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Articolo 21 - Editoriali
Tv spenta, meglio la cover dei Velvet Underground
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di Pierluigi Diaco

da L'Unità

Caro direttore,  sono a Shanghai, 23.30 ora locale. Salgo sul taxi e Valeria, la mia deliziosa traduttrice che di anni ne ha ventisette e che ha conosciuto bene la nostra lingua qualche anno fa in un insolito corso di studi in un college trentino, dà indicazioni all’autista di portarci al Y.Y.Club, al 125 di Nanchang Road, dove la sera scrittrici considerate “maledette” come Mian Mian e fotografi raffinati come Greg Girard si danno appuntamento per bere un drink e mescolarsi così a gente più o meno interessante che viene da ogni parte del mondo.
Incontro subito un gruppo di giovani architetti italiani seduti intorno ad un piccolo tavolino che suggeriscono a me e alla mia troupe di Sky Tg24 un timido ma gentile saluto, e subito ho la sensazione che quelle facce avrei potuto comunque incontrarle alla Smals di New York o all’Exit di Berlino. Evito però ogni forma di fastidioso provincialismo e scambio subito due chiacchiere già abbastanza confidenziali con il proprietario del locale che, dopo avermi offerto una quantità numerosa di alcool, mi dice di volermi fare una sorpresa: qualche minuto dopo mi ritrovo nel sotterraneo del locale con un altro drink in mano, ma stavolta immerso in una lunga e interminabile sequenza di foto e ritratti di Mao appesi su ogni parete. E mi accorgo così che qui il comunismo vive ancora nella dignitosa memoria di giovani curiosi e scaltri che, se pur occidentalizzati notevolmente negli ultimi anni, non hanno voglia di chiudere con un passato che non gli appartiene utilizzando l’arma del tradimento alla loro storia: questi miei coetanei preferiscono essere dissacranti e sempre con un certo pudore.
La stessa cosa succede, se volete, ai giovani cronisti delle testate locali che per pubblicare articoli che in qualche modo infastidiscono il governo, devono del resto tirare fuori una buona dose di coraggio. Un ragazzo di ventiquattro anni incontrato al Cotton Club, prestigioso ritrovo per amanti del jazz, mi suggerisce alcuni posti dove potermi procurare le riviste gratuite delle comunità straniere che a suo avviso sono molto più interessanti della stampa ufficiale e sono facilmente reperibili nella zona a Sud di Shanghai. Il giorno dopo allora, di buon ora, un buffo e logorroico tassista si presta a girare con me la zona suggerita dal mio nuovo amico cinese e senza troppe difficoltà riesco a procurarmi queste pubblicazioni che sono indubbiamente, e questo va comunque ricordato, strettamente sorvegliate anch’esse dalle autorità, anche se questo non impedisce a questi giovani e avventurosi cronisti di essere a volte piuttosto critici. Così mi segno il numero di redazione di uno di questi periodici e chiedo un incontro ad un gentile redattore che mi risponde sorpreso e un po' diffidente. Appuntamento accettato.
Mi rimetto allora nel taxi, dove tra una pubblicità e un sermone di qualche funzionario di governo, è facile ascoltare le ultime canzonette, spesso provenienti da Taiwan o Hong Kong, oppure versioni di canzoni occidentali cantate in cinese: è curioso segnalare che l’unico italiano che va per la maggiore almeno a Shanghai è Andrea Bocelli, che recentemente mi dicono abbia riempito una grande palazzina adibita a sala concerti, ma solitamente destinata ad attività ginniche.
Arrivo con un po’ di ritardo all’appuntamento con quello che potremmo definire il capo-redattore di un piccolo giornale clandestino, a tiratura limitata, rivolto ad un pubblico esclusivamente giovanile appassionato di punk cinese, genere musicale che ad oggi riveste una funzione di trasgressione e opposizione al sistema. Anche se c’è da dire che l’hip hop ormai qui la fa da padrona, poiché i ragazzi di Shanghai queste cose le hanno cominciate a sentire nei loro viaggi di studio all’estero, alla George Town, a Boston, alla Barckley.
Il mio giovanissimo collega mi racconta subito che le maggiori difficoltà incontrate in questa sua impresa editoriale messa su insieme ad altri due amici, giungono dai governanti, preoccupati da una parte a bloccare la crescita e l’espansione di questo popolo sotterraneo, ma dall’altra di collezionare una serie di utili informazioni sulla provenienza sociale dei ragazzi affinché certe trasgressioni possano almeno essere tollerate con pazienza. Intanto nelle serate passate a casa di amici a suonare cover dei Velvet Underground e delle Hole, la televisione rimane quasi sempre spenta, poiché, come dice una ragazza di Zhouzhuang, «bisogna essere veramente in preda alla noia per sintonizzarsi con la tv della Cina continentale». In tv in effetti si vedono solo spettacoli di danze e canti, qualche sceneggiato, molti programmi sulla natura e inevitabilmente ci sono anche un paio di canali dedicati alla musica dance e a quella neomelodica tanto amata dai gestori dei Fast Food di Pudong, là dove vanno a fare lo spuntino dell’ora di pranzo i consulenti finanziari dei grandi gruppi bancari e i dirigenti che lavorano nella Torre Televisiva Perla D’Oriente che si trova accanto al Jin Mao Centre, uno dei più alti grattacieli del mondo.
I miei nuovi amici cinesi mi convincono ogni giorno di più che il futuro passa e passerà da Shanghai, che l’avanguardia qui è già la loro ginnastica preferita e che il Museo principale della città presto diventerà il più importante centro di arte contemporanea dell’Oriente. Ne è convinto anche l’Architetto Zhen Shiling, ex preside della facoltà di architettura dell’Università, che mi confida il suo amore spassionato per il nostro paese, suggerendomi poi di fare una visita completa tra le viuzze della città vecchia perché - come dice il professore - sembra di passeggiare tra i panni stesi di Spaccanapoli. Intanto al Museo di Shanghai da qualche settimana migliaia di persone fanno la fila per vedere una mostra dedicata agli antichi romani. Lo scorso anno lo stesso successo era stato incassato per una dedicata agli Etruschi. E fortunatamente sono sempre più intense e interessanti le pagine culturali dei quotidiani ufficiali, che però, come è immaginabile, preferiscono esaltare il successo economico del paese in toni pomposi, quasi rasentando l’illeggibilità, poiché poco spazio, per non dire nessuno, viene dedicato al problema della sovrappopolazione: pensate che secondo recenti analisi lo spazio abitativo di ciascun cittadino di Shanghai corrisponde a poco più di quello di un piccolo divano a due posti.
Però la popolazione di Shanghai continua ad aumentare, e con essa si moltiplica la nascita di giornali, fanzine, magazine che hanno ormai un sapore internazionale.

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