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Articolo 21 - ESTERI
Norvegia, tragedia nazionale
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di Daniela De Robert

Norvegia, tragedia nazionale “È una tragedia nazionale”. Il giorno dopo la Norvegia si sveglia con le parole del premier Stoltenberg che in una conferenza stampa dichiara: “Mai dalla seconda guerra mondiale il nostro paese è stato colpito da un crimine di questa portata”. Era un giorno come tanti altri ieri in Norvegia, piovoso e tranquillo. Ma questo era prima, prima che un doppio attacco la colpisse al cuore. Una bomba molto potente salta in aria nel primo pomeriggio in pieno centro. Possibile obiettivo il premier Stoltemberg. Poi, qualche ora dopo, un uomo fa una strage di ragazzi radunati per il campo estivo dei giovani laburisti. I due episodi appaiono subito collegati. L’ipotesi del terrorismo islamista, che per qualche ora era sembrata la più plausibile, si sbiadisce nonostante la rivendicazione on line di un gruppo jihadista finora sconosciuto. Per gli investigatori la matrice è interna: estremisti di destra locali. Si segue la pista neonazista. Il nemico è in casa, anzi di casa.
Sono le 15 e 26 quando una potentissima esplosione scuote il centro della città. Un’autobomba esplode nel quartiere del potere, a pochi passi dal palazzo del governo, di fronte al principale giornale della città. Gli edifici sono sventrati, i vetri esplodono fino a un chilometro di distanza, lo scenario è da guerra. Il premier Stoltenberg, probabile bersaglio, è salvo,  ma l’attentato uccide sette persone e tra le decine di feriti due sono gravi.
La città è sgomenta. I pensieri vanno all’11 settembre. Tornano alla mente le minacce qaediste. La partecipazione della Norvegia alla missione militare Nato in Afghanistan e ai raid in Libia, la recente ripubblicazione delle vignette danesi su Maometto su due testate giornalistiche e l’incriminazione dieci giorni fa il Mullah Krekar, fondatore del gruppo curdo-islamista, spingono a considerare seriamente la pista del fondamentalismo islamico.
Ma il peggio deve ancora venire. Qualche ora più tardi sull’isola di Utoya a una cinquantina di chilometri a Nord della capitale, un uomo vestito da poliziotto apre il fuoco su un gruppo di seicento ragazzi arrivati per l’annuale raduno dei giovani laburisti. È bianco, alto, in divisa. Spara nel mucchio senza fermarsi. Usa una pistola e un fucile automatico. Il suo obiettivo è uccidere. E ci riesce. I ragazzi scappano, si nascondo nei cespugli, dietro gli alberi, qualcuno si butta in acqua. Sono terrorizzati. Testimoni parlano di una ventina di morti sulla spiaggia. Poi la cifra scende. Ma alla fine gli adolescenti uccisi sono ottanta. È una strage. L’attentatore viene arrestato. È un norvegese. Ha 32 anni. Si sospetta che sia coinvolto anche nell’attacco a Oslo. Qualche ora prima, infatti, sarebbe stato visto anche in centro, vicino al luogo dell’esplosione.  L’uomo – ha detto la polizia – aveva opinioni ostili all’islam. Dalle sue pubblicazioni su internet emergono "caratteristiche tendenti alla politica di destra e anti-musulmana, ma è troppo presto per dire se questo sia un motivo per il suo gesto", ha detto il commissario di polizia Sveinung Sponheim alla tv pubblica Nrk.
Difficile a credersi, ma la giornata poteva andare anche peggio. Sull’isola è stato ritrovato dell’esplosivo non utilizzato e la televisione pubblica Nrk avrebbe rinvenuto un ordigno inesploso nei pressi della sua sede
L’allerta nel Paese è ai massimi livelli. Sospeso l’accordo di Schengen sulla libera circolazione.
In serata il premier e il ministro della giustizia si rivolgono alla nazione: “Dobbiamo reagire e farlo in nome della democrazia”.
La condanna internazionale per quanto è accaduto è unanime.

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