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G8 Genova. Affinito: "Solo una certezza: non c'era più uno stato di diritto"
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di Bruna Iacopino

G8 Genova. Affinito: "Solo una certezza: non c'era più uno stato di diritto"

“Il caldo, i lacrimogeni, il sangue...” Domenico Affinito, inviato dell'Agenzia giornalistica Rcs e vice presidente di RSF Italia, schizza in tre parole il ricordo di quei tragici giorni del G8 di Genova, vittima anche lui, come molti altri colleghi, delle violenze da parte delle forze dell'ordine nonostante la pettorina gialla...

Cos'è nella tua memoria Genova 2001?
Nonostante siano passati 10 anni ho un ricordo ancora molto vivo di quei giorni. Venerdì si percepiva già nell'aria che sarebbe successo qualcosa di straordinario per i numeri, le persone, i colori, le violenze compiute dai primi black bloc... ma la situazione comincia a precipitare quando le forze dell'ordine decidono di attaccare il corteo delle tute bianche, gli eventi si susseguono velocemente, ci sono gli scontri in via XX settembre, poi Piazza Alimonda e la morte di Carlo Giuliani. Lì cambia tutto. Sabato è una escalation dalla mattina, con un grande corteo carico di rabbia per la morte di Giuliani, i black bloc che ricompaiono e le forze dell'ordine che aggrediscono violentemente con idranti, e camionette sparate addosso alla folla, incapaci di gestire la piazza e soprattutto di fare distinzioni. Per concludere poi con l'irruzione alla Diaz.

Dove stavi in quel momento?
Mi trovavo a cena con altri colleghi nella zona del Porto quando a un certo punto arriva un lancio di agenzia che annunciava l'irruzione... quindi la corsa, la difficoltà di trovare un taxi e la scena che ci si è parata davanti all'arrivo alla scuola.

Molti colleghi ricordando Genova parlano di uno scenario di guerra, alcuni dicono fosse ancora peggio...
Ho frequentato scenari di guerra, sono stato in Kossovo, in Iraq, ma non credo sia possibile fare un paragone. La sensazione che avevi non era tanto quella di stare in guerra, ma piuttosto era la paura dovuta alla mancanza assoluta di certezze, in quel momento sentivi che era stato sospeso lo stato di diritto... nonostante il pass addosso da giornalista quello che ti passava per la testa era: “ può succedere qualsiasi cosa”.

Come altri giornalisti anche tu hai preso le manganellate in piazza...

Durante la carica in piazza Kennedy, il sabato, insieme ad una collega dell'edizione locale del Corriere della sera ci eravamo rifugiati in una viuzza. Lì siamo stati aggrediti da un gruppo di finanzieri, nonostante la pettorina e la qualifica strillata, è dovuto intervenire un altro agente a bloccare il pestaggio. Dopo di noi lo stesso gruppo si è diretto verso un garage dove aveva trovato riparo un gruppo di manifestanti, li hanno fatti uscire tutti e li hanno fatti mettere sdraiati con la faccia a terra e le mani sulla nuca; lo ricordo bene perché in mezzo c'erano mamme e ragazzini, persone che decisamente non potevano rappresentare alcun pericolo. Eppure sono stati portati via tutti sulle camionette. Avevo dato dell'acqua a una ragazzina che stava in mezzo e piangeva, a quel punto avendo visto quello che doveva essere un ispettore mi sono avvicinato e ho chiesto che almeno fossero trattati umanamente. Mi sono sentito rispondere di farmi i fatti miei altrimenti avrebbero arrestato anche me.

Se da una parte c'è chi elogia l'operato della stampa in quei giorni, dall'altra c'è chi dice che in qualche modo le violenze siano state causate dal clima di allarmismo diffuso nei giorni precedenti. Cosa ne pensi?

A me risulta che il clima di allarmismo si fosse diffuso anche in altri contesti, diversi, ma senza avere gli stessi risultati: i giornali si limitavano a riportare le informative del Sisde e poi bisogna dire che venerdì fino all'arrivo dei primi black bloc non era successo nulla... sabato invece le forze dell'ordine hanno cominciato ad aggredire il corteo fin dalla mattina con un'evidente volontà di reprimere.
Com'è cambiato se è cambiato il rapporto tra giornalisti e piazza dopo il G8?
Un cambio vero e proprio lo si è avvertito non tanto dal G8 ad oggi, ma tra venerdì e sabato. Se il venerdì il clima da parte della piazza era di diffidenza, sabato dopo la diffusione a livello mondiale delle foto che ritraevano Carlo Giuliani morto, si era instaurato all'improvviso un clima di complicità, quasi di protezione nei nostri confronti...
In occasioni successive, questo clima di diffidenza continua a permanere, a volte, visto quanto fanno alcuni colleghi, anche a ragione.

A Genova repressa anche l'informazione- di Roberto Natale* / Genova, informazione sotto tiro- dossier di Sergio Cecchini / Audizione di Paolo Serventi Longhi presidente FNSI presso la Commissione di indagine il 4 settembre 2001
Programma delle iniziative per il decennale su http://www.genova2011.org/ 


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