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Il partito del rancore
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di Claudio Rossoni

Il partito del rancore

Quattro o cinque bei fascistoni stagionati. In pensione. Ex commercianti, tappati bene, braccialetti massicci, orologi di alta qualità. Spesso sono tuoi vicini di tavolino, al bar, quando vai a bere un macchiato e a leggere i giornali. Ti hanno sempre salutato con rispetto (simmetrico al tuo); hanno scambiato con te e tua moglie piccole frasi di cortesia. Finché il governo era di centrosinistra. Che c’entra la politica? direte voi. C’entra, perché quando è tornato “lui” si son fatti più coraggiosi, sfrontati. Hanno vinto. E vincere per loro significa che tu devi sparire. Finalmente possono opprimerti con la loro intolleranza: gli dà fastidio che tu, proprio lì accanto a loro, legga Repubblica e l’Unità. E allora si scambiano battute stupide e violente ad alta voce, molto ad alta voce, perché tu senta, perché tua moglie, che ha ricevuto una telefonata di lavoro, faccia fatica a farsi capire al cellulare…
Una tavolata, in un buon ristorante. Gente danarosa. Educazione, pochina. Mangiano come animali. Ordinano i piatti più ricchi, le bottiglie più esclusive. Bambini. Come sempre, ormai, bambini al ristorante, di sera, fino a tardi. Sacri. Possono sfinire i vicini col video-giochino, possono saltare giù dalla sedia e scorrazzare per la sala, urtando, disturbando. Possono strillare. Possono pretendere l’attenzione di tutti gli amici e parenti per raccontare la barzelletta. Devastante. Per stupidità e razzismo (“…per forza che puzza come un negro. È un negro!”). Tutta la tavolata è percorsa da un fremito di compiacimento. “Come viene su sveglio, questo Kevin!”.
Davvero c’è stata questa mutazione genetica. Vale anche per le signore settantenni di condizione modesta che stanno in fila alla posta o dal verduraio. Non hanno un po’ di pazienza, non riconoscono più all’altro il diritto di esistere; se l’interlocutore – siamo al nord – non ha l’accento del luogo, non può nemmeno parlare. Se poi parla un italiano con più vocaboli di Amadeus, deve vergognarsene, cedere il passo al loro analfabetismo di ritorno. E lo insultano, queste signore, con epiteti che fino a vent’anni fa le avrebbero fatte arrossire.
Ma quanta fatica fanno, tutte queste persone, a stare nel “partito dell’amore”; che sacrificio deve essere per loro seguire il loro capo sui sentieri della bontà, loro che hanno tanto rancore da smaltire (e chissà poi perché…).


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