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Articolo 21 - Editoriali
IL NUOVO TERRORISMO SI AFFERMA COME «ORRORISMO» MA IL RISVOLTO DELL??ANGOSCIA ? LA NOSTRA PIETAS PER I DECAPITATI - Horror show
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di Filippo Ceccarelli

da La Stampa

 

Vogliono fare paura. E ci riescono, diamine. Quelle vittime inermi, in ginocchio, le mani dietro la schiena, o legati fra loro, grappoli umani a capo chino. Quei carnefici incappucciati e immobili sullo sfondo, tutti neri, che le circondano. Quei coltellacci che arrivano sul set. E poi... poi basta. Si sa, ormai, quello che succede. E?? l??indicibile in forma d??ipnosi, la rivelazione più tragica e raccapricciante della violenza. Certo che vogliono fare paura, con quei video. Ma non solo. C??è qualcosa di più: vogliono fare spettacolo. «Tagliare una sola testa - scrive Renè Girard ne Il capro espiatorio - basta qualche volta a suscitare il turbamento universale». Cuore semplice, Bush s??è detto «disgustato». Ma sulle bancarelle di Baghdad pare che già vendano i dvd con le esecuzioni rituali, il costo è di 1 euro; mentre qui in Italia c??è un consigliere veneto di Forza Italia, a nome Padrin, che le immagini dell??ultimo assassinio le ha subito schiaffate sul suo sito - «Il video della barbarie. La visione - si legge - è rivolta a un pubblico adulto», e sotto infatti, senza avvertenza, c??è un articolo sulla migrazione di certe tartarughe della Guyana francese. Ecco. Paura più qualche altra cosa che si propone, si offre e si esibisce per catturare e inorridire un pubblico che non è mai stato così vasto. Ammazzamenti e umiliazioni che ormai si intrecciano e si sovrappongono confondendosi in unico sequel di soldati americani in tuta arancione, cuochi nepalesi dentro sacchi dell??immondizia, e ingegneri inglesi, camionisti turchi, autisti bulgari. Senza contare - ma invece contano, nel senso che dominano gli sguardi, scavano nell??anima e restano impressi nel cuore - il bambino con le mani dietro la testa nella palestra di Beslan, o la soldatessa che sorride sopra il cadavere congelato di un prigioniero ad Abu Ghraib. E insomma: la visione a distanza dell??orrore nell??era della sua riproducibilità non solo tecnologica, ma perfino bellico-propagandistica, come dimostra la comparsa l??altro giorno di vere e proprie «Brigate dell??orrore», così autonominatesi in un alcuni manifesti affissi a Samarra. Difficile isolarlo, questo orrore, all??interno del mostruoso lungometraggio della spietatezza. E ancora più difficile smontarlo. Eppure ciò che più colpisce è la smodata consapevolezza della regia da cui è governato anche al di là delle immagini e cioè nel linguaggio dei testi. La feroce e sadica disinvoltura dei proclami, per esempio, veri o falsi che siano. Come pure il crudo realismo anatomico dei verbi: «sgozzare», «scannare», «se le nostre richieste non saranno accettate, gli infedeli avranno la gola tagliata e il collo segato affinché la loro fine sia d??esempio».S??immagina un mondo di consumatori. Pare che sui siti Internet, specie nei forum degli integralisti, questa smania di suscitare un record di ribrezzo tocchi livelli di assoluto straniamento. Riferiva ieri Libero i «consigli» di alcuni improvvisati sceneggiatori: bisognerebbe far assistere anche gli ostaggi alle decapitazioni, scrivevano; e magari fargli anche sollevare la testa mozza di qualche loro compagno. L??unico rischio, faceva presente qualcuno, è che potrebbero morire prima, d??infarto. E comunque: perché non usare la sega al posto del coltello? Sarebbe in effetti più doloroso.Si afferma così l??orrorismo. Ovvero la continuazione del terrorismo con altri mezzi, si direbbe eminentemente psico-visivi. La turpe videoteca tende alla serializzazione contemplando appunto faticosi decollamenti, ostensioni di teste, cadaveri depezzati, prigionieri imploranti, bende sugli occhi, stridori e risonanze da far venire la pelle d??oca. Schizzi di sangue sulla telecamera, quelli