Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
L´ITALIA - Casini: basta risse, nel Paese torni lo spirito costituente.
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Massimo Giannini

Il presidente della Camera e l´Ossezia "Venerdì sarò a Birkenau: il massacro di bambini come la Shoah degli ebrei"

da La Repubblica

ROMA - «Quando gli atti dei terroristi sono così disumani da distruggere la vita di tante creature innocenti nel loro primo giorno di scuola, è anche difficile trovare le parole, e soprattutto trovare una risposta ai tanti perché che ci angosciano...». Pier Ferdinando Casini si dice «sconvolto». Guarda la immagini in televisione, scorre sui giornali le foto della strage dei bambini in Ossezia. Scuote la testa. Dice: «Venerdì prossimo sarò a Birkenau, a rendere omaggio alle vittime dell´Olocausto. Ecco, se devo trovare una similitudine, mi viene da pensare che l´atroce disumanità dei gesti compiuti da quei barbari assassini nella scuola russa non è inferiore a quella che i nazisti dimostrarono nei confronti degli ebrei». Nonostante questo, nonostante lo sgomento e l´orrore del mondo, il presidente della Camera sostiene che «proprio ora, proprio di fronte a tanto scempio e a tanto dolore, l´unico modo per uscire dalla morsa è il dialogo tra le culture, la convivenza pacifica tra le religioni. Il terrorismo globale ci pone di fronte a una sfida che per dimensioni quantitative e qualitative non ha riscontri rispetto al passato: dobbiamo essere attrezzati per affrontarla».
Presidente Casini, non è solo un problema logistico-militare. Sembra mancare anche l´attrezzatura culturale. L´Occidente, di fronte allo scontro di civiltà praticato dai Jihadisti, è davvero vittima del suo relativismo, della sua rinuncia ad affermare e difendere i suoi valori, come sostiene il presidente del Senato Pera?
«In parte è così. Ma io vedo anche altri bersagli, nella barbara strategia della Jihad. Come il terrorismo delle Br ha colpito riformisti come D´Antona e Biagi, allo stesso modo il terrorismo globale vuole colpire l´Islam moderato, le comunità arabe che si vogliono integrare in Europa. Mira a rompere il dialogo tra le culture, creando nuove potenzialità di reclutamento. Nessuno è più al riparo: non lo siamo noi, che siamo in Iraq, e non lo è la Francia, che invece non ha fatto la stessa scelta. Se questa è la sfida, per difendersi c´è una sola strada: mantenere i nervi saldi, tenere aperto il dialogo con i Paesi arabi moderati, tentare la via della coesistenza pacifica, non vedere l´Islam come un nemico».
Sembra troppo tardi, dopo il vulnus di una guerra unilaterale contro l´Iraq, alla quale anche noi abbiamo deciso di partecipare.
«Oggi dobbiamo restare in Iraq. Non c´è alternativa a ciò che stiamo facendo. E inviterei tutti a non parlare a sproposito di resistenza irachena».
Non le sembra che dalla Francia, sulla reazione e la «gestione» dei due giornalisti rapiti, arrivi una lezione esemplare, prima di tutto all´Italia?
«Devo dire che non ho condiviso tante scelte nella politica estera francese, a partire dalla legge sul velo nelle scuole che mi sembra risentire di una pretesa laicistica che non ha nulla a che fare con la doverosa laicità dello Stato. Né mi è piaciuta l´ostentazione di una certa freddezza nelle relazioni transatlantiche. Ma bisogna riconoscere che, in questo frangente, la Francia si conferma un grande Paese, dando prova di grande dignità e di profonda unità nazionale».
Appunto. La stessa cosa si sentirebbe di dirla per il nostro Paese, dopo le tragedie di Quattrocchi e di Baldoni?
«Non sottovaluterei questa nostra Italia. Se penso ai morti di Nassiriya io penso a una grande Italia. Nelle vicende di questi mesi non trovo elementi per dire che il governo o l´opposizione, tranne alcune eccezioni, dovevano comportarsi in modo diverso. Poi, certo, non mi piace la radiografia dei morti. La trovo macabra e sciacallesca. Sono stato al funerale di Quattrocchi, e spero che venga restituita al più presto la salma di Baldoni. Indubbiamente erano persone molto diverse tra loro. Ma giudicare davanti alla morte mi sembra un atto di presunzione intollerabile».
