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Articolo 21 - Editoriali
L'ostaggio italiano dimenticato
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di V.M.


da Liberazione

Si professa italiano, ma non gli crede nessuno. E al dramma del sequestro aggiunge quello dell'essersi scoperto senza patria e senza identità: è il caso kafkiano di Ajad Anwar Wali. L'uomo che è stato rapito il 31 agosto 2004 nel pieno centro di Baghdad, dove gestiva un'azienda di importazione di beni «made in Italy», per la Farnesina semplicemente non esiste. Malgrado Ajad Anwar Wali sia nato in Iraq, vive e lavora in quel di Castelfranco Veneto esattamente dal 1980, dove ha aperto uno studio per la sua attività di architetto. Poi ha deciso, da imprenditore cresciuto nel Nord-Est, di rischiare davvero. E ha aperto un ufficio per la promozione di prodotti italiani nel mondo arabo. In piena Baghdad. Nel gennaio 2004 il fratello di Ajad, Emad lo aveva raggiunto da Treviso per portarli cataloghi e listini delle ditte con cui lavorano, ed è subito ripartito per il Veneto. I due fratelli manterranno un contatto per telefono e via e-mail fino a quel drammatico 31 agosto, quando Ajad viene sequestrato. Da quel giorno nessuno ha avuto alcuna notizia dell'italo-iracheno, né i media se ne sono occupati, né alcuna autorità pubblica ha preso a cuore la causa del primo ostaggio apolide persosi nel caos iracheno. Tuttavia, non passa giorno che la sorella di Ajad, che risiede a Baghdad, non si rechi alla centrale di polizia per cercare di avere notizie del fratello.
Le autorità le ribadiscono a pie' fermo che Ajad è ormai cittadino italiano e quindi la vicenda della sua scomparsa non è di loro competenza. Se vuole avere informazioni sulla sorte del fratello, le ripetono, deve rivolgersi all'ambasciata italiana. Emad Anwar Wali, il fratello rimasto a Castelfranco, segue con angoscia le notizie dall'Iraq. Ma nessuno si preoccupa mai di citare suo fratello, non esiste nel computo degli ostaggi per i quali i diversi governi si sono attivati. «Ho chiamato il ministero degli Esteri decine di volte ma nessuno vuole occuparsene. Per loro un iracheno naturalizzato italiano non conta». A Castelfranco Veneto sono rimasti la moglie Sara, di 40 anni, ed Omar, di 12. Non si danno pace, con il loro Ajad nelle mani di chissà chi e una autorità pubblica che, nel momento del bisogno, si nega. «Mio fratello rappresentava il made in Italy in piena Baghdad. Lo consideravano un ambasciatore della cultura italiana, ecco perché lo hanno voluto colpire con questo sequestro». I rapitori non sanno che l'Italia disconosce questo suo impavido promotore dalla partita Iva registrata a Treviso. «E dire che ha sempre pagato le tasse, è sempre stato orgoglioso di lavorare in Italia». Il piccolo Omar non riesce a capire. «Sono italiano dalla nascita», ci dice. «Perché l'Italia ha abbandonato mio padre?». (da "Il Riformista" del 28.9.2004)

COME LO RICORDANO IN PAESE

E' chiuso il bar centrale dove Ajad Anwar Wali era solito recarsi nel periodo in cui è vissuto o passava per Villa del Conte. L'altra sera il titolare e alcuni avventori sono rimasti molto stupiti e addolorati per quanto stava accadendo in terra irachena e l'augurio era che il loro "concittadino onorario", compagno di tante partite a carte e cene dell'Inter Club, possa uscire da questa drammatica vicenda presto e senza conseguenze. «Io lo ricordo di vista quando talvolta veniva a prendere il giornale - ci racconta invece Lorenza Sartore -; una persona molto distinta che in paese non passa certo inosservata. Gentile e cortese con tutti non capisco come possa essere entrato in questa vicenda. E' una ennesima conferma che questa guerra è davvero "sporca": molti dei miei concittadini che oggi sono venuti a prendere il giornale condividono questa mia posizione». Oltre al Bar Centrale, talvolta l'uomo era solito frequentare anche il bar del ristorante Al Leone: «Il caffè italiano è la sua bevanda preferita - conferma la titolare Anna Valeretto, assieme al figlio -. Lo ricordo come una persona abbastanza schiva seppur curata nell'aspetto. I nostri avventori lo conoscono di vista sebbene le sue apparizioni specialmente in questi ultimi anni si fossero diradate. Scambiava anche qualche opinione soprattutto sul suo lavoro» (...)
E così adesso a Villa del Conte questa notizia del rapimento arrivata quasi in sordina e subito quasi messa in disparte sta creando una notevole angoscia: perché adesso l'Iraq degli ostaggi non è più solo uno brutto spettacolo mediatico, ma una vicenda che è inaspettatamente arrivata fino alle porte di casa. (da "Il Gazzettino" del 3.9. 2004)  

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