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La solitudine degli Rls
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di redazione

La solitudine degli Rls

Gli Rls, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, sono una figura chiave per la prevenzione dei rischi per la salute nelle attività lavorative. In qualunque posto di lavoro, è un diritto di tutti i lavoratori eleggere il proprio Rls, che ha attribuzioni importanti di consultazione e di controllo. Tuttavia, questa figura, operativa fin dal 1995 a seguito dell’attuazione anche nel nostro paese delle direttive europee per il  miglioramento della salute dei lavoratori, soffre da molto tempo di una crisi d’identità e di fiducia nel proprio ruolo, a fronte degli ostacoli spesso frapposti all’esercizio delle sue funzioni dalle imprese e per la mancanza di un adeguato sostegno anche da parte delle organizzazioni i sindacali.  

2087, rivista di informazione e formazione per la sicurezza sul lavoro (edita da EditCoop), nel suo ultimo numero di giugno ha iniziato un’inchiesta su questa problematica. Per gentile concessione della rivista ne pubblichiamo l’articolo introduttivo, corredato di due schede informative, e alcune testimonianze.

La rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza. Una grande opportunità sottovalutata e in difficoltà.


Come i “numeri primi” del titolo del fortunato romanzo di Paolo Giordano, gli Rls soffrono di solitudine? In effetti, fin dalla loro nascita, con il decreto 626 del 1994, con il quale si attuava in Italia, con un ritardo di qualche anno, la direttiva “quadro”, si cominciò a paventarne il rischio. In ambito sindacale, le domande più frequenti erano: come sostenere la loro attività? Come far sì che possano esercitare effettivamente le attribuzioni riconosciutegli dalla legge? Come organizzarli e costruire una loro identità e una loro forza collettiva? Questioni che non hanno ancora trovato una soluzione adeguata.

Non si può certo dire che molto non sia stato fatto per garantire che gli Rsl potessero svolgere appieno la loro funzione.

Innanzi tutto, occorre ricordare come l’avvento della legislazione comunitaria in materia di salute e sicurezza sul lavoro (ssl) - il sopra citato e famoso 626, entrato effettivamente in vigore per tutte le imprese solamente a partire dal 1997 e ora assorbito e aggiornato nel dlgs 81/2008 (e successive modifiche e integrazioni), più noto come “testo unico” (t.u.) – abbia fatto compiere un salto di qualità alla legislazione italiana in materia, ferma allora da quarant’anni alla normativa di prevenzione degli infortuni e d’igiene del lavoro, emanata a metà degli anni Cinquanta, di tipo quasi esclusivamente tecnico e applicata marginalmente dalle imprese. Nella migliore delle ipotesi, si trattava di prescrizioni dettagliate, c’era cosa fare ma non il come, a prescindere da quali fossero la produzione e la concreta realtà aziendale, mentre la nuova normativa ha introdotto l’obbligo di procedure di prevenzione, a cominciare dalla valutazione dei rischi, stabilendone i criteri anche sotto il profilo organizzativo e delle relazioni tra diverse figure in materia. La partecipazione dei lavoratori è uno dei principi basilari, per cui i responsabili aziendali devono consultare e dialogare con il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che ha specifiche e importanti attribuzioni, in tutte le imprese, di qualsiasi dimensione (anche se c’è un solo dipendente, quello può esercitare il ruolo di Rls). Ma tra quanto scritto sulla carta e la realtà la distanza è enorme. 

All’avvento della legislazione europea, a metà degli anni ’90, il sindacato da tempo non riusciva più a sfruttare il ricco patrimonio di strumenti e opportunità ottenuto attraverso la grande stagione di lotte e conquiste contrattuali e legislative degli anni Settanta per il controllo dell’ambiente di lavoro: commissioni “ambiente”, diritto agli strumenti informativi (libretti e registri sanitari e di rischio) e alla partecipazione dei lavoratori all’individuazione di misure di prevenzione (articolo 9 dello Statuto dei diritti dei lavoratori) e riforma sanitaria con l’istituzione dei servizi territoriali per la tutela della salute nei luoghi di lavoro. 

Il 626 rappresentò quindi una nuova spinta nell’impegno sindacale per la salute dei lavoratori e, nel periodo 1995-1998, si realizzarono numerosi accordi interconfederali in materia di regolamentazione dell’esercizio dei diritti di rappresentanza per la sicurezza, tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, Confapi, Associazioni dell’artigianato, Confcooperative e numerose altre organizzazioni datoriali. Insieme, si svilupparono una miriade di iniziative di informazione e formazione di quadri e delegati sindacali e anche assemblee nazionali degli Rls con la partecipazione dei segretari generali delle tre confederazioni. Tuttavia, al di là di queste occasioni specifiche, si può dire che non si sia riuscito da parte sindacale a dare continuità e sviluppo all’iniziativa concreta nei luoghi di lavoro, organizzando e sostenendo le figure della nuova rappresentanza. Con le debite eccezioni, naturalmente, poiché in diversi territori esistono coordinamenti molto attivi e non semplicemente iniziative sporadiche, con strumenti e reti di sostegno notevoli. In generale, tuttavia, è come se l’Rls, una volta garantito per legge, coincidesse con una delega a questa figura, con un’emarginazione di fatto del tema salute e sicurezza, salvo che nell’attività di consultazione istituzionale, a livello di commissione consultiva permanente, e nei tavoli di contrattazione con le associazioni imprenditoriali. Certo vi sono ragioni “esterne” al sindacato che hanno pesato e pesano su questo quadro non soddisfacente - basti citare i cambiamenti profondi della struttura del mercato del lavoro, la precarietà, il lavoro irregolare e nero, l’immigrazione - ma non appare insensata l’impressione che gli Rls siano lasciati spesso soli di fronte alle difficoltà che, soprattutto nelle imprese di piccola dimensione, essi incontrano nell’esercizio del loro ruolo. Senza il sostegno dell’organizzazione sindacale, la rappresentanza per la ssl risulta spesso impraticabile.

A fronte di questa situazione, le norme del t.u. che regolano la consultazione e la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori stabiliscano una fitta trama di possibilità per il controllo dei rischi e delle misure di prevenzione da parte dei lavoratori (attribuzioni di Rls, Rlst, Rls di sito - vedi scheda 1 - e degli Organismi paritetici), la cui attuazione ed espandibile portata sono spesso rinviate alla contrattazione collettiva a vario livello e alla consultazione delle parti sociali (scheda 2).

Il quadro degli accordi nazionali è tuttavia pressoché ancora fermo all’epoca del 626. Dopo l’emanazione del t.u., infatti, pur essendoci state nuove previsioni, la contrattazione a tale livello non ha fatto passi avanti. È stato firmato solo un nuovo accordo con Confapi, da parte di Cisl e Uil, ma non da Cgil. Eppure, il t.u. offre nuove e rilevanti opportunità, soprattutto in riferimento agli Rlst (che è previsto possano operare in tutte le aziende che non hanno l’Rls), alla nuova figura dell’Rls di sito e agli organismi paritetici (anche con il sostegno di un apposito fondo costituto presso l’Inail), considerando la frammentazione del tessuto produttivo italiano e la sua complessità.

Per queste ragioni iniziamo con questo numero a compiere un viaggio tra il fatto e il non fatto in materia di rappresentanza per ssl, con l’intento di contribuire a stilare una nuova agenda per l’evoluzione della capacità di incidere da parte di questa figura e a… far sentire meno solo l'Rls.


Diego Alhaique

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