Perché neanche sotto il fuoco del nuovo terrorismo, la politica italiana riesce a trovare un denominatore comune?
«Oggi più che mai la classe politica deve interrogarsi su ciò che l´opinione pubblica si aspetta da lei. Deve capire che è folle ritenere ?rischioso´ ogni impegno per un´intesa bipartisan su alcune grandi questioni nazionali. Deve capire che la rissa continua non paga. Che ?scannarsi´ nei salotti televisivi tutte le sere fa perdere credibilità. E deve capire che sottrarre i grandi temi del Paese alla polemica quotidiana è l´unico modo di fare gli interessi dell´Italia, e di riconciliare le opinioni pubbliche con la politica. Mai come oggi servono senso di responsabilità e moderazione. Mi ha colpito ciò che sta accadendo negli Usa. All´apice dello scontro più aspro tra Bush e Kerry, quando si parla dell´Iraq le differenze sfumano fino a scomparire. Allo stesso modo, alla convention dei repubblicani Bush cerca di portare sulla scena gli esponenti moderati del suo partito. Con l´estremismo non si vince. E questo vale dappertutto».
Lei sta rilanciando un disegno neo-centrista in Italia...
«Non c´è alcun disegno neo-centrista. Anche da noi il centro è finito per sempre, come schieramento a se stante. Ma un fatto è sicuro: del centro politico tutti hanno ancora un forsennato bisogno. E se questo è vero nella patria del bipolarismo, come l´America, figuriamoci quanto lo è in Italia».
? un effetto del fallimento di Berlusconi. Il centro moderato doveva rappresentarlo lui. Se oggi la domanda di centro resta inevasa, evidentemente il Cavaliere non era la risposta.
«Berlusconi, storicamente, ha vinto quando ha saputo riassumere i voti del centro. Questa operazione gli è riuscita nel ?94 e nel 2001. ? stato meno convincente nel ?96, e infatti ha perso. La sfida per il futuro è sempre la stessa. Chi dei due, tra Berlusconi e Prodi, risulterà più convincente presso l´elettorato moderato, vincerà la partita del 2006. Ci sono ancora due anni di legislatura, e la partita è aperta. L´ideologismo non premia. Siamo tutti sono di fronte ai grandi problemi concreti del Paese. Nel centrosinistra Rutelli ha posto una questione fondamentale, l´energia, sulla quale l´opposizione sconta un grave ritardo: si tratta di capire se quello del leader della Margherita è solo uno slogan, o è parte di un programma di governo. La stessa cosa vale per il centrodestra, che ha fatto riforme come le pensioni, il mercato del lavoro e la scuola, ma è in ritardo su altre: ha la voglia e la forza di portare avanti le altre riforme nell´ultima parte della legislatura oppure no? Questo sta a cuore alla gente, non certo il cosiddetto teatrino della politica».
Alla Camera sta per arrivare la «bomba a orologeria» delle riforme istituzionali. Lei non è preoccupato?
«Sono molto preoccupato. Per questo voglio lanciare un appello ai due Poli. Tutti, dal capo dello Stato Ciampi al presidente del Senato Pera, auspicano che non si facciano riforme istituzionali di legislatura. Questo è anche il mio auspicio. Non chiedo voti all´unanimità. Ma mi auguro sinceramente che le forze politiche recuperino quello spirito costituente, senza il quale non ci sarà modernizzazione del Paese. Onestamente, di questo spirito non vi è traccia nella riforma del titolo V della Costituzione, varata dal centrosinistra nella scorsa legislatura, e mi ha fatto piacere che un vero servitore dello Stato come Maccanico abbia avuto l´onestà di riconoscerlo. Ma allo stesso modo sono preoccupato per l´operatività generale della riforma del centrodestra».
Cosa la preoccupa?
