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Articolo 21 - Editoriali
Che cosa saremmo senza Ac e Cl
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di VLADIMIR

da Europa

Correvano gli anni ruggenti di Comunione e liberazione, quelli del Movimento politico, quando dopo averle prese i ciellini avevano anche iniziato a darle, e Zucchero Fornaciari (che pure ha imparato a strimpellare sulla pianola dellâ??oratorio) andava al Meeting di Rimini a cantare che «solo una sana e consapevole libidine salva i giovani dallo stress e dallâ??Azione cattolica». Lo stress, lâ??Azione cattolica lâ??avrebbe distribuito a piene mani predicando una â??scelta religiosaâ? intima e personale. Di contro, gli eroici sopportatori degli schiaffoni che lâ??Ac, negli ultimi quindici anni, ha ricevuto a destra e a manca non hanno mai omesso di ripetere pazientemente ai ciellini, come ha scritto Alberto Melloni (citando una frase di padre Bartolomeo Sorge), che una cosa è voler essere il sale della terra e unâ??altra cosa è pretendere che tutta la terra si trasformi in unâ??enorme saliera.
Stanno terminando gli anni, senza sale, di ben tre lustri durante i quali la Chiesa italiana si è soprattutto preoccupata di dotarsi di vescovi disposti ad accettare senza discussioni un programma quasi simile a quello della Confindustria: stare dâ??istinto dalla parte di chi comanda, pena la condanna allâ??emarginazione e al silenzio.
Il concetto è un poâ?? rude ma è quello che, più volte in questi anni, hanno detto e scritto proprio quegli â??spiriti liberiâ? che hanno firmato buona parte degli articoli del numero di questa settimana di Segno nel mondo, la bella e vivace rivista dellâ??Azione cattolica italiana, dedicato al grande incontro di Loreto del 4 e 5 settembre. «Câ??è unâ??aria nuova» tra i movimenti ecclesiali ha dichiarato a Rimini monsignor Betori, il segretario della Conferenza episcopale, «che si riempie di presenze fraterne». Detta da un vescovo, sembra la scoperta dellâ??acqua calda: forse che un movimento ecclesiale nasce e viene approvato per rinchiudersi dentro un ghetto e aprirsi alla fraternità evangelica solo per e con coloro che la pensano allo stesso modo? Anche nel 1985 la Chiesa italiana si era radunata a Loreto in nome di una fraternità cristiana, piena di fermenti, ricca di carismi e con quello che ai più di allora già appariva come solo un piccolo nodo da sciogliere: quello dellâ??impegno politico unitario dei cattolici. Una questione che lâ??allora presidente dei vescovi italiani, il cardinale Ballestrero, invitava ad affrontare con lucidità e senza dare della Chiesa della penisola unâ??immagine da â??società dei piagnoniâ?. Come ha ricordato Alberto Melloni, qualcuno ha trasformato quella ormai lontana speranza lauretana in una sorta di boomerang: nel 1987 due ciellini, già allora in vena di prebende televisive, hanno persino danzato sulla bara di Giuseppe Lazzati, mentre qualche transfuga dellâ??Ac elaborava i propri psicodrammi trasformandosi in un urlatore massmediatico. Il tutto, dentro una rappresentazione di lotte di potere probabilmente molto ammirate â?? se non proprio stimolate â?? da chi invece avrebbe dovuto predicare la concordia degli sforzi e lâ??unitarietà dei fini. Monsignor Betori si dice senza rimpianti per la fine della stagione unitaria dellâ??impegno politico dei cattolici. Ma se qualcuno avesse tempo e voglia di rileggere le prolusioni episcopali dal â??90 al â??97 (e se qualche cattolico raccontasse quello che ha dovuto subire, anche a livello di rapporti personali, quando ha fatto nascere oppure si è schierato con lâ??Ulivo prima maniera) la pacatezza del rappresentante dellâ??episcopato italiano sembrerebbe più un bizantinismo clericale che una assunzione di responsabilità.
Stare a sentire, e fare diversamente: nei fatti, questo è stato in questi anni il modus agendi che i cattolici italiani hanno scelto di praticare nei confronti dei vertici dellâ??episcopato nazionale. E con questo loro modo di fare lâ??Azione cattolica, Comunione e liberazione, la Comunità di santâ??Egidio e le altre realtà delle aggregazioni laicali cattoliche sono state tutte, nei fatti, ugualmente e utilmente unite nella storicizzazione della presenza cattolica nel nostro paese. E mica per altro: durante la ricreazione dei chierici di ogni colore, sono stati gli unici ad accettare la sfida di un lavoro ingrato e socialmente persino contraddittorio.
«La contraddizione non deve opprimere », scrive Massimo Cacciari su Segno nel mondo. E continua: «Tollerare vuol dire recare in alto, sollevare, tollere. Il santo è colui che eleva la contraddizione, che trionfa nel sopportare il peso». In questo, Comunione e liberazione e Azione cattolica possono vantare lo stesso grado di trionfo.
Con buona pace di coloro che il laicato cattolico lo tollerano solo in sacrestia, senza Comunione e liberazione il dibattito sul pluralismo politico e sociale di questo paese sarebbe ancora appannaggio dei soliti snob, e senza lâ??Azione cattolica la vita ecclesiale dentro le nostre parrocchie (mai disertate dallâ??Ac) non sarebbe quella ormai acquisita via per una trasformazione fiduciosa e pacifica della propria esistenza.
Certo, a Loreto il papa aggiungerà tre nuovi beati alla lista di coloro che hanno militato per Cristo dentro la più antica associazione cattolica italiana. Per i beati di Cl e delle altre associazioni cattoliche, bisognerà aspettare ancora. Ma prima o poi sapremo anche i nomi di coloro che, nellâ??ampio arcobaleno dei percorsi di formazione e di impegno presenti nella Chiesa italiana, anche durante gli anni del silenzio e della disistima, hanno (stiamo ancora citando Cacciari) anche «tollerato» la contraddizione della propria Chiesa istituzionale per trasformare la propria vita in canto e in preghiera.
Perché, come i commenti di questi giorni dimostrano, ai funerali dellâ??unità morale e spirituale dei cattolici italiani, anche questa volta, come sempre, il morto non câ??è.

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