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Articolo 21 - Editoriali
La vittoria di Pirro
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di Norma Rangeri

da "Il Manifesto"

Con l'approvazione della legge Berlusconi, sancita ieri con un voto bulgaro della maggioranza di governo, si chiude una tappa importante del conflitto quarantennale tra politica e magistratura, una battaglia iniziata nel 1960, data della prima sentenza della Corte costituzionale a proposito di obiettività e completezza dell'informazione televisiva. Ha vinto, come sempre, la politica, ma si tratta della vittoria di Pirro. Pensando di controllare la televisione con leggi ad hoc, in realtà ne ha coltivato uno sviluppo malato, producendo un regime di duopolio che negli anni ha tarlato le gambe di una democrazia fragile. Dietro la retorica del mercato, del pluralismo e delle nuove tecnologie, Silvio Berlusconi oggi stringe le maglie assicurando all'azionista di maggioranza del centrodestra (cioè a Mediaset) il controllo dell'informazione, cioè della politica tout-court, perché ormai pienamente sostituita dalla sua immagine. La legge Gasparri è l'atto notarile che ratifica lo stato delle cose.

A nulla è valso il rinvio al parlamento della legge da parte del presidente della repubblica. Costretto ad esercitare una fortissima pressione istituzionale, il capo dello stato deve incassare una sconfitta. Il provvedimento votato ieri a Montecitorio da una maggioranza costretta a marcare il cartellino (pena l'umiliazione dell'ennesimo voto di fiducia), ha ristretto in misura insignificante il bacino del «mercato rilevante» (il Sic), non ha allentato i cordoni della borsa (solo nel paese di Berlusconi le telepromozioni non sono considerate pubblicità) e, con il decreto salvaRete4, ha contrabbandato il virtuale sviluppo del digitale con il sostanziale mantenimento dello status quo. Rai e Mediaset continueranno a soffocare il mercato. Oltretutto, la testa del servizio pubblico, con i nuovi criteri di nomina del Cda, sarà ancor più saldamente nelle mani della maggioranza di governo (quella di oggi e quelle a venire).

Di questa brutta storia italiana porta una pesante responsabilità la sinistra tutta intera. Subalterna al fascino delle telecamere, incapace di elaborare una strategia vincente di riforma, nonostante gli esempi virtuosi di Francia, Inghilterra e Germania, democrazie capaci di sviluppare l'infrastruttura mediatica salvaguardando la centralità del servizio pubblico, principale sentinella della pubblica opinione. La stagione d'oro dei girotondi si è affievolita, la sinistra corre a sedersi sulle poltroncine del driver berlusconiano che ogni sera apparecchia la farsa della par condicio.

La legge Gasparri è perfetta fotografia di un paese arretrato, pretestuosamente annoverato tra le democrazie avanzate. Ci sono molti modi di truccare la partita democratica e di manipolare la sfida elettorale. Si può giocare con la guerra come fa Bush o riciclare il vecchio regime come Putin. Berlusconi ha cercato di copiare dagli amici su entrambi i fronti, aggiungendo di suo l'arma sporca della televisione. Finora gli è stata di fondamentale aiuto, ma non è detto che questa condizione necessaria sia ancora sufficiente a rilanciarne la politica. Nel paese cominciano a formarsi gli anticorpi di montanelliana memoria, la legge Gasparri non è eterna e le autorità (Antitrust, Autorità della Comunicazione e Corte costituzionale), possono ancora dire la loro.

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