Articolo 21 - INFORMAZIONE
A Genova repressa anche l'informazione
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di Roberto Natale*

Non dovrebbe esserci bisogno di questi attestati, ma persino i referti medici testimoniano a loro modo che l’informazione, a Genova, ha saputo fare il suo lavoro. La pagina del luglio 2001 rimane una delle più convincenti del recente giornalismo italiano. Nelle settimane che precedono il G8, a dire il vero, non ha fatto granché per spiegare i temi che lì verranno discussi: la critica al modello di sviluppo occidentale, i diversi possibili tipi di globalizzazione, il rapporto tra Nord e Sud del mondo sono temi considerati troppo noiosi, da addetti ai lavori; “non c’è notizia”, secondo la pigra scala professionale dominante. Ma a Genova, nel fuoco degli scontri, di fronte al tentativo scoperto di attaccare alcuni diritti costituzionali, il giornalismo italiano trova le parole e le immagini per restituire la gravità di quello che sta accadendo. E impedisce che le tentazioni autoritarie, l’attività deviata di alcuni apparati dello Stato, possano giovarsi del nostro silenzio complice.
Una vicenda, tra tante altre, racconta di questa passione civile e professionale per la verità, che stavolta riesce ad essere più forte delle censure e delle autocensure. E’ la storia del servizio che il Tg1 delle 20 (diretto da Albino Longhi) manda in onda tre giorni dopo la fine del vertice. A firmarlo è Bruno Luverà, che non mette una sola parola di commento ad una impressionante sequenza di immagini: immagini arrivate dal Tg2, grazie ad un montatore che le ha viste, ne ha compreso lo straordinario valore, e non si rassegna al fatto che l’inviato e il telecineoperatore che per la testata diretta da Mimun le hanno girate le abbiano frettolosamente riposte in un cassetto. Dopo quel servizio, le voci di Saxa Rubra dicono arrivi una telefonata da Carlo Azeglio Ciampi, che parla della commozione e della rabbia sue e della signora Franca. Subito dopo, il Presidente della Repubblica chiederà la verità. Le violenze non potranno essere archiviate tanto in fretta.
Ma Genova è anche la prima, grande dimostrazione italiana dell’efficacia di quelli che nel 2001 ancora chiamiamo “nuovi media”. D’ora in poi sarà chiaro che su ogni avvenimento pubblico avremo decine, centinaia di testimonianze: videocamere e telefonini potranno sempre aggiungere un punto di osservazione, un particolare forse decisivo. Visti da Genova, i rischi di un orwelliano “grande fratello” che spia ogni attimo della nostra vita sembrano assai meno rilevanti del valore che per la vita della società e per la tenuta della democrazia ha questa rete diffusa di media-attivismo, professionale o no che sia. Un antidoto potente e benefico al populismo mediatico che purtroppo dopo il G8 del 2001 investirà pesantemente l’informazione italiana. Non è una coincidenza se, dieci anni dopo, oggi che quel populismo mostra segni di logoramento, fra le cause della sua crisi c’è Internet con la sua vorticosa circolazione di informazioni. E non è una coincidenza se tornano in evidenza insieme certi media e certi contenuti, come i referendum dimostrano: i beni comuni, di cui a Genova non si riuscì a parlare sotto i colpi dei manganelli e le violenze dei black bloc, hanno lavorato in rete e anche lì hanno costruito consenso. Come quelle indimenticabili e pacifiche mani tinte di bianco, che hanno retto ai pestaggi di dieci anni fa e che nel voto sull’acqua pubblica si sono prese la rivincita.
*Presidente Fnsi (pubblicato su l'Unità)
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