto il ruolo di questi potentati. Ma oggi, quali strumenti possiedono i paesi meno sviluppati per ottenere riconoscimento e legittimazione?
«L’unica soluzione possibile per i paesi meno sviluppati è l’unione. Senza unione ognuno di questi paesi è condannato ad affrontare da solo i creditori. Ogni governo deve trattare con le missioni della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, che hanno un peso enorme: senza la loro approvazione, quel paese non riceverà più nessun prestito da nessuno. Ma se agiscono insieme, come hanno fatto a Cancun lo scorso settembre, possono lottare contro l’egemonia di Stati Uniti ed Europa. L’azione dei G-90, i paesi poveri e dei G-20, i paesi del sud del mondo più sviluppati intorno a Brasile, Cina, India e Sudafrica, ha fatto fallire le negoziazioni perché Stati Uniti ed Europa hanno rifiutato di concedere i sussidi agricoli, tentando al tempo stesso d’inserire in agenda argomenti nuovi come investimenti e government procurement. Se i paesi del sud del mondo applicassero la stessa strategia con il debito, il Fondo Monetario Internazionale non reggerebbe quindici minuti».
Parliamo di agricoltura. Da anni, Attac si batte per l’attuazione di politiche che favoriscano i piccoli agricoltori e li aiutino a migliorare le tecniche di coltivazioni tradizionali per produrre più cibo, necessari a sfamarli. Nel suo saggio, parla di colture geneticamente modificate, della Monsanto e della parabola del professor Jules Pretty della Essex University. Perché racconta la storia di questo studioso?
«Il ruolo delle corporazioni transnazionali come la Monsanto è sempre stato quello di obbligare i piccoli agricoltori a comprare materie prime costose, rendendoli schiavi dei prodotti industriali, che se li potessero permettere o meno. Gli esperti agricoli come Jules Pretty, ma ce ne sono molti altri, hanno perfezionato dozzine di tecniche agricole a costo zero, spesso basate su metodi tradizionali, che hanno notevolmente aumentato le coltivazioni in molte condizioni climatiche e geografiche. Queste tecniche, come il miglior utilizzo dell’acqua, pesticidi naturali, rotazione del raccolto, preservazione delle varietà delle sementi locali, sono ora praticate su una superficie delle dimensioni dell’Italia. Di più. Funzionano ma non arricchiscono nessuno. Permettono solo agli agricoltori di vivere più dignitosamente, nutrire meglio loro stessi, le loro famiglie e le comunità cui appartengono».
Diritti dei minori. Gli stati Uniti sono il solo paese, assieme alla Somalia, a non avere ratificato la Convenzione sui diritti del fanciullo. Come interpreta la decisione?
«La Convenzione sui diritti del fanciullo non fa eccezione. Gli Stati Uniti hanno rifiutato la maggior parte degli sforzi collettivi portati avanti dalla comunità internazionale: il protocollo di Kyoto, la Corte Internazionale di Giustizia e così via. Credo che l’Europa debba prendere l’iniziativa, ora, per migliorare il clima internazionale, senza aspettare gli Usa. Purtroppo anche la Commissione Europea è estremamente liberista. Se i cittadini europei non obbligano i loro governi ad agire, continueremo ad assistere all’aumento d’ineguaglianza, povertà, disoccupazione, fame e terrorismo, in tutto il mondo».
La politica. Lei scrive: «Un tempo la politica era più semplice. Si diceva: Via gli americani dal Vietnam, Basta con l’apartheid, No al nucleare. Oggi, invece, è il trionfo di sigle e formule: Wto, Gats, Ogm, Tobin Tax, stock option…» Ma come può un cittadino a digiuno di simili argomenti, orientarsi in questa palude?
«Questo è precisamente uno dei problemi politici principali del ventunesimo secolo. Da una parte le forze neoliberiste tengono i cittadini all’oscuro delle decisioni che vengono prese per loro, i negoziati sono segreti, la democrazia è limitata a livello nazionale mentre sempre più provvedimenti vengono adottati a livello europeo o internazionale. Dall’altra parte, le Ong e le organizzazioni come Attac tentano di fornire ai cittadini le informazioni di cui hanno bisogno per proteggersi e migliorare la loro situazione. Nessun cittadino può fare questo da solo. Fortunatamente ci sono molti ottimi ricercatori, Ong, siti internet grazie ai quali si può conoscere ciò che sta accadendo al Wto, alla Commissione Europea e così via. Per questa ragione, ogni giorno abbiamo bisogno anche dei media, di giornali come l’Unità, per riuscire in questa impresa».
Ultima questione, il movimento. Lei ammonisce: «Il pericolo mortale, la sorte peggiore che possa toccare a un movimento è che i suoi membri comincino a guardarsi l’un l’altro come nemici». Ancora. Lei cita Freud e il narcisismo delle piccole differenze. Può dirci se e perché il movimento corre dei rischi?
«Credo che con il movimento dell’alter-globalizzazione, finora abbiamo dato prova di una grande maturità, concentrandoci sui cambiamenti pratici che vogliamo portare a termine nei nostri paesi e nel mondo, e non sulle nostre differenze. Forse siamo finalmente usciti dal comportamento infantile di precedenti movimenti o partiti politici di sinistra, spesso più interessati a denunciarsi a vicenda che a unirsi contro il nemico comune. Nel nostro caso, questo nemico comune è rappresentato dalle forze di mercato neoliberiste, dalle corporazioni transnazionali, dalle istituzioni pubbliche e private che sono al loro servizio».

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