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Articolo 21 - Editoriali
Violante: grave il silenzio del governo. cosa ci facciamo a Nassiriya?
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di Daniela Amenta*

Onorevole Violante, la situazione in Iraq sta precipitando. Nonostante la presenza delle nostre truppe, nessun esponente del governo ritiene necessario far sapere al Paese che rischi corrono i nostri soldati.
«Ho chiesto oggi al presidente Casini, a nome dei presidenti dei gruppi di opposizione della Camera, di convocare dâ??urgenza il governo davanti alle Commissioni Esteri e Difesa».
«Chiediamo al governo di spiegare il ruolo attuale del contingente italiano in Iraq e sollecitiamo una iniziativa italiana in sede europea perché si tenti una mediazione dell'Unione. Da quello che si apprende siamo fuori da Nassiriya. Lo stesso governatore della città ha dichiarato che potremo rientrare in città solo quando cesseranno i combattimenti a Najaf.
Ã? evidente, dunque, la concatenazione tra i due eventi: Nassiriya e Najaf.
Appunto. Per questo chiediamo di conoscere qual è oggi il ruolo che il governo assegna al nostro contingente. Il comando polacco a Najaf ha ceduto la gestione delle operazioni militari agli americani ritenendo troppo grave e complessa la situazione bellica e sottolineando di non avere regole di ingaggio in caso di guerra. Per noi sta accadendo la stessa cosa a Nassiriya? Ma la cosa più importante è chiedere al governo italiano di operare perché l'Unione Europea assuma un'iniziativa nella tragica situazione irachena. Quando c'è stata la vicenda delle minacce terroristiche all'Italia noi abbiamo taciuto, perché alle minacce dei terroristi non si cede. Ma adesso la questione è diversa. Bisogna analizzare con senso di responsabilità le conseguenze di questa nuova situazione che rischia di rendere vane perfino le elezioni o addirittura di impedire che si tengano. Per impegno militare siamo il terzo paese presente in Iraq, dopo USA e Gran Bretagna; abbiamo il dovere di assumere un'iniziativa politica, anche per dare un senso al sacrificio dei nostri militari.
L'estromissione del contingente italiano dal centro di Nassiriya dimostra, oltremodo, che Antica Babilonia non è una missione di pace.
Il governo, per compiacere gli Usa, ha accettato una lettura superficiale della vicenda irachena, han accettato la menzogna sulle armi di distruzione di massa e rischia di essere privo di autonomia nella difficile situazione irachena. Come si toglie consenso all'armata di Al Sadr? Come si favorisce la pace in quel Paese? Come si aiuta a costruire un processo democratico, accettato da tutte le parti? L'Onu cosa può fare in quella situazione? A queste domande bisogna sforzarsi di rispondere. Il presidente Dini ha proposto che si lavori alla definizione di un calendario inequivoco per il ritiro delle truppe di occupazione. Soltanto in questo modo si potrà indebolire la resistenza alla presenza della coalizione. Soltanto così la maggioranza degli iracheni avrà la sicurezza che in quella data e dopo quel determinato evento tutti i soldati stranieri lasceranno il Paese. Se questo non avviene c'è il rischio che anche le manifestazioni più oltranziste e sanguinarie vengano legittimate. Se invece si ha il coraggio di muoversi in questa direzione, è possibile che inizi un processo di isolamento del Al Sadr e delle sue milizie. Anche il Vaticano si dice disposto a mediare. Mentre il silenzio del governo è davvero assordante.
Il nostro governo è privo di una politica estera. Il presidente del Consiglio sembra confondere l'ospitalità nelle sue ville con la politica estera. Ma così si avvalora l'idea di un paese Disneyland, dove ci si diverte e si passano le vacanze in allegria, mentre gli impegni seri si prendono altrove. L'Italia non merita questa deludente immagine internazionale.
La sensazione è che lo scontro a Najaf, città sacra, possa mettere in contrapposizione due diverse culture: Occidente e Islam. Che ne pensa?
Credo che la questione possa, per fortuna, non essere posta in questi termini. Questa è la chiave che vogliono far passare le componenti più politicizzate della guerriglia irachena per avere il consenso della popolazione. Il punto vero a mio avviso, punto non compreso dagli americani, è che non si possono impiantare meccanicamente modelli di democrazia in Paesi che non abbiano un dibattito sulla democrazia nella loro storia. Ricordo quello che disse Condoleezza Rice: "Tutto si svolgerà velocemente. Sarà semplice. Accadrà in Iraq quello che è accaduto in Germania e in Italia dopo la seconda guerra mondiale. Caduta la dittatura si costruirà la democrazia". Una dichiarazione che ignorava quello che c'è nella storia millenaria di Italia e Germania e purtroppo non c'è nella storia dei paesi arabi.
Marina Sereni, responsabile Esteri dei Ds, ha chiesto l'intervento dell'Europa per rimettere in gioco l'intervento delle Nazioni Unite, nonostante le perplessità di Kofi Annan.
Marina Sereni ha ragione. Kofi Annan, a suo tempo, aveva detto che non esistevano le condizioni di sicurezza indispensabili per un intervento delle Nazioni Unite. E aveva ragione visto che più tempo passa più cresce l'insicurezza. Ed è proprio per questa ragione che ribadiamo la necessità dell'intervento di un grande soggetto internazionale con funzioni di mediazione. Il Vaticano si è detto disposto ad una mediazione; è un fatto importante e va sostenuto. Ma perché non deve muoversi l'Unione Europea?
Ancora una domanda, onorevole Violante. Questa volta sulla politica interna è sulle primarie. Saranno sul programma o sui candidati?
Non ci può essere separazione. Non si sceglie un candidato perché ha un bel profilo. Lo si sceglie per le sue qualità politiche, per la sua storia, le sue idee e i suoi programmi. Per noi questo candidato è Romano Prodi.

*da "l'Unità"

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