ancora no, ma non mancavano sul video-beffa girato nel garage di casa dal californiano pazzoide, Vanderford, che a suo modo aveva individuato le peculiarità spettacolari del genere orroristico, anche se a nessuno poi è venuto da ridere.Si capisce. Su quei fondali irti di caratteri arabi in sovraimpressione, ai piedi di quelle bandiere dalle strane forme e di quei muri scalcinati degli innocenti seguitano a crepare in differita. E?? l??innocenza e la mite rassegnazione delle vittime, a pensarci bene, che strazia nel profondo. L??Occidente era del tutto impreparato: constatazione al tempo stesso banale e impegnativa. Non gli serve a nulla aver inventato e prodotto le betacam. Né avere a disposizione fior di antropologi, e pure premi Nobel come Elias Canetti, che hanno studiato la storia e il valore simbolico delle decapitazioni, e proprio da quelle parti, la conta delle teste fra gli Assiri, o la storia mirabile di quella di Hussain, il nipote del Profeta, di fronte a cui s??inchinavano anche i leoni.L??Occidente ha dimenticato i suoi, di orrori. E Dio solo lo sa se ce ne sono stati, in Europa. Il sangue della storia si asciuga in fretta, e le sue tracce facilmente si lasciano spazzare, cancellare. Così si guardano i video di questi nuovi poveracci, i Nick Berg, i Kim Sun Il, i Paul Marshall Johnes; si sentono i carnefici incappucciati che gridano «Allah è grande!»; e in assoluta buona fede il riflesso è di qualificare queste scene come disumane, e sbrigativamente di considerale lontane dalla propria storia. Quando invece è tutta la cultura umana, senza distinzioni tra nord sud est e ovest, ad essere «votata alla dissimulazione perpetua delle proprie origini nella violenza collettiva»: e a spiegarlo è sempre Girard, ossia un francese che insegna negli Stati Uniti.Uno studioso che proprio al taglio della testa ha dedicato pagine che in questi giorni appaiono straordinariamente illuminanti. La decapitazione di San Giovanni Battista, in particolare, quella stessa che Caravaggio ha rappresentato come il più atroce dei tormenti, e che riattiva meccanismi arcaici che sono dentro di noi, di tutti gli uomini in realtà, mica solo degli arabi cattivi. Quante teste ruzzolate via: nelle ceste, nei fiumi, o raccolte a mucchi, o infilate sulle lance. La testa «inerte e docile, come sul vassoio di Salomè; gli invitati se la passano l??un l??altro come i cibi e le bevande del banchetto d??Erode». Ma anche la testa «spettacolo impressionante che ci impedisce di fare ciò che non si deve fare e ci sprona a fare ciò che si deve fare: l??avvio sacrificale di tutti gli scambi». Ma senza dirlo.Quando invece l??unico orrore con cui l??Occidente post-contemporaneo ha accettato di misurarsi è quello del puro spettacolo. Un modo anche assai civile per esorcizzare quella vertigine sull??abisso che accompagna l??uomo da sempre, ma del tutto irrilevante, disperatamente inutile allorché scattano gli ingranaggi della guerra e dell??odio. E hai voglia, ora che laggiù in Iraq sequestrano la gente, e minacciano di procedere «senza pietà e senza compassione», ecco, hai voglia a ripassarti le suggestioni del Grand Guignol, Artaud e il simbolismo francese. Né ti fortifica dalle botte di orrorismo la scena dell??occhio femminile tagliato dalla lama di un raoio che brilla alla luce della luna nel «Cane andaluso» di Bunuel. E chi cercherebbe mai consolazione nelle pellicole di George Romero, Dario Argento, Stephen King con tanto di ricadute splatter?No, addio film «de paura». Forse l??unica possibile ispirazione sta nei Vangeli. E ancora più precisamente: nella Passione. Anche lì, dopo tutto, con il massimo della pubblicità consentita dai tempi e dalle condizioni viene uccisa una vittima innocente. Per questo e in questo si accolla i peccati del mondo. Come tutti questi altri poveri Cristi dell??anno 2004, esposti trasformati in horror-show per fare paura, ma costretti alla gloria della pietà.

 

 

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