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Editoria: una vertenza cruciale
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di Santo Della Volpe

Editoria: una vertenza cruciale

La commissione Cultura della Camera all’unanimità ha chiesto al governo di rispettare gli impegni assunti in materia di fondi per la editoria e la emittenza. La commissione ha anche ribadito "la disponibilità a votare subito i nuovi più rigorosi criteri per la distribuzione dei fondi medesimi”. Questa disponibilità riguarda,come il governo ben
sa, sia la camera sia il senato. Dunque è ora di muoversi, di affrettare i tempi per la chiusura positiva della vertenza  aperta dalla crisi che ha investito soprattutto i piccoli giornali e che ha portato in piazza il Gazebo per la libertà di stampa. Un primo risultato, anche se ancora piccolo quindi si è raggiunto con il pronunciamento delle commissioni parlamentari; ma non basta ancora. “ Quello che non si può fare è
fingere di non sapere che nel frattempo stanno già per chiudere decine di testate e di emittenti, e tra queste nessuna di quelle finte” hanno aggiunto in un comunicato stampa Beppe Giulietti e Vincenzo Vita per Articolo21..
"Dal momento che il governo, sino a questo momento – continuano Giulietti e Vita - non ha ancora inserito nelle liberalizzazioni alcuna misura concreta per liberalizzare anche il settore dei media, non vorremmo che, per la ennesima volta, i muscoli
venissero mostrati solo a chi ha il torto di avere un editore con il nome e cognome sbagliato. Ci auguriamo che tutte le piazze mediatiche vogliano dare spazio alla protesta di tanti giornalisti che hanno sempre dato la loro attiva solidarietà a tutte le iniziative contro ogni forma di bavaglio e di censura".
E’ solo l’inizio, certo, ma un inizio che può portare ad un risultato: perché, comunque,  sollecitato dalla manifestazione incominciata  il 18 gennaio e proseguita il 19 con il gazebo al Pantheon di Roma, il governo oggi sa come e dove intervenire: Manca ancora un tassello fondamentale; la sostituzione che secondo alcuni sarebbe imminente, del  dimissionario sottosegretario con delega all’editoria, Malinconico, con  un altro esperto che, secondo alcune indiscrezioni, dovrebbe già essere nel governo come sottosegretario all’informazione e comunicazione al quale il CdM dovrebbe affidare anche la delega sull’editoria. Speriamo si faccia presto: Il governo non può lasciare senza interlocutori  le testate ed i dipendenti delle  stesse aziende editoriali ormai in crisi conclamata.
Si tratta di intervenire su questa scure dei cosiddetti “tagli retroattivi” all’editoria, prima che sia troppo tardi,prima che le tipografie fermino le rotative e le banche  quel che resta dei crediti. Il rischio reale è che perdano il lavoro circa quattromila persone tra giornalisti, poligrafici e lavoratori dell'indotto.
Cancellare in maniera indiscriminata  un finanziamento pubblico nato per difendere soprattutto la libertà di espressione con riferimento ai piccoli giornali indipendenti e garantire il pluralismo dell’informazione rappresenta la perdita di un pezzo di liberta' per ogni cittadino. Quello che passerebbe con la chiusura dei battenti di queste testate, afferma il “Comitato per la libertà ed il diritto all’informazione, alla cultura e allo spettacolo” dell’Associazione Stampa Romana, è “un pericoloso vulnus alla libertà di informazione per l'impossibilita' di poter ascoltare voci difformi del mondo politico-culturale e delle minoranze etnico-linguistiche”.
Ora si tratta di passare  ad una vera discussione con una proposta che  il Comitato già ha rappresentato in Piazza Montecitorio e del Pantheon in questi due giorni di mobilitazione. Proposte di mini-riforma delle modifiche alla legge sull’editoria già illustrate ai componenti, almeno quelli più sensibili, della Commissione Cultura della Camera. La parola passa ora al governo. Apra al più presto un tavolo di incontro e poi di trattativa con il sindacati dei giornalisti e dei lavoratori: la soluzione potrebbe esserci. E’ questione di volontà.
 Anche perché nella complessa e importante vicenda dell’editoria scritta e radio-televisiva,  in questi giorni è necessaria una visione d’insieme che dia voce ai più piccoli, ma spesso, ai più importanti organi di informazione. Salvare i piccoli giornali e le televisioni comunitarie dal massacro di un’asta televisiva (necessaria,per carità!) che rischia di stritolarle nella contesa milionaria delle frequenze digitali, significa ,per noi,ma anche per il governo, dare un segnale lungimirante di protezione del pluralismo ed a favore dei più deboli. Contro il parassitismo di rendite di posizione politiche da un lato, ma anche contro la concentrazione monopolistica in grandi network  o editori, che  sono esattamente il contrario di ogni “liberalizzazione”,che deve allargare i confini della democrazia e non restringerli.


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