«Mi preoccupa il fatto che la riforma modifica radicalmente la disciplina del procedimento legislativo statale, con aspetti di criticità che si riflettono nei rapporti tra le due Camere e nei rapporti tra governo e Parlamento. Mi preoccupano le modalità di riparto delle competenze legislative, che possono generare una elevata conflittualità tra i due rami del Parlamento, con il rischio che se ne aggiunga un´altra oltre a quella già altissima che si è creata tra lo Stato e le regioni dopo la riforma dell´Ulivo. Mi preoccupa la possibilità di garantire l´attuazione del programma di governo dentro un Senato federale titolare di una potestà legislativa in un ambito di materie di rilevanza strategica rispetto all´indirizzo politico dell´esecutivo. Ancora, mi preoccupa il riferimento ai regolamenti parlamentari che dovrebbero integrare la disciplina sostanziale...».
Presidente Casini, lei non può trascurare, al di là di questi aspetti tecnici, che il nodo politico più spinoso è la devolution. Come si fa con la Lega, che minaccia la crisi se non passa il suo testo?
«? un problema del governo, che ne risponderà agli elettori. Io dico che si deve dare la competenza esclusiva alle regioni su molte materie, ma non su questioni fondamentali. L´energia è una di queste... «.
Forse non lo sono anche la scuola, la sanità e la polizia, su cui il Carroccio non vuole mollare?
«La Lega fa la sua battaglia politica. Io la capisco: è andata al governo per questo, vuole vincere ed è legittimo che lo faccia. Ma io dico che vince davvero non solo se mette d´accordo tutta la maggioranza, ma soprattutto se costruisce un edificio costituzionale che sta in piedi. E comunque voglio ricordare a tutti i partiti che c´è un convitato di pietra sulle riforme, e cioè il referendum confermativo. Per questo trovo ugualmente insensato che il centrosinistra si rifugi sull´Aventino, tirandosi fuori da una riforma che comunque si farà, e che il centrodestra vada avanti per conto suo senza coinvolgere l´opposizione, col rischio di vedere la riforma bocciata a valle dal responso popolare. Come è evidente, lo spirito bipartisan è, oltre che un´esigenza, anche una convenienza. Per tutti».
Prima dell´estate, la Casa delle libertà sembrava a un passo dalla crisi. Secondo lei la «verifica» d´agosto ha risolto qualcosa?
«Io penso che in politica, prima o poi, i nodi vengono al pettine. E allora ai due Poli dico: state attenti, l´eccesso di litigiosità ormai è puro autolesionismo. Il centrodestra deve trovare una quadra: gli alleati raggiungano un accordo, e si presentino uniti. Il centrosinistra riduca il suo tasso di confusione, che è elevatissimo. Ho ascoltato in queste settimane parole di grande buon senso sull´Iraq, pronunciate da Fassino e Rutelli. Eppure hanno creato forti tensioni. Mi chiedo come sia possibile, e perché mai nell´opposizione le istanze del riformismo facciano tanta fatica ad affermarsi, ogni volta ostacolate da una sinistra antagonista che non governa in nessun Paese d´Europa».
Giusto. Ma per stare nella sua metà del campo, come fa un cattolico democratico come lei ad accettare che il Polo tratti per imbarcare i radicali?
«Non entro nel merito. Ma penso che anche per allargare le compagini serva chiarezza. Se prima si sciolgono tutti i nodi sul tappeto e poi si integrano forze nuove sulla base di una piattaforma programmatica comune, allora le alleanze tengono. Se invece le compagini si ampliano aritmeticamente si rischia solo di accrescere la litigiosità, e così non si va da nessuna parte».
Presidente, dica la verità: il dopo-Berlusconi è già cominciato.
«Senta, il centrodestra ha vinto perché c´era Berlusconi e per la sua capacità di calamitare consensi. In parte è ancora così. Ma ora serve un´alleanza che sia in grado di vincere anche per l´efficacia autonoma della sua proposta politica. Se continua a ragionare per slogan, non ci riesce. In questo, anche il presidente del Consiglio è chiamato a dare il suo contributo. Il processo di maturazione politica del centrodestra non deve essere vissuto come una ?sfida´, ma come una grande opportunità collettiva che fa crescere la democrazia italiana».

Letto 376 volte
Notizie Correlate
Audio/Video Correlati
Dalla rete di Articolo 21